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MotoGP, TECNICA: la vittoria della Suzuki e la riscossa dei motori 4 in linea

La vittoria della Suzuki ha posto fino all'egemonia dei V4. Andiamo a vedere quali sono i pro e contro di ogni configurazione. esaminandole uno per uno, nel dettaglio

MotoGP: TECNICA: la vittoria della Suzuki e la riscossa dei motori 4 in linea

La vittoria del campionato MotoGP 2020 da parte della Suzuki, interrompe l’egemonia Honda (e di Marc Marquez), che fatto salvo per il controverso 2015, durava dal 2013, ma spezza anche l’egemonia dei motori V4 che, grazie anche alle prestazioni Ducati, hanno vinto la maggior parte dei GP negli ultimi anni. Andiamo a vedere quali sono i pro e contro di ogni configurazione.   

di: Piersalvo Patanè

Lo schieramento MotoGP ci propone una varietà di configurazioni di motore, partendo dal fatto che tutte le case utilizzano un 4 cilindri e vige l’obbligo dell’alesaggio è fissato a 81 mm. Bene, più avanti nell’articolo vedremo perché questo limite è così importante e cosa comporta.

Il 4 in linea dallo “screamer” al “big bang”

Il 4 cilindri in linea rappresenta la soluzione costruttivamente più semplice. Yamaha, al primo anno del passaggio ai 4T (2002), si presentò con una configurazione, simile a quella delle allora moto stradali, ossia con un 4 in linea con sequenza degli scoppi regolari, ovvero ogni 180° di manovella. Questa soluzione, portata agli estremi in termini di potenza, mostrava dei limiti in termini di guidabilità e trazione, in quanto la sequenza regolare degli scoppi non si sposava con la risposta elastica dello pneumatico e restituiva un feeling non ottimale al pilota. Con l’arrivo di Rossi nel 2004, Yamaha introdusse un motore dotato di albero motore con perni di biella sfalsati di 90°, detto anche “crossplane”. In realtà non si tratta di una novità assoluta in termini motoristici in quanto il suddetto albero è utilizzato nella maggior parte dei motori V8 americani (in quel caso, per ogni supporto di biella troveremo 2 bielle anziché una). Il motore è caratterizzato da una sequenza degli scoppi “big bang”, data la successione tra scoppi ravvicinati e non. L’introduzione di questo albero motore, unitamente ad un diverso ordine di accensione (1-3-2-4 anziché 1-2-4-3), restituiva al pilota un feeling migliore ed una progressione “smooth”. Questa soluzione fu poi trasferita anche sul prodotto di serie (R1 2009 in poi) ed è stata di fatto copiata da Suzuki che, tornando in MotoGP nel 2015, abbandonò il V4 utilizzato nel periodo 2002-2010 e si allineò alla tecnologia di Iwata. La soluzione L4 a scoppi irregolari ha alcuni svantaggi rispetto alla soluzione classica tra cui maggiori vibrazioni e quindi la necessità di irrobustire l’albero motore e l’obbligatorietà di un contralbero di bilanciamento che influisce negativamente sulla potenza massima raggiungibile. Lo svantaggio del contralbero è però compensato dall’utilizzo del suddetto come rinvio per la trasmissione, in quanto, per ridurre l’effetto giroscopico, i motori sono controrotanti ovvero “girano” in verso opposto rispetto alle ruote. Da qui la necessità di re-invertire il moto. La soluzione a scoppi regolari è tuttavia ancora utilizzata da Honda, Kawasaki, BMW e anche Suzuki (quest’ultima non impegnata in SBK) sulle moto di serie, meno estreme dei prototipi da corsa. Nel diagramma in basso, l’ordine degli scoppi e le posizioni di ogni pistone durante i 720° di manovella (un ciclo utile) per entrambe le configurazioni L4.

YAMAHA (MotoGP e SBK) / SUZUKI (MotoGP): L4 a scoppi Irregolari

Diagramma di moto dei pistoni sul motore L4 a scoppi irregolari con albero motore “crossplane” a 90°. Per ridurre l’effetto giroscopico, il motore gira in verso opposto rispetto alle ruote. Una ruota di rinvio è utilizzata (calettata su contralbero) per re-invertire il moto per la trasmissione

HONDA / KAWASAKI / BMW SBK: L4 a scoppi regolari

Diagramma di moto dei pistoni sul motore L4 a scoppi regolari con albero motore “flatplane” a 180°. Ad oggi le moto di serie continuano ad utilizzare l’albero rotante con lo stesso verso delle ruote

V4: tante possibili configurazioni

Honda, KTM e Aprilia allineate: i motori V4 sono attualmente impiegati da Honda, KTM, Aprilia e Ducati, con quest’ultima che si distingue nettamente dalle prime tre per una differente fasatura degli scoppi, che vedremo in seguito. Anche in questo caso, facciamo un piccolo recap su come si è arrivati alle configurazioni attuali. Sia Honda che KTM, all’inizio dei loro rispettivi percorsi 1000 cc 4T (non apriamo la parentesi Honda 990 cc e 800 cc), sono partite da una configurazione V4 a 90° con sfasamento tra i perni di biella di 360°. Questa configurazione garantiva una elevata potenza massima ma, analogamente a quanto visto sui motori L4 screamer, con l’aumentare delle prestazioni, metteva in crisi la ciclistica e il feeling del pilota. Fu così che prima Honda nel 2017 e poi KTM dal 2018, modificarono l’ordine degli scoppi, adottando un albero motore con sfasamento dei perni di biella a 180°, ottenendo il così detto “big bang”, caratterizzato da scoppi abbastanza ravvicinati da essere quasi assimilati ad uno scoppio più “lungo”. La sonorità passò dal sibilo di uno screamer (pur non essendolo tecnicamente) ad un suono cupo, più vicino a quello prodotto da un bicilindrico. KTM, che aveva iniziato l’avventura MotoGP con albero classico, rotante con lo stesso verso delle ruote, passo sempre nel 2018 all’albero controrotante. Per quanto riguarda Aprilia, nei primi anni corse con un V4 a 75°, sempre con bielle sfasate di 180°, per poi passare all’ormai canonico 90° e allinearsi quindi con Honda e KTM. L’ordine di accensione è 1-3-2-4 con sequenza 0-180-450-630 con le coppie di cilindri anteriori (1-3) e posteriori (2-4) che “scoppiano” a 180° tra loro e distanziati di 270° come si vede dal diagramma.

Diagramma di moto dei pistoni sul motore V4 90° con bielle a 180°. L’immagine è riferita all’albero dell’Aprilia RSV4, geometricamente simile a quello utilizzato in MotoGP

Ducati, un V4 esclusivo: il propulsore Ducati è formalmente è un V4 con angolo tra le bancate di 90° così come i concorrenti di cui sopra ma con una sostanziale differenza. Da qualche anno a questa parte, i perni di biella sono sfasati di 70° anziché 180°. Questo conferisce al motore la denominazione di “Twin Pulse”. Gli scoppi dei cilindri 1-2 (ossia anteriore e posteriore sx) sono talmente ravvicinati da essere assimilati ad un bicilindrico, configurazione sulla quale Ducati ne sa qualcosa… L’ordine di accensione è 1-2-3-4 con sequenza 0°-90°-290°-380°  Quindi, in un solo giro di manovella (o poco più) si succedono tutti gli scoppi, per poi avere un lungo intervallo dove praticamente non succede nulla. Sulle differenze riguardanti la distribuzione, non ci soffermiamo in quanto esula dall’obiettivo di questo articolo. In alcuni anni (2003 col 990 e 2007-8 sull’800) Ducati propose un motore con sequenza da “screamer”, configurazione che abbandonò completamente un l’ultimo test nel 2010. Le V4 stradali, ad oggi, riprendono la stessa architettura V4 90° con bielle a 70° e albero motore controrotante.

Diagramma di moto dei pistoni sul motore V4 Ducati. L’immagine è riferita all’albero della V4S, geometricamente simile a quello utilizzato sulla Desmosedici GP.

Perché irregolare è meglio?

In MotoGP i 4 in linea e i V4, attualmente “scoppiano” tutti in maniera irregolare. Ma questa irregolarità, a fronte di una distribuzione equidistante degli scoppi, non dovrebbe avere solo effetti negativi sulla guidabilità?
La risposta è sì, se il sistema pneumatico/sospensione fosse un sistema rigido. In realtà quando lo pneumatico posteriore è sollecitato con una coppia a “impulsi” non equi spaziati riesce garantire un elevato grip, per poi rilassarsi durante la (lunga) fase dove non avviene alcuno scoppio. Questo fenomeno, universalmente riconosciuto dai piloti, migliora feeling del pilota in fase di accelerazione a moto piegata. Allora perché non tutti i 4 cilindri stradali sono a scoppi irregolari? Nel mercato attuale solo la Yamaha, con la R1 dal 2009 in poi ha adottato la configurazione a scoppi irregolari, mentre le altre case, pur impegnate in MotoGP in altre configurazioni, continuano ad affidarsi alla collaudata soluzione screamer. In realtà la soluzione a scoppi irregolari ha molti pro ma anche qualche contro come le maggiori vibrazioni che rendono necessario un irrobustimento dell’albero motore. Possiamo concludere che per il livello estremo della MotoGP, non si possa ormai prescindere da questa soluzione, mentre sulle moto stradali e quindi anche in SBK si possa ancora continuare con gli screamer, “addolciti” da elettroniche sempre più sofisticate.  Nel grafico in basso, per dare un’idea della distribuzione degli scoppi, supponiamo di trovarci con un rapporto tale per cui, ad ogni giro della ruota posteriore, avvengano 4 giri di manovella, ovvero 2 cicli utili. Supponiamo per semplicità che il verso di rotazione del motore e della ruota siano concordi. Vediamo quindi come sono distribuite le spinte sullo pneumatico per tutte le configurazioni fin qui trattate.


V4 90° o 4 in linea “irregolare”, pro e contro

Dal punto di vista della distribuzione della coppia sullo pneumatico, le due configurazioni si equivalgono abbastanza ma le due “filosofie” caratterizzate da differenze costruttive sostanziali, danno vita a diverse implicazioni, riportate nella tabella in basso.

Conclusione: 81 mm di salvezza per l’L4

Se ben ricordate, a inizio articolo si è brevemente accennato del limite di alesaggio ad 81 mm. In un motore ad alte prestazioni aspirato, semplificando enormemente, la potenza massima dipende dalla quantità di aria (e quindi di benzina) che può essere immessa nel cilindro nell’unità di tempo. Quest’ultima, fermo restando la cilindrata può essere aumentata aumentando il numero massimo di giri. Per ottenere ciò, si tende a realizzare motori cosiddetti super-quadro, ovvero con alesaggi molto grandi e corse ridotte, che permettano di ridurre le forze di inerzia e raggiungere così elevati regimi di rotazione. Ebbene, uno dei motivi per cui il 4 cilindri in linea in MotoGP è ancora utilizzato, è proprio il blocco dell’alesaggio massimo a 81 mm. Un motore L4 si sviluppa in larghezza e un eventuale aumento dell’alesaggio sarebbe fisicamente irrealizzabile con una architettura del genere per la mancanza di spazio tra un cilindro e l’altro, a meno di fare un motore con ingombro da…boxer! L’aver bloccato l’escalation dell’aumento dell’alesaggio mantiene ancora in vita il motore L4 che, come si vede nella tabella, qualche vantaggio lo ha ancora. Bravura del pilota a parte, un 4 in linea permette una moto equilibrata, stabile, con una buona trazione (possibilità di avere un forcellone più lungo) e gentile con la gomma posteriore, pur pagando dazio in potenza massima vista la presenza del contralbero che equilibra le forze alterne del 1.o ordine e di due cuscinetti di banco in più, doti che la Suzuki è riuscita a sintetizzare in maniera vincente in questo campionato MotoGP 2020.

Concludendo, ciascuna delle due architetture ha i propri vantaggi e svantaggi. Se da un lato, col 4 in linea si è vincolati ad un ordine di accensione giocoforza fissato, sul V4, variando l’angolo tra le bancate e lo sfasamento tra i perni di biella, è possibile ottenere diverse configurazioni, anche se la strada ormai tracciata è quella del V4 a 90° con bielle a 180° (o 70° per Ducati). L’eterno compromesso tra guidabilità e potenza massima pende dalla parte di quest’ultima per quanto riguarda i motori a V, mentre le moto 4 in linea possono ancora vantare una ciclistica equilibrata e una “semplicità”, si passi il termine, di tutto il layout aspirazione/scarico e raffreddamento. Numeri alla mano, è curioso vedere come nelle ultime 6 stagioni, le moto equipaggiate con il V4 abbiano sempre ottenuto una media punti/gara migliore rispetto al 4 in linea. Le uniche due stagioni dove ha vinto il 4 in linea, quella differenza si è assottigliata molto, segno che, alla fine, è sempre il pacchetto moto-gomma-pilota a fare la differenza.

 

 

Somma punti dei migliori 2 costruttori con motori V4 ed L4, diviso per il numero di gare corse nelle ultime 6 stagioni

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