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MotoGP, GP d'Europa: il Bello, il Brutto e il Cattivo

Joan Mir porta la Suzuki sempre più vicino al lieto fine. Yamaha naufraga nei guai assortiti, Ducati rimane dispersa nel suo labirinto

MotoGP: GP d'Europa: il Bello, il Brutto e il Cattivo

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Game. Set. Match. Ci ha pensato Joan Mir a sistemare ogni cosa a Valencia: ha messo le mani sul Mondiale, ha ottenuto quella vittoria che serviva a scacciare ogni dubbio, ha fatto felice la Suzuki. Lo spagnolo ha meritato tutto, ma Yamaha e Ducati non hanno fatto nulla per rendergli difficili le cose.

Ai giapponesi fra Covid, penalità e motori di cristallo, e mancato solo che un meteorite si schiantasse sui camion che trasportano le moto. Gli italiani sono in una crisi che non si capisce essere tecnica o mentale.

Così la premiata ditta Mir-Rins ha sollevato le coppe al cielo, insieme a Pol Espargarò, che si sta togliendo le ultime soddisfazioni prima di lasciare la KTM.

In Moto2 Enea Bastianini si è trovato di nuovo in testa al Mondiale con Lowes che ha ripreso il vizio di cadere, mentre Bezzecchi ha messo sulla mensola un altro trofeo per il primo posto.

La Moto3? Arenas è ancora davanti, ma in pista ha offerto lo spettacolo più brutto di tutta la domenica.

IL BELLO – Più che una squadra, quella di Suzuki sembra una favola. Ci sono i due cavalieri della ruota rotonda Joan Mir e Alex Mir con i loro due destrieri, le GSX-RR. Ci sono il sovrano illuminato Davide Brivio e tutta una corte di tecnici e ingegneri che come sembrano dei maghi. Il sacro Graal è il titolo mondiale, ora a un passo. Perché, sia sa, tutte le fiabe devono avere un lieto fine.

IL BRUTTO – Incolpevole per il tamponamento, colpevole di una condotta di gara sciagurata. Albert Arenas ha superato anche i più semplici dettami del fair play, riassumendo in un paio di giri tutto quello che un pilota che si gioca il titolo (ma anche se non lo se lo giocasse) non dovrebbe fare. La bandiera nera era una punizione scontata, resta da capire se basterà a farlo rinsavire.

IL CATTIVO – Non è regolare modificare un motore rendendolo così irregolare, ma è regolare per un pilota correre con un motore irregolare. Leggere gli ultimi comunicati della FIM è come trovarsi in un quadro di Escher, viene un gran mal di testa. I costruttori sono stati però tutti concordi con l’interpretazione e pace è fatta. La fantasia al potere, ma forse lo slogan non intendeva questo.

LA DELUSIONE – Come vincere le gare e perdere un campionato. Il nuovo film prodotto da Yamaha è avvincente, con Quartararo, Vinales e Morbidelli come protagonisti. I tre vengono illusi a suon di vittorie, ma alla fine arriva la dura realtà, con gomme gonfiate con pressioni da dirigibile, motori che si spaccano, carene che strisciano sull’asfalto. La fine, a dire il vero, risulta un po’ scontata.

LA CONFERMA – Vittorie, podi, piazzamenti, tutto fa brodo quando si pensa al titolo, ma è un attimo sbagliare la ricetta. In passato Enea Bastianini aveva avuto il difetto di perdersi sul più bello, ma in questa stagione sembra avere imparato la lezione (scusate la rima). Ora è al comando, ma non da solo perché Lowes e Marini sono pronti come falchi ad approfittare del minimo errore. Il difficile deve ancora arrivare.

L’ERRORE – Il passo non era quello giusto, le sensazioni nemmeno, ma vedere il mondo in orizzontale non è mai una buona idea per chi vuole vincere il Mondiale. Fabio Quartarararo non merita un premio, ma Sam Lowes una decisa tirata d’orecchie.

LA SORPRESA – Metti un americano su una moto che non ha mai guidato, su una pista che non ha mai corso, aggiungi un po’ di pioggia e la responsabilità di sostituire una leggenda del motomondiale. Invece di scappare a gambe levata, Garrett Gerloff ha affrontato l’impresa con un gran sorriso e ne è uscito vincitore. Il venerdì non si prendono punti, ma si può guadagnare tanta stima.

IL SORPASSO – Che non c’è stato, perché è stato Rins a sbagliare e lasciare la porta aperta a Mir. La curiosità di vedere Alex e Joan lottare per una vittoria rimane, l’istinto dice che non bisognerà attendere molto.

LA CURIOSITA’ – L’ultima doppietta di Suzuki nella classe regina? Hockenheim 1982, quando la Germania era ancora divisa e sulle moto giapponesi sul podio c’erano Randy Mamola e Virginio Ferrari. In verità fu una tripletta, con sull’ultimo gradino Loris Reggiani.

IO L’AVEVO DETTO – Fabio Quartararo: “dopo Aragon ho schiacciato il bottone del reset”. A Valencia quello dell’autoespulsione.

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