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MotoGP, Il fallimento Honda: non ha saputo salvare il soldato Marquez

Marc non ha sbagliato nulla, ha semplicemente fatto il pilota, ma i manager di HRC non sono intervenuti e ora hanno abbattuto la loro colonna portante

MotoGP: Il fallimento Honda: non ha saputo salvare il soldato Marquez

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Il comunicato non dice molto, una manciata di parole: “accumulo di stress sulla zona operata”. Quello che è successo, però, è chiaro: la placca in titanio si è piegata per gli sforzi fatti, troppo grandi e troppo presto. Il risultato è che Marc Marquez ha varcato di nuovo le porte della sala operatoria e si trova ancora una volta in un letto di ospedale. La possibilità che possa presentarsi a Brno a questo punto sembra fantascienza, perché errare è umano ma perseverare diabolico.

Eppure Marquez non ha sbagliato. Marc fa (o meglio, è) un pilota. La sua vita è un continuo rincorrere il limite, per superarlo e ricominciare la rincorsa. Lo è per lui come per tutti quei magnifici folli che ci fanno battere il cuore ogni domenica.

Quando si è ripreso dopo la prima operazione, ha pensato solo di tornare sulla sua Honda. Logico, dal suo punto di vista. Il braccio rispondeva bene, il dolore era sopportabile. Allora, qualche flessione per capire se le sensazioni erano confermate dai fatti, poi il viaggio in circuito, la visita medica. I giri sulla pista di Jerez prima di arrendersi.

Non gliene si può fare una colpa, perché colpe Marc non ne ha. Semmai, si può discutere sul fatto se dovesse essere lui a prendere quella decisione.

C’erano i medici, quelli che lo avevano operato e quelli che lo hanno visitato per permettergli di salire su una MotoGP. Tutti gli hanno detto che poteva provarci e lui lo ha fatto. Era ‘fit’, per usare un’anglicismo ormai comprensibile da tutti, idoneo a guidare senza problemi, per lui e per gli altri.

I fatti hanno dimostrato che non era così. Perché quella placca si è deformata a causa di uno sforzo, come quello di guidare una MotoGP.

C’erano anche i manager, quelli il cui lavoro è gestire squadre e piloti. Per farlo devo essere obiettivi, qualità non richiesta a un pilota. Devono sapere valutare pro e contro, prevedere i possibili rischi e poi prendere una decisione. Anche se vuol dire dire ‘no’ al proprio pupillo.

Alberto Puig questo non lo ha fatto. Si è fidato del suo pilota, che di per sé non è una colpa, ma in questa occasione un errore. Farlo provare è stato come lasciare un bambino ingozzarsi di dolci, sapendo che poi avrà mal di pancia a lungo. Peccato che i problemi di Marc non si risolvano con una tazza di tè caldo.

Marquez non sarà a Brno e chissà in quali condizioni sarà fra una decina di giorni, quando ci sarà il Gran Premio di Austria. A quel punto la stagione potrebbe essere definitivamente compromessa, anche per un fenomeno come lo spagnolo.

Un manager dovrebbe limitare i danni, la caduta di Marc era stata qualcosa di imprevedibile, ma la soluzione non ha fatto che peggiorare le cose. Così il team Honda ufficiale, lo Squadrone con la ’S’ maiuscola e volendo anche tutte le altre lettere, si ritrova a correre ancora una volta con un debuttante. Altra mossa voluta da Puig, salvo tornare sui suoi passi con un anno di ritardo.

La colonna portante della Honda è crollata e la colpa è stata della stessa Honda.

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