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Prova Suzuki SV650 2020: vent’anni e non sentirli

LA PROVA – Si è aggiornata più volte ed ha anche cambiato nome (per un breve periodo), ma l’SV 650 è fedele a se stessa dal lontano 1999. Facile e divertente, è ancora una valida scelta

Moto - Test: Prova Suzuki SV650 2020: vent’anni e non sentirli

Che per Suzuki sia stato un grande successo è un dato di fatto. Tra esemplari acquistati nuovi, passati di mano o prestati anche solo per qualche chilometro, abbiamo guidato tutti (o quasi) una SV650 (o la Gladius, come era stata ribattezzata dal 2009 al 2015). Di fatto siamo alla quarta serie, dopo la prima dal ’99 al 2002, la seconda (che fu la più fortuna in assoluto) da 2002 al 2009 e la terza SV, che però fu appunto ribattezzata. L’ultima ritorna al nome originale ed è in produzione dal 2016, dall’anno successivo anche in allestimento café racer, grazie alla SV650X, contraddistinta soprattutto dai semimanubri e dal cupolino.

Dai primi esemplari, che uscirono omologati Euro 0 (ma io stesso feci aggiornare il libretto di un “S” con la mezza carena, l’anno successivo con l’entrata in vigore della norma Euro 1), siamo arrivati alle soglie dell’Euro 5. Oggi, dopo oltre 20 anni che hanno portato alcune novità (tra tutte l’elettronica, con ABS, ma anche il passaggio dai carburatori all’iniezione elettronica ed accorgimenti come la gestione assistita dei bassi regimi denominata Low RPM Assist ed altro ancora), il protagonista è però sempre lui, il V-twin a 90° e 76 cavalli (la prima SV ne aveva 72).

L’unica rivale che le è sopravvissuta, anche se in quel caso da 600 è diventata la 797, è la Ducati Monster. Rivale che oggi è decisamente più ricercata nel look, ma con un prezzo superiore di quasi 2.500 euro a quello di questa SV. In attesa degli sviluppi futuri (chissà se l’Euro 5 ci porterà o meno un profondo rinnovamento del modello) la Suzuki SV650 resta ancora una scelta valida, una moto per tutti (neofiti e pubblico femminile incluso), ma capace di divertire, per nulla messa in crisi da rivali più giovani, come ad esempio la Kawasaki Z650 e la Benelli 752 S che abbiamo recentemente provato.

NAKED “DA MANAULE”, TELAIO E MOTORE E UNO STILE UNICO

Non ha ceduto nemmeno alle sirene del manubrio largo, dettaglio che tutte le sue rivali di oggi sfoggiano come elemento distintivo. La livrea grigio – blu (colore in cui sono verniciati cerchi e telaio) di questo esemplare è una delle tre disponibili ed è anche uno degli unici indizi che faccia capire che si tratti di una SV del 2020. Per il resto è assolutamente fedele a se stessa, con il motore in bella vista e quel collettore del cilindro anteriore che scende sotto al motore “sfilando” il filtro dell’olio rivolto in avanti. La Suzuki ha linee semplici e pulite, senza fronzoli e capaci di valorizzare il glorioso V-twin che domina appunto la vista laterale. Nel codino, sottile e che punta verso l’alto, troviamo uno dei pochi tocchi di modernità, con una doppia luce a led.

Frontalmente è invece confermato il suo classico faro tondo con lampada alogena, con la fascia cromata ed il corpo nero. Una piccola struttura in plastica nera unisce il faro alla strumentazione, semplice, ma piuttosto completa, di tipo digitale e con i due tasti nella parte alta per navigare e resettare i dati.

Per chi voglia qualcosa di meno semplice, attirando qualche sguardo di ammirazione in più, a listino si trova poi la SV650X, o la X-TER che aggiunge gli scenografici collettori bendati con tela termica isolante al terminale di scarico a doppio tromboncino by Fresco. Per entrambe il manubrio intero lascia il posto ai semimanubri, mentre la dotazione prevede un cupolino in tinta, che abbraccia il faro e si sviluppa verso due piccoli fianchetti sopra al serbatoio. Un po’ cafe racer, un po’ hipster, le due varianti della “X” rendono la SV qualcosa di diverso, che si fa notare di più, ma con un prezzo sempre contenuto (la SV650X costa sollo 200 euro in più della standard).

IL V2 DOPO 20 ANNI SI FA SEMPRE AMARE

Protagonista nell’estetica, protagonista nella guida, il cuore della SV650, se pure con tutte le cure e gli innumerevoli aggiornamenti che Suzuki gli ha dedicato in oltre 20 anni di carriera, è sempre il V2 da 645 cc. Un’architettura diventata rarità nel frattempo, perché tutti i nuovi propulsori che abbiamo visto nascere negli ultimi anni sono bicilindrici paralleli, con la fasatura a 270° per cercare di recuperare, in parte, il carattere unico di un motore a “V”. Lui non ha bisogno di trucchi e riesce persino ad essere un riferimento per le sue concorrenti, sia per prestazioni che per efficienza. Il “vecchietto” non teme gli ultimi arrivati, grazie ad una erogazione che convince ed entusiasma.

Fa a gara con il CP2 di casa Yamaha per i “75 cavalli più divertenti”, vista la sua vivacità e la tendenza al vizietto di alzare la ruota anteriore se opportunamente stimolato. La scheda tecnica parla di 76 cavalli a 8.500 giri ed una coppia massima di 64 Nm a 8.100, ma anche di 3.8 litri ogni 100 km percorsi. Il bicilindrico raffreddato a liquido riesce quindi a stupire ancora nel 2020, mantenendo inalterato il suo carattere, ma con non pochi elementi di modernità. Il V-Twin Suzuki, a doppio albero a camme in testa, è dotato di accensione a scoppi irregolari per creare il suo tipico sound pulsante, ma anche della tecnologia Dual Spark, che utilizza due candele per ogni cilindro per migliorare la precisione dell’iniezione. Utilizza candele ad alte prestazioni al nickel-alluminio, con limitati costi di sostituzione, ma senza sacrificare le prestazioni.

Il risultato è una combustione più efficiente, un’erogazione della potenza più dolce, minori consumi e minori emissioni. La SV650 è dotata poi del sistema SDTV di iniezione della benzina, con due valvole a farfalla per ogni cilindro, insieme agli iniettori a dieci fori. L’elettronica aiuta da un lato a migliore l’efficienza, dall’altro ne apprezzano i vantaggi anche i piloti, soprattutto i meno esperti, ma non solo. Il sistema di controllo del regime di minimo ISC, ad esempio, permette di ottenere un minimo molto stabile ed abbassare le emissioni inquinanti, ma che sale all’occorrenza, impedendo lo spegnimento accidentale.

Il motore V-Twin adotta poi altre due grandi innovazioni tecniche: un rivestimento resinato della camicia del pistone per diminuire l’attrito con il cilindro, oltre ad un anello raschiaolio dalla forma ad L, per sigillare meglio il cilindro e ridurre il fenomeno del blow-by. Anche i cilindri in alluminio usano il rivestimento brevettato SCEM, che garantisce migliore dissipazione del calore e una più durevole resistenza al consumo.

CICLISTICA SEMPLICE, MA EFFICACE

La SV650 è famosa per essere la moto per tutti, soprattutto per la sua capacità di mettere insieme una estrema facilità al divertimento di guida. Sul primo fronte gli elementi su cui conta sono la sella bassa, a soli 785 mm da terra ed un peso piuttosto contenuto (197 kg in ordine di marcia) ben distribuito. In questo, visto che le abbiamo provate di recente, paga una decina di kg dalla Z650 (che si ferma a 187), ma è più leggera di ben 29 rispetto ad una Benelli 752 S, tanto per fare un paragone. La ciclistica vede il telaio a traliccio in acciaio lavorare con una forcella telescopica a steli tradizionali da 41mm e con un mono posteriore.

La sospensione è di tipo link e l’ammortizzatore da 63 mm è regolabile nel precarico su 7 livelli predefiniti. Il comparto freni prevede un doppio disco anteriore da 290 mm, con pinze ad attacco classico (assiale), uno singolo da 240mm al posteriore. I cerchi a cinque razze in alluminio calzano di primo equipaggiamento pneumatici Dunlop RoadSmart III, con misure 120/70 17 all’anteriore e 160/60 17 al posteriore.

DÀ IL MEGLIO TRA LE CURVE

Moto perfetta per iniziare (ne esiste anche una versione depotenziata per patente A2), ma anche per divertire un motociclista più smaliziato, la Suzuki SV 650 è molto trasversale ed è un po’ una tuttofare. In questo suo essere adatta ad i vari contesti, quando la si guida nel traffico cittadino si potrebbe apprezzare quello che di fatto è un suo difetto, il manubrio stretto. Altrove è invece qualcosa che si sarebbe potuto aggiornare, magari offrendo al pubblico l’opzione di un manubrio più largo, che siamo sicuri sarebbe gradito a gran parte del pubblico. Così l’SV è però una delle preferite dal pubblico femminile, che la preferisce proprio per la postura a braccia meno larghe rispetto a tutte le sue rivali.

Sella bassa e stretta nella zona anteriore, permette un appoggio a terra facile e sicuro. Il ponte di comando è piuttosto semplice e classico, con una buona ergonomia ed una strumentazione che offre la disponibilità di tutti i dati utili e necessari. Accendi il motore è scopri un amico di vecchia data, con una voce ben conosciuta e una versatilità straordinaria. Ai regimi più bassi, riprende bene, con la coppia giusta ed un sound profondo. Quando si entra nella zona centrale del contagiri la risposta si mantiene docile e lineare, con tutto sempre sotto controllo, ma con una schiena più importante. Infine, arrivando ai regimi più alti, il V2 ha un allungo brillante, fino alla zona rossa.

Soprattutto nel traffico cittadino si apprezzano gli aiuti elettronici, che evitano lo spegnimento in alcune situazioni, alzando il minimo e tenendo “vivo” il motore. Sul misto guidato, soprattutto con le marce basse, il propulsore consente di giocarsela alla pari con moto ben più prestanti, grazie anche ad una ciclistica molto ben equilibrata. Se condotta in modo corretto la SV650 risponde sempre perfettamente, anche quando si affrontano rapidi cambi di direzione e l’assetto viene messo alla prova da asfalto in condizioni non ottimali.

L’unica pecca che possiamo seganalare, è relativa all’impianto frenante. Se nella guida è normalmente modulabile e con una buona potenza, soprattutto in condizioni di fondo scivoloso, mostra invece i suoi limiti quando la guida diventa più sportiva, magari su una strada di montagna con “pinzate” frequenti. A quel punto l’impianto va un po’ in crisi, con la risposta della leva che si fa spugnosa e si allungano leggermente gli spazi di frenata.

Per il resto la SV650 è regina in termini di agilità, facilità, ma anche efficacia. Malgrado la ciclistica semplice, difficilmente va in crisi, anche ai ritmi più sportivi. Nel confronto con le rivali dirette che abbiamo provato di rendente è quella più intuitiva da guidare, sempre sincera nelle risposte ed in grado di mettere a proprio agio il suo pilota. Ad esempio una Kawasaki Z650 fa sentire la sua maggior leggerezza, sia in positivo, ma anche in negativo, perché in alcune condizioni trasmette meno sicurezza e “solidità”. Questione forse di gusti, ma il mix perfetto tra stabilità ed agilità della cara e vecchia SV650 non smette mai di convincerci.

IL PREZZO ED I CONSUMI

Disponibile come accennato anche in versione 35 kW per chi avesse la patente A2, la SV650 si può scegliere in una delle tre colorazioni: nera, una riuscita ed aggressiva nero - rosso (con telaio rosso) e questa grigio – blu. Il prezzo di listino è di 6.590 euro, mentre ne servono 6.790 per la versione “X” e 7.190 per la più eccentrica X-Ter.

Il valore dichiarato dalla casa per i consumi è invece di 3.8 litri ogni 100 km percorsi. Sono oltre 2 litri in meno di quanto dichiari l’ultima arrivata nel segmento, la Benelli 752 S (valore che abbiamo avuto modo di confermare nella nostra recente prova, percorrendo circa 17 km/l). Anche se spremuta a fondo, la SV650 restituisce un ottimo 25 km/l come dato medio, a testimonianza della prerogativa dei motori della Casa di Hamamatsu di essere parchi, in alcuni casi i migliori di categoria in questo aspetto.

PIACE - Facilità e divertimento di guida, erogazione del V2

NON PIACE - Manubrio stretto, frenata migliorabile

Ha collaborato Gianluca Cuttitta

ABBIGLIAMENTO UTILIZZATO

Casco: Arai Chaser-X League Italy

Giacca: Spidi

Pantaloni: Spidi J-Tracker

Guanti: Spidi

Scarpe: Stylmartin Sector

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