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MotoGP, TECNICA – Impianto frenante. Assiale e radiale. Quali sono le differenze?

I componenti ed il principio fisico che si cela dietro il gesto tecnico della staccata. L’evoluzione del “radiale”: dalla Formula1 all’equipaggiamento delle moto stradali superando il primo scetticismo della HRC

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Di Stefano Aglianò

Le moderne moto, sia da pista che sportive-stradali, sono equipaggiate con impianti frenanti molto potenti ed efficaci tanto che ormai è un lontano ricordo i tempi in cui i piloti dovevano letteralmente strizzare la leva per ottenere la decelerazione voluta. Oggi è sufficiente l’azione di un solo dito per esibirsi in 'stoppie' e in staccate con il posteriore sollevato da terra.

Prima di addentrarci nel funzionamento vediamo da quali componenti è principalmente composto un impianto idraulico moderno. A monte del sistema si trova sul manubrio la pompa con la relativa vaschetta collegata tramite la tubazione in gomma (o in treccia metallica per applicazioni più sportive), con all’interno il fluido idraulico, alla pinza a sua volta ancorata alla forcella. Infine a valle del sistema il disco, solidale alla ruota, “morso” dalle pastiglie.

Il funzionamento. Il principio di Pascal ed il torchio idraulico

Durante l’azione frenate l’attrito generato dallo strisciamento tra pastiglie e dischi fa innalzare repentinamente la temperatura delle superfici a contatto. Questo si traduce nella conseguente dissipazione dell’energia cinetica del veicolo in movimento in energia termica. La temperatura in gioco per dischi con piste frenanti in carbonio, attualmente usati in MotoGP, raggiunge valori di circa 800°C rendendo gli elementi frenanti incandescenti e regalandoci spettacolari foto nelle gare in notturna, come quelle scattata a Losail qualche stagione fa e riportata qui sotto.

Passando dalla teoria alla pratica si nota che lo schema di funzionamento di un impianto frenante idraulico è piuttosto semplice. Il pilota applicando una certa forza sulla leva della pompa al manubrio spinge, all’interno della sua sede, il pompante. Come conseguenza del movimento si ha un aumento della pressione interna al circuito che, trasferendo la forza ai pistoncini della pinza freno, preme le pastiglie contro il disco. Quello appena descritto è un impianto idraulico anteriore (al posteriore cambia la disposizione delle leve ma il funzionamento è il medesimo) cui si farà riferimento da qui in avanti senza specificarlo ulteriormente.

Il principio di Pascal asserisce che "la pressione esercitata su un liquido incomprimibile, racchiuso in un recipiente, si trasmette uniformemente in tutte le direzioni”. Il torchio idraulico, di cui l’impianto frenante è un’applicazione concreta, sfrutta questo principio. Il torchio funge da amplificatore di forza permettendo di moltiplicare una di piccola entità applicata su una piccola superficie ottenendone una più grande su una superficie maggiore. Questo è proprio quello che accade quando il pilota, azionando la leva, applica una forza sul pompante della pompa freno che, muovendosi all’interno della sua sede, incrementa la pressione dell’olio. Il fluido in pressione spinge i pistoncini della pinza per generare attrito tra le pasticche ed il disco.

Facendo riferimento alla figura si consideri un circuito idraulico composto da due cilindri e relativi stantuffi, di diversa sezione, comunicanti tra loro. Ricordando che la pressione è il rapporto tra la forza e la superfice su cui è applicata, si ricava la stessa ai due estremi del circuito: p1=F1/S1 e p2=F2/S2. Applicando l’uguaglianza delle pressioni, come sostiene il principio di Pascal, si ottiene che F2=F1*(S2/S1) dalla quale si nota la proporzionalità tra la forza generata ed il rapporto delle superfici. In altri termini più grande è il rapporto tra le sezioni (che aumenta all’aumentare di S2 e al diminuire di S1) maggiore sarà il fattore moltiplicativo del torchio idraulico. Per analogia con l’impianto frenante, si esplicita che F1 è la forza applicata alla leva, F2 è la forza generata dalla pinza.

Le rispettive superfici di contatto con il fluido sono S1 relativa al pompante della pompa e S2 relativa al pistoncino della pinza.  Nel torchio idraulico è valido il principio di conservazione dell’energia che risulta utile per comprendere come applicando una piccola forza con una grande corsa della leva (c1) è possibile ottenere una grande forza con una piccola corsa dei pistoni della pinza freno (c2). Questo si esprime matematicamente con la seguente relazione: F2=F1*(c1/c2). Analogamente a prima, si può osservare che la forza sulla pinza cresce proporzionalmente al rapporto delle corse. Da sottolineare che in questo caso i coefficienti del rapporto sono invertiti (1/2 e non 2/1) e quindi è vantaggioso avere una corsa più lunga alla pompa ed una ridotta alla pinza per ottenere una maggior amplificazione della forza. Ovviamente occorre trovare il corretto compromesso tra la forza e la modulabilità dell’impianto. Per dare un esempio numerico, se si applica la forza di 1N alla leva con una corsa di 10 cm si può ottenere una forza alla pinza di 10N con una corsa ridotta a 1 cm.

Applicazioni del torchio idraulico sono di utilizzo comune come le poltrone idrauliche dei barbieri e dentisti o per rimanere in ambito motoristico il sollevatore idraulico per effettuare la manutenzione nelle officine.

Assiale o radiale

Il mercato, da ormai diversi anni, offre principalmente due soluzioni tecniche, assiale o radiale, sia per la pompa che per la pinza freno. La disposizione radiale è una evoluzione introdotta per migliorare, come si vedrà più avanti nel dettaglio, alcuni limiti dell’impianto frenante assiale. La distinzione macroscopica per la pompa, consiste nella differente disposizione del cilindro rispetto al manubrio. Una pompa assiale infatti è caratterizza dal pompante disposto assialmente rispetto al manubrio. In altri termini la corsa dello stantuffo, necessaria per aumentare la pressione all’interno del circuito, è parallela rispetto al manubrio. Come suggerisce il nome, una pompa radiale ha invece il cilindro e la corsa del pompante disposti radialmente rispetto al manubrio.  Per le pinze la differenza sostanziale è nella diversa disposizione dei bulloni di ancoraggio alla forcella. Una pinza assiale ha quindi i bulloni disposti assialmente rispetto al disco freno e quindi paralleli al perno della ruota. Viceversa una pinza radiale avrà gli elementi di ancoraggio disposti radialmente rispetto al disco e all’asse della ruota. Prima di analizzare le differenze, i pro e i contro tra le diverse tipologie proposte si riporta di seguito una interessante digressione storica sulla nascita dell’impianto frenante radiale.

La storia del “radiale”: dalla soluzione “eretica” all’equipaggiamento sulle moto di serie

Così fu definita (eretica) l’intuizione dei tecnici Brembo dal manager HRC. Siamo agli inizi degli anni ’90 ed i tecnici dell’azienda bergamasca stavano studiando delle valide soluzioni ingegneristiche per applicare in ambito motociclistico quanto fatto pochi anni prima in Formula 1. Nel 1982 furono introdotte, con ottimi risultati, le pinze ad attacco radiale sulle monoposto. Nonostante l’ottimo riscontro avuto sulle quattro ruote, Brembo decise di far visionare i propri disegni tecnici ad uno dei manager del reparto tecnico Honda prima di introdurle anche sulle moto.

La risposta nipponica non fu quella sperata tant’è che l’idea, oltre ad essere ritenuta irrealizzabile, venne paragonata a quella folle di mettere un volante al posto del manubrio. Nonostante l’amara delusione, i tecnici della Brembo perpetrarono la loro idea convinti dei vantaggi che la nuova soluzione avrebbe portato. I tempi furono maturi nel 1998 quando, in collaborazione con Aprilia, fu fatto debuttare in pista il primo prototipo durante dei test sulla “quarto di litro” da Gran Premio. Il riscontro positivo, dell’allora collaudatore Marcellino Lucchi, spinse la casa di Noale a far provare la nuova soluzione anche ai tre piloti di punta di quell’anno: Harada-Capirossi-Rossi. Il verdetto vincente della pista spinse anche le altre case ad adottare la medesima soluzione tecnica, Honda compresa. Il manager della Casa giapponese, come la stessa Brembo racconta, ammise il suo errore con molta eleganza scusandosi per la reazione avuta qualche anno prima.

Come spesso accade, le soluzioni adottate dai prototipi da gara fungono da apripista per la produzione in serie. Così accadde anche questa volta e nel 2002 la casa di Noale equipaggiò la sua RSV 1000 con un impianto frenante composto da pinze e pompa radiali. Quest’ultima fu brevettata sempre da Brembo nel 1985 e fu fatta debuttare in pista l’anno seguente con l’americano Eddie Lawson in sella alla sua Yamaha. Nel corso degli anni la pompa radiale ha subito diversi miglioramenti fino ad arrivare a quella che oggi conosciamo.

Le due soluzioni di pompa

Dopo la digressione storica torniamo a parlare di tecnica. Come detto in una pompa assiale il pistone scorre nella sua sede parallelamente al manubrio questo vuol dire che la forza applicata dal pilota sulla leva è ortogonale rispetto alla corsa (rappresentate in giallo nella figura seguente). La leva quindi deve essere in grado, attraverso la sua configurazione geometrica, di trasmettere una forza radiale in direzione assiale attraverso una “rotazione” di 90°. Questo si traduce in una indesiderata rotazione dell’intero corpo pompa generando deformazioni nella zona collarino di ancoraggio – manubrio. Inoltre all’aumentare dell’angolo di rotazione della leva la forza trasmessa al pompante non sarà più costante ma dipenderà dal coseno dell’angolo formatosi. In altri termini non tutta la forza applicata alla leva viene trasmessa al pompante, per spingere il fluido lungo la tubazione, ma una parte verrà dispersa a causa dei fenomeni appena descritti. Man mano che la leva ruota attorno al proprio fulcro insorgono una serie di fenomeni che vanno ad inficiare negativamente la frenata.

Per ovviare a questi problemi si è introdotta la pompa radiale. Con questa configurazione, essendo il pompante disposto radialmente rispetto al manubrio, la forza applicata sulla leva risulta parallela all’asse di lavoro per cui non ci saranno dispersioni della forza dovuti alla scomposizione delle forze. Questo si traduce in una serie di vantaggi quali una maggior linearità nella risposta, una maggior efficacia sulla leva, un minor ingombro assiale sul manubrio. La frenata è quindi più controllabile restituendo un miglior feeling al pilota. La disposizione radiale consente anche di ottimizzare i rapporti meccanici ed idraulici che sono tra i principali fattori che influenzano forza e modulabilità della frenata.

Le pompe radiali vengono comunemente contraddistinte da due numeri che indicano rispettivamente il valore, espresso in mm, del diametro del pistone e dell’interasse della leva che è la distanza tra il fulcro della leva e l’asse del pistone. Come spiegato nel paragrafo del funzionamento del torchio idraulico, la dimensione del pistone va a determinare il fattore moltiplicativo idraulico. Per cui occorre trovare il corretto bilanciamento tra forza frenante e modulabilità. Per questo motivo le case offrono nel loro catalogo diverse tipologie di pompe che si adattano ai più svariati tipi di impianti frenanti in base al numero di dischi, al numero e al diametro dei pistoncini della pinza.  Alcune pompe freno, in particolare quelle di alta gamma, permettono di regolare anche l’interasse attraverso un registro eccentrico. Aumentando l’interasse si ha un comando più pronto e reattivo. Viceversa diminuendolo si ha una risposta più modulabile. Questo è dovuto al fatto che, per far percorrere la stessa corsa al pistone è sufficiente un minor angolo di rotazione della leva con un interasse maggiore.

Le Le due soluzioni di pinza

La pinza ad attacco assiale è caratterizzata da una ancoraggio “a sbalzo” con bulloni disposti trasversalmente rispetto al piedino della forcella. Solitamente solo l’estremo superiore è vincolato, quello inferiore risulta libero. Questo è uno svantaggio perché durante la frenata la parte inferiore tende ad essere ruotata in verso concorde alla rotazione del disco. Questo genera delle deformazioni che vanno ad inficiare la frenata. Inoltre non è garantito il perfetto allineamento pastiglie – disco.

Per ottenere maggior rigidezza, nella pinza ad attacco radiale si è abbandonato l’ancoraggio a sbalzo a favore di quello composto da bulloni disposti ai due estremi della pinza, radialmente rispetto al disco. Questo tipo di accoppiamento permette di ottenere oltre ad una maggior rigidezza un miglior allineamento pinza-disco. Questo si traduce in un più efficacie contatto pastiglia - disco ed in generale in una migliore sensibilità in frenata.

Il vincolo ad entrambi gli estremi conferisce maggior rigidezza non solo alla pinza ma all’intero impianto frenante. In questo modo infatti si forma una struttura chiusa, composta dal piedino della forcella e dalla pinza, che garantisce un innalzamento delle proprietà meccaniche rispetto alla configurazione aperta offerta dalla pinza assiale. L’ulteriore vantaggio è la possibilità di eliminare materiale dove non necessario, ossia nel zona centrale della struttura chiusa. Questo consente di ridurre il peso che essendo una massa non sospesa porta maggiori benefici durante la dinamica di guida.

L’attacco radiale inoltre consente di variare facilmente il diametro del disco semplicemente allontanando la pinza dalla forcella con dei distanziali. Questo è molto utile in pista in cui è frequente il cambio del diametro dei dischi in base alla pista, alle condizioni meteo e alle preferenze del pilota. Il vantaggio può essere esteso anche all’amatore che tramite la sostituzione dei compenti originali, appunto i dischi, con altri più performanti ricerca una maggior potenza frenante.

Fonti:

- moto.brembo.com

- accossato.com          

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