Giacomo Agostini è stato il protagonista della nostra diretta e ci ha fatto entrare nella sua sala dei trofei, ne sono ospitati ben 364, un vero e proprio tesoro per quello che può essere definito, senza piaggeria, il re dei piloti.
Qui sopra potete vedere l’intervista e Ago non è mai scontato: ha parlato dell’epoca d’oro del motociclismo, dei grandi campioni del passato e anche di quelli del presente.
Ecco cosa ci ha detto.
“Non ho mai litigato con Lorenzo, l’ho sempre ammirato e continuerò a farlo”
“Avrei voluto che Lorenzo vincesse il titolo con la Ducati, ma non ha avuto successo. Non volevo raccontare una cavolata, dire che aveva vinto tutto e mi dispiace che non l’abbia fatto. Jorge mi è sempre piaciuto, ammiro tutti i piloti che mi danno delle gioie, da Lorenzo a Valentino quando hanno fatto grandi cose, ma se non le fanno non posso essere bugiardo. Non c’è bisogno che facciamo pace perché non ho mai litigato con Jorge, anzi l’ho sempre ammirato e continuerò a farlo, per me non cambia niente”.
“Marquez non ha nulla da dimostrare, non gli serve cambiare moto”
“A Marquez non serve cambiare moto per dimostrare quello che vale. Nessuno può dire che Marc vince perché alla Honda, è il suo polso che lo fa vincere. Sappiamo tutto che potrebbe vincere con anche un’altra moto, non ha nulla da dimostrare”.
“La Yamaha farà sudare anche Marquez”
“La Yamaha, almeno da quanto visto nei test invernali, era la più pronta. Lo sviluppo si è fermato, quindi abbia buone possibilità. Ha quattro piloti buoni, Quartararo sta dimostrando di essere molto veloce quindi avrà la possibilità di fare delle belle gare. Marquez non era in forma con la spalla, ma grazie a questo stop penso tornerà al 100%, sarà una grande battaglia ma penso che la Yamaha farà sudare anche Marquez”.
“Se fossi in Ducati non farei andare via Dovizioso”
“Dovizioso è quello che ha dato risultati alla Ducati, non penso ci siano altre alternative e io non lo lascerei proprio andare via. Credo che Miller sia pronto per passare nel team ufficiale, anche se in Pramac non gli è mancato nulla ma può essere comunque importante dal punto di vista psicologico”.
“Valentino corre a 40 anni? La differenza la fa solo la testa”
“Valentino in un team privato? Quando corsi in Yamaha il team era mio, quindi privato, ma vinsi 3 campionati. È più un fattore mentale: se la squadra di tecnici rimane la stessa e se la Casa dà una moto ufficiale al 100%, cambia solo chi ti paga lo stipendio”.
“Valentino vuole continuare anche se non ha più grandi risultati? Ogni pilota fa quello che si sente, non si può né criticare né dare consigli a nessuno. Posso parlare solo per me: quando iniziai a non vincere più 12 gare all’anno ma solo 3 o 4, iniziai a pensare che sarebbe stato meglio lasciare il posto a un altro, appena arrivavo 2° e tutti dicevano che ero finito, mi sentivo umiliato. Ho pensato che fosse giusto smettere, il declino arriva per tutti gli sportivi. Tutto arriva dalla testa: a 20 anni non ragioni molto, più vai avanti più pensi e perdi piccole cose ma ti senti ancora forte. Da giovane facevo il curvone a Monza ai 240 Km/h e se mi partiva la moto mi veniva da ridere, se lo facessi adesso mi verrebbe da piangere!”.
“La mia rimonta migliore? Passai 35 piloti al Paul Ricard”
“Al Paul Ricard, ero con la Yamaha 500 e si partiva a spinta. Spinsi la prima volta e non partì, spinsi la seconda e di nuovo non partì, non avevo più fiato spinsi la terza volta e si accese, ma davanti a me non c’era nessuno, avevano già fatto tutti la prima curva. Pensai di fare solo un paio di giri e poi fermarmi, ma iniziai a vedere degli altri piloti, mi feci coraggio e cominciai a tirare. Alla fine ne superai 35, battei il record della pista 3 volte durante la gara e arrivai a un secondo da Barry Sheene che vinse”.
Monza 1973: “Solo il giorno dopo mi resi conto che Pasolini e Saarinen non c’erano più”
“È stata una giornata nera. Avevo appena vinto la 350 e stavo festeggiando insieme al Conte Agusta, aspettando di fare la gara della 500. Sentii la partenza e dopo 30 secondi poi più nulla, mi preoccupai e poi sentii le sirene. Mi resi veramente conto di quello che era successo solo il giorno dopo, a casa, pensai che due campioni come Pasolini e Saarinen se ne erano andati in un attimo”.
“È la Morini la moto che ho nel cuore”
“La Morini è la moto che ho nel cuore, perché è quella che mi ha dato la prima vittoria della mia vita. La seconda è stata la MV Agusta e la terza la Yamaha con cui vinsi a Daytona al debutto. La MV era una grande moto, ma per guidare una grande moto ci vuole un grande pilota e con la Yamaha dimostrai che non era solo la MV a volare”.
“C’era chi mi ammirava e chi diceva di essere più veloce di me ma che io avevo la moto migliore. Innanzitutto non ho mai avuto le mie moto perché fossi figlio del Conte Agusta, del Commendatore Morini o del Presidente della Yamaha ma perché me le ero meritate. Avevo iniziato con poco, mio padre non voleva corressi e non mi diede nemmeno una lira, mi comprai una Morini e arrivai 2° alla prima gara, poi vinsi alla 4ª battendo tutti gli ufficiali”.
“Read non badava troppo alla correttezza.Il più forte di tutti? Mike Hailwood”
“Devo rispetto a tantissimi piloti, a iniziare da Pasolini, poi Mendogni, Spaggiari, Read, Redman, Taveri, Sheene, Roberts, Lucchinelli. Read era un pilota molto aggressivo che non guardava in faccia a nessuno, passava senza chiedere permesso e non era molto la corretto. Era molto bravo, non mollava mai. Però quello che mi ha fatto più soffrire è stato Mike Hailwood. Era il più forte perché non sapeva mettere a posto la moto ma la guidava come fosse un violino, non gli importava nulla se si muoveva. Correva al Tourist Trophy vinceva in tutte le categorie, durante l’anno faceva una gara all’anno con la MZ, che non vinceva mai se non quando la guidava lui”.
“L’emozione che ti dà il Tourist Trophy sono uniche, come i rischi”
“Se non si pensa al rischio, la migliore pista era il Tourist Trophy, correre lì mi dava una gioia incredibile. È un circuito che ti dà tutto: dalla curva da prima marcia, all’impennata ai 240 all’ora, ai salti, alle discese, alle salite. Vincere e correre lì per un pilota è un’emozione unica, ma devi pensare che non devi cadere”.