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SBK, “Redding? Se la Ducati non sorpassa il problema non è il suo peso”

Zambenedetti: “I chili di Scott influiscono, ma è la riduzione dei giri a motore che ci obbliga a scendere a compromessi. In Ducati abbiamo però un'idea” 

SBK: “Redding? Se la Ducati non sorpassa il problema non è il suo peso”

L’unica immagine che abbiamo di questo Mondiale è quella del round inaugurale di Phillip Island. Una gara verso cui non mancava l’attesa in casa Ducati, specialmente per il debutto di Scott Redding. Per l’occasione il britannico si è reso protagonista di una prestazione all’insegna della costanza, a tal punto da chiudere sul gradino più basso del podio in ogni gara.

Se Scott ha mostrato di avere la Panigale V4 in mano, dall’altra parte del box Chaz Davies è stato costretto a rincorrere. Una Ducati quindi dal doppio volto quella di Phillip Island. Vietato però trarre un bilancio affrettato, come spiega Marco Zambenedetti, ovvero l’ingegnere che cura il progetto legato alla Superbike.

Nonostante l’attività in pista sia ferma, a Borgo Panigale stanno studiando come correre ai ripari qualora la situazione dovesse riproporsi in futuro. Adesso c’è solo da aspettare, anche perché rimane l’interrogativo in merito alla ripresa dell’attività.

“Stiamo vivendo una situazione particolare, dove la salute di tutti noi ha la priorità – ha esordito Zambenedetti – a tal proposito la Ducati si è dotata per creare una task force interna trasversale a tutti i reparti, con l’obiettivo di mettere in atto dispositivi protezione. Fin dalla scorsa settimana ci sono infatti tutti i dispositivi richiesti. Tra l’altro è stato adottato un sistema di turnazione per gli operai al fine di mantenere il numero più basso di persone in azienda”.

Questa situazione particolare si è andata a ripercuotere anche sullo sviluppo.

“Certo. Bisogna comunque sottolineare che in Superbike lo sviluppo è più congelato, dato che parliamo di moto di serie. Lo sviluppo delle derivate è molto più statico rispetto alla MotoGP di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi”.

Marco, torniamo a Phillip Island, ovvero l’unica gara disputata ad oggi. Abbiamo visto una Ducati dal doppio volto.

“Secondo me il pacchetto moto-squadra e piloti ha dimostrato di essere competitivo. Penso infatti che siamo più solidi rispetto alla passata stagione, vista la conoscenza della V4 e il comportamento riscontrato su tutti i tracciati. Direi quindi che in questo 2020 siamo in una condizione migliore di partenza”.

Un cosa che ha colpito in Australia è data dal fatto che Scott non riuscisse a superare in rettilineo. Come mai? Dipende dal peso?

“Per rispondere a questa domanda voglio innanzitutto fare una breve premessa. Phillip Island era la prima gara per Redding e lui non ha voluto osare. Non ha infatti sfruttato il potenziale della moto al 100%, anche perché non aveva mai corso con le Pirelli in gara. Tra l’altro ricordiamoci che l’Australia è da sempre una pista particolare. Detto ciò, Scott ha un peso maggiore rispetto a Bautista, ma questo non è il problema determinante”.

Qual è allora il problema?

“In Australia non mancava la velocità in uscita dalla curva, ma quella in accelerazione e la potenza dalla quarta marcia in poi. Tra l’altro ci siamo dovuti confrontare con delle moto nuove come Honda e Yamaha che hanno alzato l’asticella, mentre noi ci portiamo dietro un regolamento dal 2019 che obbliga il nostro motore a rimanere congelato. Speravo infatti che rivedessero il regolamento in merito ai giri motore e alle concession part”.

Quanto pesano questi 250 giri in meno che vi portate dietro da Assen dello scorso anno?

“I 250 giri in meno influiscono nella misura in cui riduci la potenza e il range di utilizzo del motore, di conseguenza ti limitano in altre parti della pista. Per questo motivo sei quindi obbligato ad arrivare a un compromesso tra i rapporti e la guidabilità, dovendo tenere fermi componenti fondamentali, tipo il lavoro sull’aribox, le mappature e lo scarico”.

A questo punto cosa si può fare? Perché il rischio è che la Ducati non sorpassi più come accadeva con Alvaro.  

“Innanzitutto mi dispiace non avere avuto la controprova di ciò su altre piste. Sta di fatto che in Ducati abbiamo alcune idee riguardo come muovere. Una di queste riguarda il  miglioramento legato all’ergonomia del pilota  e la distribuzione dei pesi, al fine di avere un comportamento più efficace nelle aree in cui siamo più”.

Oltre a Scott c’è poi Davies, il quale è stato costretto a rincorrere.

“Chaz fa più fatica ad essere efficace con la V4 rispetto a uno come Redding, il quale ha uno stile più vicino a quello di Alvaro. In merito alla prestazione di Davies, credo che buona parte dei risultati di Phillip Island siano dovuti a una qualifica dove non siamo riusciti a sfruttare al meglio la gomma da qualifica. Di sicuro abbiamo grande fiducia in lui, dato che dopo la vittoria di Laguna Seca siamo riusciti a fare un salto di qualità. Aggiungo inoltre che non mi aspetto un anno come il 2019, anzi sono convinto che farà molto meglio. Con lui abbiamo lavorato soprattutto sulla sospensione posteriore, cercando di mettere a terra la potenza”.

Quando ci rivediamo in pista?

“Bella domanda. È quello che tutti si chiedono. Nel momento in cui dovessimo tornare mi piacerebbe che si svolgesse un test collettivo con tutti i piloti, come accade ad esempio a Phillip Island, al fine che ogni pilota possa ritrovare le sensazioni che gli sono mancate in sella alla moto”.

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