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MotoGP, TECNICA – Il tiro catena ed i suoi effetti sulla dinamica di guida

Il dualismo con il trasferimento di carico. La continua “battaglia” tra compressione ed estensione della sospensione. L’influenza della posizione del perno del forcellone sull’assetto

MotoGP: TECNICA – Il tiro catena ed i suoi effetti sulla dinamica di guida

Di Stefano Aglianò

Durante le fasi di accelerazione e frenata la moto è sottoposta ad un trasferimento di carico che va a gravare, rispettivamente, sulla ruota posteriore e anteriore. Questo fenomeno influenza inevitabilmente, in maniera importante, la dinamica di guida. Esistono frangenti in cui il trasferimento di carico è vantaggioso ed altri in cui è opportuno limitarlo. Analizzando la dinamica durante la fase di spinta del motore, si osserva un trasferimento di carico sulla ruota posteriore che tenderebbe (ma non è sempre così si vedrà tra poco) a comprimere la sospensione con simultaneo “alleggerimento” dell’anteriore. Un ausilio per contrastare questo comportamento è concretamente offerto dal tiro catena (per le moto provviste di una trasmissione finale composta dal trittico pignone-corona-catena). Sotto l’effetto della spinta del motore, si genera una tensione sul ramo superiore della catena che “tira” la corona e di conseguenza la ruota posteriore ad essa solidale verso l’avantreno. Questa forza, insieme alle altre in gioco, tende a far ruotare il forcellone posteriore attorno al proprio perno.

Compressione o estensione, questo è il dilemma

La parafrasi della nota citazione di Shakespeare riassume perfettamente il discorso. Per comprendere gli effetti del tiro catena occorre introdurre le forze in gioco nel “sistema” nel caso di moto rettilineo uniforme. Oltre alla forza motrice ed al carico dinamico, applicate rispettivamente orizzontalmente e verticalmente nel punto di contatto ruota-asfalto, è presente quella relativa al tiro catena applicata lungo il ramo superiore della stessa e concorde al verso di avanzamento del veicolo. Queste tre componenti moltiplicate per i rispettivi bracci equilibrano il momento che la molla della sospensione genera sul forcellone. La forza motrice e il tiro catena sono direttamente proporzionali, a meno del rapporto tra i diametri della ruota e della corona, quindi è possibile esprimere l’una in funzione dell’altra. Questo permette di scrivere l’equazione di equilibrio dei momenti in funzione della somma di soli due (non più tre) contributi: il primo proporzionale al trasferimento di carico ed il secondo al tiro catena. Questi due contributi, moltiplicati per i rispettivi bracci di leva, fanno ruotare il forcellone in direzioni opposte. Se il trasferimento di carico fornisce un contributo maggiore di quello offerto dal tiro catena, la molla della sospensione verrà compressa. Con riferimento alla figura sottostante il forcellone ruoterà in verso orario. Viceversa, se il tiro catena è il termine predominante, la sospensione verrà estesa fornendo quindi un effetto anti affondamento che contrasta e “vince” il trasferimento di carico. Nel caso in cui il motore non stia fornendo coppia alla ruota posteriore e quindi è nulla sia la forza di motrice che il tiro catena, il momento generato dalla molla sarà equilibrato solamente dal carico statico che dipende dal peso della moto + pilota e non dal trasferimento di carico. L'artifizio matematico, di far “scomparire” la forza motrice all’interno dell’espressione del tiro catena, ha il solo scopo di semplificare i conti ma fisicamente la compressione o l’estensione della molla dipende da tutte e tre le componenti. Fanno eccezione le moto sprovviste di catena che ad esempio trasmettono la potenza alla ruota attraverso un albero. In tal caso l’assenza del tiro catena trova riscontro sia nell’espressione matematica che fisicamente per la mancanza dell’organo flessibile. Ne segue che la risposta della sospensione dipende solo da due parametri ossia il trasferimento di carico e la forza motrice. Situazione analoga si verifica anche per gli scooter che hanno, solitamente, il motore solidale al braccio oscillate della sospensione.

Gli angoli caratteristici e la loro influenza sulla risposta della moto

Nell’equazioni di equilibrio dei momenti, oltre alle tre componenti di forza sopra menzionate, compaiono, per descrivere le lunghezze dei bracci di leva rispetto al perno del forcellone, anche il raggio della ruota e della corona, l’angolo di inclinazione della catena e del forcellone rispetto al suolo. Sfruttando le relazioni tra i suddetti angoli ed esprimendo il trasferimento di carico in funzione della forza motrice, è possibile studiare l’assetto della sospensione posteriore solo in funzione delle quote geometriche. Per fare questo occorre introdurre due nuovi parametri: l’angolo del tiro catena (α) e l’angolo del trasferimento di carico (β) che rappresentano l’angolazione rispetto al piano orizzontale. Con l’ausilio della figura, si definisce P il punto dato dall’intersezione tra la retta passante per il centro ruota e il perno del forcellone con il prolungamento della retta definita dal ramo superiore della catena. L’inclinazione, rispetto al piano orizzontale, della retta passante per P e per il punto di contatto ruota-suolo rappresenta l’angolo del tiro catena. Sempre con riferimento al piano del suolo, l’angolo formato dal prolungamento della risultante tra la forza motrice e il carico verticale è l’angolo del trasferimento di carico. Definiti i due parametri, si osserva che il rapporto tra il primo e il secondo termine dell’equazione di equilibrio dei momenti, che ricordiamo essere rispettivamente proporzionali al trasferimento di carico e al tiro catena, è uguale al rapporto tra la tangenti dei due angoli (tan β / tan α). Questo permette di definire il comportamento della sospensione posteriore indipendentemente dalle forze in gioco. In altri termini si può conoscere se la sospensione avrà un comportamento che si oppone, rimane neutro o favorisce il trasferimento di carico. Vediamo nello specifico i tre casi al variare di α rispetto a β:

-    P’ si trova al di sopra della retta del trasferimento di carico ovvero α > β, la componente a denominatore del rapporto, ossia quella proporzionale alla forza motrice ed al tiro catena, è predominate e questo genera un momento che estende la sospensione.
-    P’’ si trova sulla retta del trasferimento di carico ovvero α = β, numeratore e denominatore hanno lo stesso peso quindi non ci sarà nessun momento che tende a far ruotare, in un verso o nell’altro, il forcellone. Comportamento neutro rispetto alle forze in gioco.
-    P’’’ si trova al di sotto della retta del trasferimento di carico ovvero α < β, la componente a numeratore del rapporto, ossia quella dovuta al trasferimento di carico, è predominante e questo genera un momento che comprime la sospensione.

La corretta distanza pignone – perno del forcellone

Alla luce di quanto descritto, si riesce a capire l’importanza degli angoli di inclinazione del forcellone e della catena sia reciproca che rispetto al piano orizzontale del suolo. In questo senso gioca un ruolo fondamentale la posizione del pignone rispetto al perno del forcellone. Negli ultimi anni si è prestata maggiore attenzione, durante la fase progettuale, alla scelta della corretta distanza tra il pignone ed il perno del forcellone. Avvicinare questi due componenti permette di diminuire le variazioni delle tensioni sulla catena che si generano durante la marcia del veicolo. Questo si traduce in minor stress meccanico per la catena e minori scuotimenti della moto durante i transitori della guida. Quando la sospensione si trova a “riposo” è sottoposta al solo peso della moto + pilota e la catena è caratterizzata da un determinato gioco, ossia un lasco verticale rispetto al suolo. Quest’ultimo andrà a ridursi con l’aumentare dell’escursione della ruota per arrivare alla massima tensione della catena quando il perno della ruota, il perno del forcellone e il pignone sono allineati. Per questo motivo le case motociclistiche prescrivono, spesso applicando un adesivo sul lato del forcellone, la regolazione del gioco catena sul ramo inferiore che è quello meno teso con la moto sul cavalletto. Le moto da fuoristrada sono caratterizzate da un’elevata escursione delle sospensioni, che comporta la necessità di avere un elevato gioco catena. L’accorgimento di avvicinare pignone e pivot porta notevoli benefici in tal senso. Come anticipato ad inizio articolo, il trasferimento di carico può essere favorevole o meno in base alle diversi fasi di guida. Come spesso accade occorre trovare un compromesso.

Nel caso in esame è quello tra l’effetto del trasferimento di carico che tende a comprimere la sospensione e l’azione combinata della forza motrice e del tiro catena che tende ad estenderla. L’obbiettivo è scaricare a terra la maggior quantità di potenza possibile senza innescare perdite di aderenza e al contempo evitare che la moto abbia una spiccata propensione all’impennamento.

Variazione d’assetto

Cosa succede alla sospensione anteriore? Dopo aver analizzato i tre casi, soffermandoci sul comportamento del posteriore, la domanda è lecita per capire come reagisce l’intera dinamica della moto e non solo quella del retrotreno. La risposta è che, nelle tre diverse configurazioni, la sospensione anteriore si estenderà in maniera proporzionale al trasferimento di carico indipendentemente dagli angoli caratteristici del retrotreno. Analizzando congiuntamente il comportamento delle sospensioni, anteriore e posteriore, si nota che le variazioni d’assetto aumentano al crescere del rapporto caratteristico del tiro catena. Nel caso in cui α > β, la componente predominante è quella del tiro catena, a cui corrisponde un innalzamento di tutta la moto e quindi del suo baricentro. Il comportamento si traduce in una minor variazione d’assetto e una maggior propensione all’impennamento. Viceversa se α < β, il trasferimento di carico ha la meglio e la moto si “siederà” sul posteriore. Questo comporta una maggior variazione d’assetto, ossia un maggior angolo di beccheggio e una minore propensione all’impennamento.

Tutto ruota attorno al pivot

Gli angoli caratteristici del retrotreno sono fortemente influenzati dalla posizione del perno del forcellone. Già si è discusso dell’importanza della sua distanza rispetto al pignone. A validare ulteriormente l’importanza della sua collocazione geometrica nelle reazioni della moto rispetto ai fenomeni del trasferimento di carico e del tiro catena, si evidenza che è prassi progettare motociclette in ambito sportivo che abbiano la possibilità di variare la posizione del perno del forcellone. Questa particolare soluzione meccanica offre ai tecnici e al pilota la possibilità di intervenire su un ulteriore parametro nella fase di messa a punto della ciclistica. Ad esempio si può aumentare l’effetto anti affondamento senza andare a variare la taratura della sospensione. Questo permette alla moto di non subire di un eccessivo trasferimento di carico e al contempo di avere una sospensione sufficientemente “morbida” in grado di copiare gli avvallamenti del terreno senza innescare indesiderati sobbalzi della ruota. Nelle moto sprovviste della possibilità di variare l’altezza del perno forcellone, che se posto più in alto contrasta maggiormente l’affondamento della sospensione, è possibile intervenire sul diametro di pignone e corona. Si tratta di regolazioni “di fino” che hanno un impatto minore sul comportamento del tiro catena, che sono difficilmente percepibili se non da tester o piloti, ma di cui occorre tener conto nel caso in cui si abbia la necessità di variare il rapporto della trasmissione finale, specialmente nelle competizione dove il dettaglio fa la differenza.

Si conclude analizzando due diverse fasi di guida relazionandole all’effetto del tiro catena. In ingresso di curva l’inclinazione della moto genera un aumento dell’angolo di rollio (che è nullo in rettilineo). Questo si traduce in un aumento del carico nel piano verticale della moto con conseguente abbassamento della stessa e del suo baricentro. Essendo il numeratore del rapporto del tiro catena dipendente dall’altezza del baricentro, la sua diminuzione si traduce in una riduzione del rapporto che, come si è ampiamente trattato, genera un effetto anti affondamento. Nel secondo caso in esame, ossia la variazione del rapporto del tiro catena in funzione dell’escursione della ruota posteriore, si nota che il rapporto tende ad aumentare a causa della diminuzione della distanza, lungo l’asse verticale, tra il perno della ruota ed il pivot del forcellone. Interessante sottolineare come, a causa di questo fenomeno, la sospensione posteriore sia in grado di passare, durante la marcia del veicolo, da un effetto anti squat ad uno pro squat.

 

 

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