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PEUGEOT 106 GTI, il sogno di una generazione di adolescenti

Vi riportiamo agli anni ’90, quando le “piccole” pepate facevano sognare in grande. Tra queste, la Peugeot 106 GTI è stata il desiderio di molti

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Avevo poco più di 17 anni quando iniziò la commercializzazione della seconda serie della “piccola” del Leone. In realtà, all’epoca non esisteva molto il concetto di “city-car”, ma le vetture erano per lo più divise in base alla loro dimensione. Sostanzialmente il termine auto da “città”, in qualche modo, ha sminuito quelle piccole belve che facevano sognare in grande.

Impossibile non ricordare la Peugeot 205 GTI (nelle due varianti 1.600 e 1.900), con quei fascioni in plastica nera con una linea rossa che li tagliava orizzontalmente. La sportività aveva dei codici ben definiti e chi ha vissuto quegli anni sembra essere cresciuto a pane e benzina.

L’esigenza della casa francese era di realizzare un modello che fosse trasversale tra segmento A e quello superiore. Nacque così la 106, che riusciva a soddisfare le esigenze di un’ampia clientela. Era un’auto compatta, essenziale, alla moda e che non faceva rimpiangere vetture di altri segmenti.

La versione GTI era semplicemente quella più attesa. Vivevano anni in cui, tanto per riportarvi nell’atmosfera che si respirava, le moto più vendute non erano le enduro o gli scooter come oggi, ma le sportive, anche quelle che battagliavano nel mondiale SBK.
Lei aveva molto in comune con quelle moto: potente, adrenalinica, dall’aspetto sportivo e capace di raggiungere alte velocità. La 106 era in qualche modo anche uno status symbol. Se avevi una GTI, sembrava che le ragazze potessero cascare ai tuoi piedi, o almeno così pensavi.

Il motore era un 16 valvole, un 1.600 con distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro. Con camera di combustione “a tetto” e con condotti di aspirazione e scarico detti a forcella, per via della loro forma a Y. Un sistema di alimentazione che fu realizzato da Magneti Marelli, abbinato ad iniettori “Pico” con quattro fori in grado di ottimizzare la nebulizzazione del carburante e, di conseguenza, il rendimento del motore.

Con una potenza di 120 CV sprigionati a 6.000 giri, questo motore risulta essere il più performante montato di serie sulla 106. La velocità massima superava i 200 km/h e l’accelerazione da 0-100km/h faceva segnare un tempo inferiore ai 9 secondi. Provate ad immaginare una vettura del 1996, che pesa meno di mille chilogrammi ad oltre 200 km/h. Eri quasi pronto per il decollo.

Il vero plus della 106 è che non era una vettura esasperata, ma si lasciava guidare con gusto ed era molto divertente, complice il peso contenuto. L’allestimento era più che completo, aveva tutti gli accessori disponibili a quel tempo: cerchi in lega, climatizzatore, ABS, airbag, servosterzo, appoggiatesta posteriori e tanto altro.

C’era anche un’altra 106 sportiva, la versione Rallye, dotata di un 1.3 da 98 cavalli. Era molto spartana, priva di fronzoli ed essenziale, proprio per avere quel peso piuma che la rendeva fin più estrema della più potente GTI. Dal 1996, la Rallye fu dotata del propulsore da 1.587 cc da 103 cavalli, erogati a 6.200 giri. 

 

Nei rally ci finì davvero, con discreti risultati di categoria ed una carriera molto longeva, dato che non era raro vederne qualche esemplare in gara ancora pochi anni fa, ma era su strada che la 106 nelle sue versioni sportive faceva sognare i giovani della mia generazione. Aveva l’assetto reattivo che serviva per regolare le migliori soddisfazioni di guida ai più smaliziati, ma poi, anche per la partecipazione alle competizioni, erano disponibili sospensioni after market che potevano far alzare l’asticella. Il tuning all’epoca era quasi un must per i giovani più infervorati per i motori.  

Sfortunatamente per me, non l’ho mai guidata. Un ragazzo che abitava dalle mie parti ne aveva una di color nero. Quanto lo detestavo, ero convinto che tutte le ragazze del quartiere le portasse a fare un giro. La patente poi la presi un paio di anni dopo, ma quella 106 GTI rimase un sogno.

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