In questi giorni non si parla d’altro, data la gravità dell’emergenza sanitaria in corso e a volte il mondo delle auto viene toccato dalla vicende politiche. Capita così che, nei repentini cambiamenti di opinione del primo ministro inglese Boris Johnson, per affrontare una delle problematiche più importanti della cura dei malati più gravi di Coronavirus, abbia chiesto alle case automobilistiche presenti in Gran Bretagna (parliamo principalmente di Ford, del gruppo Jaguar Land Rover e Honda) di convertire i siti produttivi, per realizzare attrezzature sanitarie. Se pensate alle mascherine, relativamente facili da produrre (in Cina la casa automobilistica BYD ne ha realizzati svariati milioni), in realtà lui ha espressamente fatto riferimento ai ventilatori, che sono apparecchiature mediche specialistiche ed anche piuttosto complesse.
Automotive News ha intervistato Robert Harrison, professore di sistemi di automazione presso l'Università di Warwick, per capire quanto questa richiesta possa trovare realmente applicazione. Le risposte della case automobilistiche sono state “tiepide”, proprio perché questo importante cambiamento necessita di valutazioni complesse. Jaguar Land Rover, ad esempio, ha confermato di essere disposta ad aiutare in questo momento di emergenza, aprendo alla disponibilità di fare tutto il possibile. Stessa cosa per Honda (che su suolo inglese nel 2019 ha prodotto 110.000 auto), che nella struttura di Swindon dovrebbe realizzare ventilatori ad uso medico per conto del governo britannico. Ford, che di tutti è il soggetto con maggior capacità produttiva (1.1 milioni di auto all’anno) potrebbe essere la più avvantaggiata, dato che la fabbrica di Bridgend dovrebbe chiudere quest'anno e si potrebbe prestare per una conversione con oneri più contenuti (successivamente non tornerebbe a produrre auto). Chiudono il quadro altre due case, parte di gruppi stranieri: Vauxhall (PSA) e Rolls Royce (BMW).
Anche in Italia stiamo affrontando il problema e molti di noi hanno scoperto solo ora che non esistono produttori di mascherine sul nostro territorio. Si sta cercando di capire se si possa porre rimedio a questa lacuna, ma nessuno ha pensato di chiedere la produzione di apparecchiature mediche più complesse (come lo sono i ventilatori) a fabbriche precedentemente impegnate su altri fronti. Il perché è semplice da spiegare. La conversione richiede grossi sforzi, anche in termini di certificazione e di formazione del personale, cose che richiedono mesi, mentre si spera che l’emergenza non duri così a lungo. A confermarlo è proprio Robert Harrison, che ha affermato che sarebbe un impegno molto ingente, che richiederebbe molti mesi, quello di portare società di ingegneria a produrre ventilatori. "Dovrebbero modificare le linee di produzione e formare i lavoratori per assemblare e testare il prodotto", ha detto. Molto difficile quindi che rapidamente si possa dare seguito alla richiesta del primo ministro inglese. Questo perché i ventilatori sono dispositivi sofisticati. “L'industria inglese avrebbe la capacità di farlo, ma è improbabile che possa produrre anche i componenti elettronici. Poi è fondamentale che funzionino correttamente al fine di mantenere in vita il paziente, poiché si tratta di apparecchiature critiche per la vita", ha affermato.
Quello che sembra essere invece una strada più semplice da intraprendere, come anche l’Italia sta facendo, è acquistare queste apparecchiature in altri Stati, chiedendo alle fabbriche che le producono di fare uno sforzo in questo momento storico davvero particolare per tutto il mondo. Altra cosa è invece quella di produrre mascherine, tecnicamente molto più semplici da realizzare e per cui in altri Paesi assistiamo a riconversioni di fabbriche che, per colpa del CORONAVIRUS hanno sospeso le loro attività e possono quindi dare un aiuto.