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PROVA Ducati Panigale V4S: la bestia è domata e ancora più veloce

VIDEO - GPONETEST La prova sul circuito del Bahrain: le ali danno stabilità e la Rossa diventa più docile e divertente. Difetti? Servirebbe un serbatoio... a prova di Lorenzo

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di Luca Bono

Una Ducati è una Ducati. Si ama o si odia. Perché è sempre stata diversa da tutte le altre, non serve leggere il nome sul serbatoio per riconoscerla: basta uno sguardo. Ma anche basta sentire il suo suono inconfondibile. E quando la provi ti strega con i suoi pregi, ma alcune ti fanno anche penare per i loro difetti. Oggi possiamo dire che i difetti fanno parte della storia, difficile trovarne di marcati sulla Panigale V4 2020.

Una moto da Reparto Corse e 4.000 CV ai box

Proprio per ottenere il massimo i tecnici Ducati, come mai in passato, hanno lavorato per due anni a stretto contatto con il Reparto Corse. Condividendo le esperienze accumulate nella Superbike e nella MotoGP per definire le modifiche da apportare all’aerodinamica, alla ciclistica, all’elettronica, con l’obiettivo di migliorare la guida, le prestazioni e la confidenza della guida.

La moto ora è più facile, più intuitiva, meno affaticante e più veloce, non solo sul giro singolo, ma anche nell’arco di una sessione cronometrata. Rientra nella filosofia delle corse, dare al pilota moto più facili per andare più forte, non stancarlo e farlo sentire più riposato per gli ultimi giri di gara dove bisogna dare il 100%.

Ai box del circuito del Bahrain ci aspettano una ventina di V4, 4.000 CV pronti a scatenarsi per entusiasmare i tester arrivati da ogni parte del mondo per la prova in anteprima della nuova Panigale V4 S my2020. Già sul cavalletto esprime tutta la sua grinta: appare subito più racing perché si riconoscono le novità, il cupolino maggiorato, le carene più larghe e soprattutto si notano e ali, rubate alla GP16 MotoGP.

Difficile trattenere l’emozione, siamo qui sulla pit lane a scalpitare e, appena scatta il verde, prima dentro e via dalla lunga corsia dei box per entrare nel velocissimo circuito del Bahrain. Qualche giro per prendere i riferimenti e poi si inizia a spingere. Ci attende un compito che di anno in anno diventa sempre di più difficile: mettere alla frusta una macchina da corsa targata non è più uno scherzo.

La Ducati Panigale V4 S fa impazzire il tachimetro: 290, 300, 310, 320!

Corriamo sul lungo rettifilo che immette sul traguardo, rannicchiati dietro alla nuova carenatura non riusciamo nemmeno a leggere i numeri del cruscotto, tanto scorrono veloci, 290, 300…poi si azzerra per un discorso di sicurezza, ma rimane memorizzata la top speed che si può vedere, una volta rientrati ai box.

E pensare che la situazione è ottima: siamo ben protetti dalla carenatura, non c’è più pressione sulle spalle e sulle braccia grazie al cupolino più alto e largo. Si sta bene in carena e sembra che la moto acceleri più in fretta, senza opporre resistenza all’aria. Tutto vero, ma anche il motore ci mette del suo; arriviamo alla curva 1 a 316 km/h, e spremendo i dischi da 330 mm passiamo in pochi secondi a 50 km/h. Il carico aerodinamico generato sull’anteriore grazie alle ali è di ben 40Kg!  La moto è “piantata” come se fosse su un binario. Ci accorgiamo che la carena funziona anche quando alziamo il busto per la staccata, l’impatto con l’aria è meno marcato rispetto al passato.

Non avevamo dubbi sull’impianto frenante, molto potente, ma soprattutto modulabile. Anche quando sembra di non starci più dentro, si riesce sempre a recuperare qualche metro! Solo dopo qualche tornata, la leva si allunga leggermente, ma questa pista ha quattro frenate dopo si passa da 300 a 70/80km/h che mettono a durissima prova qualsiasi impianto frenante. Vengono in mente gli impianti di Bmw e Yamaha che tendono ad allungare a frenata per staccate molto meno impegnative…

L’ABS Cornering, dal nuovo software, trasmette così tanta fiducia che in un paio di passaggi siamo arrivati leggermente lunghi, entrando in curva con i freni ancora ben pinzati. Abbiamo così verificato la funzionalità Cornering, che con una leggera pulsazione sulla leva ci avverte che siamo davvero al limite, e significa che se non ci fosse avremmo preso la via di fuga... probabilmente in pozione sdraiata.

In staccata la taratura più morbida delle sospensioni aumenta il trasferimento di carico con numerosi vantaggi: l’anteriore morde con più efficacia l’asfalto, la moto si inserisce più facilmente in curva, è più veloce nel raggiungere la corda e in percorrenza copia meglio le asperità. Così la V4 diventa più facile per l’amatore, e più veloce per il professionista, gira più stretta e così resta meno piegata, permettendo di anticipare l’apertura del gas e sfruttare prima tutta la potenza del V4 in uscita, grazie anche alla rivista mappatura del ride-by-wire.

La Ducati mette le ali e diventa più docile e veloce

Le curve 2 e 3 formano una esse molto tecnica, oltre al cambio di traiettoria c’è una leggera discesa seguita da una repentina compressione che schiaccia il posteriore e tende ad alleggerire l’anteriore. Qui teniamo il gas aperto e ci affidiamo all’elettronica, facendo lavorare il DTC. Solo se arriviamo molto piegati sullo scollino a gas spalancato attorno a 11.000 giri il posteriore scivola innescando dei leggeri ondeggiamenti, ma è una situazione davvero limite.

La V4 S è rapida nel cambio di traiettoria nelle curve lente, effetto della nuova configurazione, baricentro più alto e sospensioni riviste nella taratura, ma ciò che ci sorprende è che in uscita di curva ha perso quella nervosità tipica della V4. Eravamo pronti a sentirla ondeggiare mungendo il mono e invece ci ritroviamo una Ducati più docile, neutra come se non si stesse forzando.

In uscita si apprezza l’aumento del tiro catena, grazie al link più corto e all’aumento dell’altezza del posteriore: l’effetto “anti-squat” in fase di accelerazione stabilizza la moto in questa delicata fase di guida e permette di scaricare a terra più potenza, percorrendo una traiettoria più stretta.

Raggiungiamo la staccata della curva 4 dopo aver disteso la quarta e la quinta fino a circa 12.000 giri a 290km/h. Qui inizia un altro tratto molto tecnico, una esse in discesa molto veloce dove per di più non si riesce a vedere il punto di corda. Situazione critica, in cui in genere l’avantreno si alleggerisce sullo scollino a discapito del feeling.

Ma anche qui la situazione è diversa da ciò che ci aspettiamo, le ruote sono piantate al suolo: il carico aerodinamico sulla ruota anteriore è maggiore di circa 16 kg - peso che corrisponde alla velocità che si raggiunge un questo punto, 200 km/h - e le molle leggermente meno rigide favoriscono il trasferimento di carico e una maggior feeling all’anteriore quando si rilascia il gas e si prendono in mano i freni. Si avverte una maggiore inerzia nel veloce cambio di traiettoria, probabilmente dovuto all’effetto aerodinamico delle ali. Una leggera maneggevolezza a discapito però di una maggiore stabilità.

Fa strano... ma ci fidiamo

Modifichiamo solo dopo qualche tornata l’EBC (Engine Brake Control), vogliamo un po’ meno freno motore per tenere la moto scorrevole nella veloce curva a sinistra in discesa che si percorre a gas chiuso. L'EBC EVO della Panigale V4, che lavora valutando anche l’angolo di piega, trasmette tanta confidenza e la terrificante velocissima esse in discesa diventa un divertente toboga, utile per limare solo gli ultimi decimi giro dopo giro. Questa sensazione di stabilità e sicurezza era impensabile con la V4 precedente. Addirittura passiamo sopra il leggero avvallamento a centro curva senza esitazione, complice una taratura più morbida delle sospensioni e il telaio meno rigido, che trasmette più confidenza alla massima piega.

La staccate della curva 8 e della curva 10 sono molto impegnative perché si arriva con la moto piegata, e sono seguite poi da brusche accelerazioni. Passiamo dal Riding Mode Race a quello Sport, meno tirato, per avere un’erogazione più dolce del motore, dei controlli più invasivi, ma soprattutto per provare l’ABS in mappa 2, che lascia alla gestione elettronica il controllo della derapata e il controllo del sollevamento della ruota posteriore. Fa strano “non controllare” manualmente questa delicata fase della staccata, ma ci fidiamo e così capiamo che può essere un valido aiuto per i meno esperti.

Rimettiamo la mappa Race per le ultime tornate. Usciamo dalla curva 10, un tornante stretto da 70 km/h. Col tempo aumenta la confidenza e spalanchiamo con maggiore determinazione, fidandoci dei controlli. L’apertura al primo tocco di gas è incredibilmente morbida, non si avverte nessuno strappo, nessuna esitazione, tutto a favore della confidenza, della prestazione e della durata della gomma posteriore. La moto poi non allarga, non scarta, ma fa strada ed esce stretta.

Notiamo parecchia differenza tra la V4 S  e la V4 S con lo scarico Akrapovic Racing che proviamo nel pomeriggio. Ci sono ben 12cv in più e 6 kg in meno. La moto ha più schiena soprattutto ai medi regimi e la connessione gas/ruota posteriore risulta perfetta. Riusciamo a guidare la V4 con il gas in mano e farla derapare come e quando vogliamo nei lunghi curvoni da 3 marcia. Ai box ci brillano gli occhi e abbiamo il sorriso stampato in faccia! La nuova mappatura della V4 my2020 gestisce al meglio la coppia, e c’è una maggiore linearità tra la richiesta, cioè l’apertura dell’acceleratore e la coppia erogata. Dosare il gas diventa più facile e rende soprattutto più prevedibili le reazioni del posteriore.

Troppo dolce?  È più efficace

L’erogazione è stata addolcita nelle prime tre marce per contenere le perdite di stabilità in fase di accelerazione. All’approccio la V4 sembra fin troppo addomesticata tra i 5.000 e gli 8.000 giri, ma con il passare dei giri si apprezza il fatto di avere una risposta meno nervosa, più efficace e anche meno stancante. Solo all’uscita dei rampini più lenti da 60km/h vorremmo un po’ più di potenza dai 4.500 ai 7.000 giri. Non si spalanca più il gas con la remora di sentire il posteriore scivolare e la moto muoversi bruscamente in accelerazione. Sarà interessante capire se la Ducati è riuscita a ricucire il gap che pagava in termini di trazione a confronto con le Yamaha e la BMW. La strada sembra quella giusta per farsi trovare pronta alla prossima comparativa.

Sul rettilineo di ritorno spremiamo al massimo i 214 CV a 13.000 giri del V4  S che grazie alla coppia di 12,6 kgm ci spara tra le curve del velocissimo circuito del Bahrain come un proiettile. In questo frangente troviamo molto utile l’uso del DWC (Ducati Wheeling Controll), che utilizzando le informazioni della piattaforma inerziale controlla l’impennata e consente di ottenere la massima prestazione in accelerazione con facilità e sicurezza. E’ molto importante trovare il giusto settaggio, perché se troppo invasivo la moto taglia parecchia potenza ed esce con meno spinta dalle curve. Lo testiamo fino al livello 1, il meno invasivo, ma il funzionamento risulta troppo libero sia nella tendenza all’impennata che nella discesa, troppo brusca.

Grazie alle ali 25 Kg sull'anteriore e si usa meno l'elettronica

Inizia poi il tratto più bello del tracciato: la esse da 200 km/h. La curva 11 è una lunga sinistrorsa in salita dove si entra fortissimo, si lascia scorrere la moto fino al centro pista, e poi a gas chiuso, e pizzicando il freno posteriore, la si richiama alla corda. Ricorda la curva Pons di Jerez, con la differenza che in uscita non c’è un rettifilo, ma una curva a destra velocissima che si fa piegati a 50 gradi, con il gas spalancato e la moto che derapa lasciando lunghe righe nere: è impossibile descrivere la scarica di adrenalina che trasmette la V4 in questo tratto della pista.

È il punto più tecnico, dove si rimane con il fiato sospeso per alcuni secondi e per fare la differenza ci vuole il pelo. È un tratto perfetto per apprezzare il vantaggio aerodinamico offerto dalle ali, che a 250 km/h aumentano il carico sulla ruota di circa 25 kg, riducendo il galleggiamento della ruota anteriore e la tendenza all’impennata. Migliorano la stabilità durante le fasi di frenata, ingresso e percorrenza curva e l’effetto complessivo permette di migliorare il tempo sul giro, perché riduce l’intervento dei controlli elettronici e permette di tenere l’acceleratore aperto per più tempo e a frenare più tardi.

Tra la curva 11 e la 12 si appoggia la terza, situazione delicata perché la piega supera i 50°. Qui il nuovo cambio elettronico DQS EVO 2, che deriva dalla Panigale V4 R, è prezioso perché sfrutta le informazioni sull’angolo di piega per assicurare la stabilità nel cambio di marcia in curva. A moto piegata ammorbidisce infatti il taglio della corrente, riducendo gli ondeggiamenti che sarebbero generati dal classico secco intervento.

In rettilineo ottimizza invece la velocità, riduce i tempi di taglio e assicura cambiate più sportive agli alti regimi, oltre i 10.000 giri. Permette inoltre di scalare senza usare la frizione, garantendo staccate ancora più efficaci. Abbiamo notato solo nelle staccate “alla morte” quando si passa velocemente dalla 6° alla 2° che a volte si fatica a inserire subito la seconda. Il sistema probabilmente legge una velocità superiore a quella consentita e per evitare dei fuori giri non permette subito l’inserimento. Basta pizziccare la vecchia cara frizione e il gioco è fatto….

La curva 12 permette di provare anche il DTC EVO 2 (Ducati Traction Control) e il DSC (Ducati Slide Control), sistemi che lavorano con la piattaforma inerziale a 6 assi che rileva istantaneamente l’angolo di rollio, di imbardata e di beccheggio e gestiscono tutte le fasi della guida: partenza, accelerazione percorrenza, uscita di curva e frenata. Il nuovo software migliora sensibilmente la gestione della potenza in uscita di curva, grazie alla strategia di controllo predittiva: gli interventi avvengono in modo molto più fluido e lineare, si riducono così i picchi di slittamento, quindi le oscillazioni, e questo si traduce in una maggiore stabilità in uscita di curva e nel miglioramento delle prestazioni sia sul giro secco che sui long run.

Sbandata ma controllata e il grip non manca mai

All’uscita delle 12 interviene molto bene anche il DSC (Ducati Slide Control), il controllo dell’imbardata. Funziona regolando l’erogazione in funzione dell’angolo di slide, migliora così l’accelerazione in uscita di curva ed evita di incappare in sbandate eccessive difficili da controllare, e che potrebbero finire con un pericoloso high side. Abbiamo provato anche il livello meno invasivo e la moto si intraversa ancora di più, ma ci vogliono km sulle spalle per imparare a sfruttare questo prezioso aiuto elettronico.

I saliscendi della pista del Barhain mettono sotto torchio  anche il sistema delle sospensioni elettroniche Ducati Electronic Suspension (DES) EVO. La versione S che stiamo guidando è equipaggiata con le Öhlins controllate elettronicamente dal sistema Öhlins Smart EC (Electronic Control) che sfrutta le potenzialità offerte dalla piattaforma inerziale: nella modalità automatica Dynamic regola in maniera automatica lo smorzamento in compressione ed estensione, adattandosi allo stile di guida.

Nelle staccate più decise la forcella offre sempre un buon sostegno e una buona pastosità, e affonda in modo graduale offrendo un ottimo feeling all’avantreno. Anche il monoammortizzatore lavora bene, senza scarti improvvisi, offrendo un ottimo risposta anche nelle accelerazioni alla massima piega. Nella Riding Mode Sport invece le sospensioni risultano un po’ troppo morbide per uso prettamente racing.

Un grande plauso finale spetta alle gomme che hanno permesso alla V4 di esprimersi e scaricare a terra tutti i 226 CV. Abbiamo usato le Pirelli in mescola SC1 nelle misure 120/70 anteriore e nella maxi 200/60 posteriore, la stessa utilizzata nel Campionato Mondiale FIM Superbike, un pneumatico race replica. Ciò che ci ha stupito non è solo grip, che si può dire infinito, ma anche la facilità con cui si riescono a scaricare a terra tutti i cavalli con la massima sicurezza. Poi c’è quello che è sempre stato il punto di forza delle Pirelli: la staccata. La confidenza è ottima non solo quando si passa da 300 a 50 km/h a moto dritta, ma in particolare quando si entra in curva pinzati, si ha la massima sensazione d’appoggio, senza effetto autoraddrizzante.

Difetti? Stanca in frenata. Servirebbe il serbatoio 'di Lorenzo'

Nell’ultimo, e sesto turno a nostra disposizione, decidiamo di simulare un long run di 8 giri a tutto gas, per verificare la costanza del passo gara dichiarata dai tecnici Ducati. Iniziamo a spingere dal primo all’ultimo passaggio, solo concentrandoci sulla guida e senza pensare troppo al funzionamento dei vari controlli. La moto è più facile e l’impegno fisico richiesto è inferiore, e così si riesce a raggiungere e mantenere il proprio limite con facilità, perché le reazioni sono più prevedibili.

Dopo qualche tornata notiamo però un affaticamento alle braccia, dovuto ad un’ergonomia del serbatoio che a nostro avviso potrebbe essere migliorata per ancorare meglio le ginocchia in staccata,  distribuendo la forza anche sulle gambe. I manubri larghi sono utili per avere più coppia al manubrio e rendono la moto più maneggevole, ma al tempo stesso affaticano le braccia, in particolare in circuiti come quello del Bahrain dove lunghi e velocissimi rettilinei si alternano a curve molto lente. Una migliore ergonomia consentirebbe un maggior controllo anche a centro curva, fissando meglio il ginocchio al serbatoio e trasferendo più forza alle pedane.

La Ducati ha fatto bene a seguire la strategia del Reparto Corse: ai piloti, ma soprattutto a noi tester la V4 my2020 è piaciuta perché riduce la fatica fisica e lascia più tempo al controllo ma soprattutto al divertimento!

 

 

 

Ducati da la possibilità a tutti di provare la V4 2020, ma soprattutto di imparare ad utilizzarla al meglio grazie al supporto dei tecnici Ducati e di un team di istruttori federali che mettono a disposizione la loro esperienza per migliorare anche la tecnica di guida in pista durante i corsi del DRE (Ducati Riding Experiece). Info su www.ducati.it.

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