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Arabia Saudita: lusso, sabbia e sceicchi, ecco la Dakar 2020

C’era una volta la Dakar in Africa, adesso la nuova frontiera è l’Asia occidentale, dove lo sfarzo fa da trampolino a un timido ritorno al passato

Dakar: Arabia Saudita: lusso, sabbia e sceicchi, ecco la Dakar 2020

Dall’Africa all’a penisola Araba, passando per il Sudamerica. Ancora qualche giorno d’attesa e poi il prossimo 5 gennaio scatterà la 42^ edizione della Dakar, un corsa che ha scritto pagine indimenticabili di storia nel Motorsport. Dopo dieci anni tra Perù, Argentina, Cile e Bolivia, adesso è arrivato il momento dell’Arabia Saudita.

Sarà uno scenario inedito per tutti i partecipanti, dal momento che per la prima volta nella storia il Paese ospita il RAID. Ad attendere i protagonisti un percorso di ben 5000 km di prove speciali per la lunghezza totale di 7900km in quello che è considerato come il Regno della Sabbia.

In questi 42 anni ne ha fatta di strada la Dakar, da quando a fine dicembre si partiva da Parigi per poi puntare dritti all’Africa. Un terreno pieno di insidie e d’ostacoli che nel tempo non ha fatto il minimo sconto, a tal punto da piangere troppe vittime sul campo. Eppure, come dicono i francesi, C’est la Dakar”, quasi a significare un qualcosa di veramente unico e inimitabile. Ecco perché, quando la corsa si è spostata in Sudamerica, nel 2009, l’unica valore che portava dietro con sé il RAID era soltanto il nome e nulla più.

Adesso è invece la volta del Medio Oriente, ovvero dell’Arabia Saudita. Gli sceicchi, il lusso, lo sfarzo, che per certi versi vanno a stonare con quello che è lo spirito nomade e avventuriero della corsa. Eppure, David Castera, nuovo direttore tecnico della corsa, punta forte su quello che potrebbe essere un ritorno al passato della gara, tanto da definire la Dakar 2020 come un foglio bianco su cui scrivere una nuova storia.

Forse il termine storia è troppo forte, calza magari meglio capitolo. Sta di fatto che per questa edizione Castera ha cercato di mescolare le carte con l’obiettivo di ridurre il gap tra i team ufficiali e quelli privati. In occasione di quattro tappe, i road book saranno infatti consegnati pochi minuti prima del via, in seguito gli ufficiali non potranno fare affidamento sui map man in determinate circostanze. Un primo passo, anche se timido, verso quello che sembra essere un’impresa al limite del possibile nel riportare il RAID al passato.

Sta di fatto che il 5 gennaio si partirà da Jeddah con la carovana che sarà chiamata ad affrontare 12 tappe con conclusione il 17 gennaio. I favori del pronostico sono tutti per la KTM, che dal 2001 ad oggi domina incontrastata la corsa, con l’ultimo trionfo che porta la firma di Toby Price. Di sicuro la Honda vorrà mettere fino al dominio, proprio come Yamaha  e Husqvarna. A tenere alti i colori italiani Jacopo Cerutti, al via con il numero 41.

Come negli scorsi anni, la redazione di GPOne seguirà live la gara con resoconti giornalieri, analisi, tempi e interviste.          

PS. Quest’anno la Dakar sbarca in Arabia Saudita, dove lo sfarzo e gli sceicchi non mancano. Peccato solo che i team privati, impegnati durante l’anno nel mettere assieme il budget necessario per partecipare al RAID, non abbiano avuto un contributo extra.  

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