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MotoGP, L'ombra del doping: quando il motociclismo svela la sua faccia oscura

I casi di riscontri positivi sono rari: West, Haga e Gobert i precedenti. Crutchlow aveva puntato il dito sul problema lo scorso anno, la FIM gli aveva risposto

MotoGP: L'ombra del doping: quando il motociclismo svela la sua faccia oscura

La parola ‘doping’ fa molto clamore nel mondo del motociclismo, perché in tutta la sua storia i casi si contano sulle dita di una mano. Per questo la notizia della sospensione provvisoria di Iannone dall’attività sportiva dopo essere risultato positivo a dei controlli ha colto tutti di sorpresa.

Lo scorso anno, avevamo parlato dell’argomento con il dottor Michele Zasa, responsabile della Clinica Mobile (QUI trovate l’intervista completa) e ci aveva spiegato come esistesse “il rischio di un uso inconsapevole di certe sostanze” proibite, che possono essere contenute per esempio in questi medicinali.

Nel caso di Andrea, non è un mistero che stesse prendendo farmaci dopo un grave infortunio alla spalla sinistra rimediato a Misano, Gran Premio che fu costretto a saltare.

Come detto, i casi di doping nel motociclismo sono rari perché, a differenza che in altri sport, i vantaggi di ricorrere a sostanze proibite non sono molto grandi.

In questo senso, la maglia nera va ad Anthony West. Il pilota australiano fu squalificato nel 2013 per 18 mesi (con efficacia retroattiva dal maggio 2012) quando correva in Moto2 dopo essere stato trovato positivo alla metilexaneamina, una sostanza stimolante impiegata anche negli integratori alimentari e nei prodotti dimagranti. West fu nuovamente sospeso per doping lo scorso anno: dopo il round di Misano del Mondiale Supersport risultò positivo ai controlli.

Rimanendo in Superbike, nel 2000 Noriyuki Haga fu squalificato dalla gara del Sud Africa e sopseso per un mese dopo essere stato trovato positivo all’efedrina. Il pilota giapponese si difese sostenendo di averla assunta involontariamente tramite un prodotto dietetico, ma la sua tesi non fu accettata. I 25 punti che gli furono tolti per la gara di Kyalami gli costarono il titolo.

Diverso il caso di Anthony Gobert. L’australiano fu per due volte trovato positivo alla marijuana: la prima volta nel 1997 quando correva in 500 con la Suzuki, che lo licenziò, la seconda nel 1998 quando correva nel campionato AMA, la SBK statunitense.

Nel Supercross, nel 2018, era stato sospeso Broc Tickle per l’uso di sostanze stimolanti, mentre nel 2015 James Stewart era stato squalificato per 16 mesi dopo essere stato trovato positivo all’amfetamina.

Proprio lo scorso anno, Cal Crutchlow aveva sollevato il problema doping in MotoGP: “chi pensa che qui non ci sia chi usa sostanze, che prende scorciatoie, è un illuso” aveva dichiarato (QUI l’intervento integrale).

Gli aveva risposto l’allora presidente FIM Vito Ippolito in una nostra intervista: “Cal ha ragione, i controlli antidoping vanno incrementati”.

Quello di Iannone è il primo caso che coinvolge un pilota della MotoGP, ma bisognerà aspettare le seconde analisi e la sua versione prima di capire cosa abbia veramente fatto.

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