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MotoGP, Ramon Forcada: “la moto vera? la 500 2T, l’uomo faceva la differenza”

Il capotecnico festeggia 30 anni nel paddock: “La moto che ricordo con più affetto era la NSR 500. Serviva essere dei bravi meccanici. La RC211V 5 cilindri peró era un gran pezzo di meccanica”

MotoGP: Ramon Forcada: “la moto vera? la 500 2T, l’uomo faceva la differenza”

Trent’anni di Motomondiale al fianco di campioni con cui ha condiviso gioie, trionfi e anche sconfitte. Non è mancato nulla nella lunga carriera di Ramon Forcada, che da questa stagione segue Franco Morbidelli nel team SIC Petronas, dopo aver affiancato in passato Jorge Lorenzo e Maverick Vinales.

Il capotecnico spagnolo si è raccontato in questa intervista rilasciata al sito di Honda Repsol.

“Sono arrivato nel Motomondiale al fianco di Criville che vinse il titolo nel 1989 e dopo 30 anni sono ancora qua nel paddock. Ricordo ancora che la mia esperienza inizio con JJ Cobas, che per l’occasione poteva fare affidamento sul sostegno di Repsol. In quell’anno riuscimmo a vincere il titolo con Criville e fu un qualcosa di veramente unico”.

Cosa rimane ad oggi di quell’esperienza al fianco di Antonio Cobas?

“È un vero peccato che Antonio non sia più qua al nostro fianco, dato che ha segnato un’era nel motociclismo con i suoi telai. Era una persona molto trasparente e leale, il quale diceva sempre: “non potrai mai essere sicuro di una cosa fino al momento in cui non l’avrai provata". Le sue idee hanno sicuramente condizionato questo sport e i telaio attuali sono merito del suo genio”.

Quanto è cambiato il Motomondiale rispetto agli anni ’90?

Moltissimo! Prima si condivideva tutto assieme, a partire dai viaggi, a bordo del bus o del camion, fino ad arrivare al weekend da gara, dove si mangiava e si trascorreva la maggior parte del tempo nel box. Non solo con i membri di uno stesso team, ma anche con gli altri. Tra l’altro non c’erano le hospitality di oggi, che sono arrivate a prendere il sopravvento su tutto il resto, inoltre i ritmi di lavoro consentivano un maggior relax”.

Hai lavorato con la 125cc, 250cc, 500cc, 990cc, 800cc e 1000cc. Quale preferisci tra queste categorie?

"Ogni classe ha qualcosa di positivo e negativo. La moto che ricordo con più affetto è la Honda NSR 500. Poi c'era la 990cc, la prima MotoGP, che era una cinque cilindri a quattro tempi. Era un motore semplicemente spettacolare,  molto semplice senza troppa tecnologia”

Domanda secca: motore due o quattro tempi?

“Ovviamente due tempi. Ognuno poteva intervenire e apportare le modifiche che erano necessarie, mettendo in atto trucchi e conoscenze,  di conseguenza emergeva quello che era il vero valore di meccanici ed ingegneri. Ad oggi invece non puoi più fare nulla, tra l’altro c’è tantissima elettronica che predomina la scena, tanto che il lavoro manuale serve poco a niente”

Nel rapporto tra pilota e meccanico qual è la cosa più importante?

“È la fiducia a livello tecnico. Non c'è niente di meglio per un pilota che essere in grado di spiegare al proprio tecnico cosa sta succedendo e credere che lui lo risolverà. Per un capotecnico è la stessa identica cosa. La fiducia reciproca è alla base”.

Un’ultima battuta: cosa ti manca degli anni ’90 e cosa avresti voluto ci fosse in quegli anni che c’è ora?

“Mi manca sicuramente il lato tecnico, dato che in quegli anni c’è molta più manualità rispetto al giorno d’oggi. Con Cobas ricordo che eravamo un piccolo team e non potevamo permetterci di sbagliare, dato che se per sbaglio esplodeva un motore sarebbe stato un problema non da poco. Al giorno d’oggi apprezzo invece la facilità negli spostamenti, dato che vent’anni fa rimanevi molto tempo lontano da casa”

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