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MV F3 800 XX: quando ho provato ad andare più forte di De Angelis

IL RETROSCENA - Due gradi in più di piega (di Alex)  ed un po’ troppo gas sono bastati ad interrompere un test da sogno su una moto da sogno

Moto - Test: MV F3 800 XX: quando ho provato ad andare più forte di De Angelis

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Sei in sella ad un sogno su due ruote. Una macchina affilatissima, nata per i circuiti. Leggera, scattante, con un motore poderoso ed una ciclistica che fa scorrere questa ombra nera sull’asfalto che diventa vellutato e veloce, sotto di lei. Naso in carena, con il muso che punta una compatta strumentazione, dove una serie di led ti balena davanti con una danza di luce e colore che accompagna l’ultima stilla di cavalli del motore, prima che poi dica: “Hei, qui abbiamo finito, cambia marcia!” E lo fai: quarta, quinta sesta, si avvicina il veloce curvone, poi una staccata a moto quasi inclinata. Una doppia curva e poi un rampino che immette nell’ultimo tratto che porta poi al rettilineo del traguardo.

Imposti la traiettoria, freni, pieghi, punti la corda ed eccoti… pronto a dare gas. Lo sguardo è oltre e la piega è massima. Apri che ancora sei con il ginocchio appoggiato sull’asfalto, e poi...

"Ad attendermi una signorina di gran classe, vestita di nero"

Misano quel giorno lasciava senza fiato. Un sole estivo, basso sull’orizzonte, raccontava di una giornata di corse che volgeva al termine: SBK e SS poco prima avevano mandato agli archivi ed al ticchettio dei PC la sessione del venerdì di prove libere. Era il momento per me di girare. Ad attendermi una signora di gran classe, vestita di nero, con pochi fronzoli indosso. Una estetica minacciosa, ma che badava al sodo, con dettagli racing che bastano a farti apprezzare un lavoro fatto di passione e attenzione ai particolari.

Siamo nel box MV, la giornata per i piloti è finita. Non quella dei meccanici che con orgoglio mi mostrano la loro creatura, leccata come un’elegante dama pronta per un gran debutto. La F3 800 XX è una vera special da pista, “la prima MV da corsa di serie” dice - non senza un giusto orgoglio - Andrea Quadranti, patron del team MVRC, il reparto corse che porta in gara i mezzi di Schiranna. Una moto realizzata ad hoc per pochi facoltosi fortunati che potranno permettersi uno dei circa 20 esemplari previsti da produrre.

"Quando il meccanico mi passa la moto un po’ le gambe tremano"

L’emozione è tanta. Qualche giro di pista per sistemare una rapportatura forse un pelo lunga per un circuito come Misano e poi tocca a me. Non lo nego: quando il meccanico mi passa la moto un po’ le gambe tremano. Ogni motociclista avrebbe il diritto di provare una moto così. Mi emoziona la possibilità di poter essere uno dei pochi a poter cavalcare quel gioiello da pista.

Il primo turno lo passo a studiare un po’ una moto che però si mostra di indole decisamente amichevole. Facile da condurre, con uno spazio in sella che sento comodo nonostante i miei 183 cm, ed un motore da 160 CV che, abbinato ad un poderoso tiro ai medi ed un peso di 145 Kg, ti fa schizzare fuori dalle curve in un baleno.

Un po’ di studio me lo concedo, anche per prendere dimestichezza con il cambio rovesciato che da tempo non mi capitava di usare su una moto. Meglio essere sicuri di non fare sciocchezze.

Secondo turno. “Va bene - mi dico - ora proviamo a spingere!” Testa bassa sul breve rettilineo, arrivo ad inserire la quinta marcia e poi via due marce per la “Variante del Parco”. Butti dentro l’anteriore e la senti scendere senza nessuna esitazione, capisci che il limite di questa moto è molto ben al di là del tuo.”Doppia della “Rio” e poi il tratto che porta alla “Quercia”. Che bella questa MV. Ti senti forte su di lei. Si lascia condurre con estrema disinvoltura e ad ogni apertura senti sempre una grande risposta del motore. Non trovi un paragone con altre moto. E’ qualcosa di decisamente diverso.

Arrivi nel tratto che dal “Tramonto” porta al veloce “Curvone”: senti un motore con voce cupa, carica di quella “cattiveria” esaltata dallo scarico SC. Arrivi veloce alla successiva frenata che immette poi al “Carro”. La fai di seconda, piego , punto lo sguardo in avanti e dò gas. 

"Fine della giostra"

Un attimo: il posteriore allarga, perde aderenza, pelo ma è un errore. La gomma ritrova aderenza e poi... come una tempesta sento il tre cilindri salire di giri in un attimo, sotto di me è confusione. Highside, mi trovo in aria, lo sterzo scappa. “E adesso?” penso in una frazione di secondo prima di picchiare duro su un asfalto che stavolta sento mio nemico. Il silenzio, il dolore. “No! Perché? Non doveva andare così...”. I medici attorno, l’ansia, la paura, poi la realtà. Il centro medico, la diagnosi impietosa: frattura della gamba e del polso destro. Fine della giostra, si va in ospedale.

Il responso della telemetria è inesorabile: angolo di piega troppo elevato e manopola dell’acceleratore troppo aperta. Di quanto? Beh, non lo so, ma mi dicono che confrontando i dati con quelli di Alex De Angelis, anche lui in pista quel giorno, avevo 2 gradi in più di piega e 10% di gas di troppo. Velocità? Nemmeno esagerata: 80-85 Km/h. Ecco, quello di Alex era forse il limite ed io l’ho superato. E, forse anche complice un asfalto scivoloso quel giorno, sono stato punito. Ma non ho rabbia, andare in moto è anche questo. Chi ama le moto lo sa. Chi guarda anche da lontano una moto lo sa. E’ come un grande amore che a volte può fare male. Ma il tempo poi guarirà le ferite, e l’importante è tornare in sella. Magari un po’ più ammaccato, con qualche cicatrice, ma sicuramente più innamorato.

La faccia discutibile dice tutto: voglio tornare in moto!

 

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