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SBK, Vergani: "Il ritiro di Stoner un delitto, per Melandri una ripartenza"

"Con Marco mi sono divertito nelle difficoltà. Petrucci? Puig mi disse che era un grande lavoratore e la Honda lo voleva in SBK per il 2020"

SBK: Vergani: "Il ritiro di Stoner un delitto, per Melandri una ripartenza"

C’è un amico di Melandri che lo ha definito addirittura Gesù. Stiamo parlando di Alberto Vergani, colui che il ravvenate l’ha seguito nel mondo delle corse per oltre vent’anni. Insieme hanno condiviso gioie e delusioni, senza mai arrendersi. Questo martedì 9 luglio è senza dubbio una data speciale anche per il suo manager, che commenta con dispiacere la notizia.

Dietro a ogni cambiamento c’è un miglioramento – ha esordito Vergani – quando arrivi a maturare una decisione del genere significa averci pensato e riflettuto bene. Un pilota vincente non accetta di fare dei risultati inferiori alle aspettative e quindi comprendi che è il momento di lasciare. Una volta parlavo con Agostini e lui mi disse che c’è stato un momento della sua carriera in cui determinate cose non gli riuscivano più facili e quindi ascoltò se stesso, comprendendo che era arrivato il momento”.

Vergani, qual è un momento che le rimane impresso dell’esperienza con Marco?

“Penso alla stagione 2005, reduci da un 2004 complicato. Nessuno lo voleva e gli dissi di chiamare Fausto. Gresini gli disse che se non avesse preso Pedrosa, avrebbe puntato su di lui. In quel momento a Melandri gli si è accesa una luce. Lui aveva la moto clienti, Gibernau quella ufficiale, ma nonostante questo terminò secondo nel Mondiale. Quello rimarrà un anno incredibile partendo da zero e fatto da outsider totale. Con Hayate sembravamo dei disperati e invece i risultati sono stati soddisfacenti”.

C’è stato un momento in cui magari avete litigato ed eravate prossimi alla separazione?

Mai. Io non ho mai litigato con nessuno e voglio bene anche a chi mi fa dei torti. Con Marco bastava uno sguardo e non servivano le parole. Con lui mi sono divertito nelle difficoltà. Ricordo ancora quando la Kawasaki chiuse e Melandri pensava lo stessi prendendo in giro. Nel giro di pochi mesi siamo comunque riusciti a ripartire. Lui mi chiedeva però di trovarmi una Honda, ma seguendo la mia filosofia gli risposi di vedere l’opportunità nel problema. Una volta provata la ZX-RR mi disse che non era male e poi dimostrò il suo potenziale. Ricordo ancora che un meccanico Ducati mi disse che forse dovevano farsi un esame di coscienza dopo averlo perso. Quell’anno siamo usciti dall’inferno, grazie anche al contributo di Carmelo”.

Qual è il più grande rimpianto invece?

“Tante volte siamo arrivati al posto giusto nel momento sbagliato. Mi viene in mente anche la BMW, che per sei anni non ha vinto, poi è arrivato Marco portando la moto al successo e nonostante questo decisero di chiudere. E come se giri il volante a sinistra e la macchina va a destra. La sua è stata una carriera importante, ma non è riuscito a raccogliere quanto meritava”.

Si sente un po’ vuoto dopo oggi?

“No. In realtà devo dire che già lo sapevo. Ad Aragon chiesi a Marco se lui aveva ancora voglia e mi rispose che non lo sapeva. Poi il sabato di Misano mi chiamò e alla sera mi disse che si sarebbe fermato. In quell’occasione aggiunse che avrebbe comunque voluto aspettare due gare, dato che le piste erano favorevoli per le sue qualità, ma lui la sua decisione già l’aveva presa”.

Con quale parola si può definire Melandri?

“Marco è un sopraffino. Lui è troppo sensibile e molto intelligente e tutto ciò lo porta a ragionare molto, facendogli ingigantire le sensazioni. Lui poi è molto criptico e allo stesso tempo intenso come persona”.

Cosa c’è di diverso tra il ritiro di Stoner e quello di Marco?

“Quello di Casey è stato un delitto. Aveva il contratto in tasca e la reputavo una scelta prematura. Tra l’altro l’ultima volta che l’ho incontrai mi disse che forse era stato matto a farlo. Marco invece sta ripartendo dalla casella del via dopo aver compiuto un lungo cammino come se fosse il Monopoli”

Chi sarà il nuovo Melandri?

“Difficile dirlo. Sono convinto di aver vinto tante sfide con lui e ora sta accadendo con Danilo, che si sta rivelando davvero competitivo. Lo scorso anno al Sachsenring Puig mi disse: “Quando mi parlavi di Petrucci pensavo fossi matto Alberto, forse Danilo non avrà il talento di Marquez, ma è un pilota e un lavoratore incredibile come pochi”. Mi hanno fatto piacere queste parole, anche perché Danilo sta ora dimostrando il proprio potenziale e la Honda in Superbike me lo aveva chiesto per il 2020”.  

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