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MotoGP, Rossi e Buffon, il lungo addio di due campioni che amano lo sport

Vale e Gigi. Entrambi hanno vinto tanto, ma allo stesso tempo scoperto il sapore della sconfitta. Per entrambi un altra stagione in campo. E poi?

MotoGP: Rossi e Buffon, il lungo addio di due campioni che amano lo sport

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A volte ritornano verrebbe da dire. È il caso di Gianluigi Buffon, che nella giornata di ieri ha dato il via alla sua seconda vita in bianconero. Nonostante i 41 anni compiuti lo scorso 28 gennaio, il tempo di appendere le scarpe e i guanti al chiodo per il portiere emiliano sembra essere ancora lontano. Troppo forte infatti il richiamo del campo e di quella società che per 17 anni ha indossato i colori dalla A agli inferi della B, per poi tornare sul tetto del nostro Paese, mettendo assieme ben sette scudetti consecutivi.

Già, perché il calcio rappresenta un tratto della vita essenziale dell’estremo difensore juventino, come per Valentino Rossi la sua moto, da cui pare proprio impossibile separarsi. Destini che si incrociano quelli di Gigi e Vale, come a dire così lontani così vicini. Entrambi hanno vinto tutto quello che c’era da vincere, ma allo stesso tempo sembrano essere accompagnati da una maledizione, la Champions per il portiere, il decimo titolo il Dottore.

Pur di sfatare questo tabù hanno deciso di cambiare, il primo trasferendosi in Francia al PSG, il secondo in Ducati. Due avventure che però non li hanno ripagati, tanto da negargli di realizzare quel sogno a lungo rincorso. Già, perché se l’esperienza del 46 con la Rossa si è rivelata a tutti gli effetti un flop, almeno Gigi è riuscito a consolarsi con la vittoria del Campionato. Troppo poco però per rimanere, tanto da ritornare all’ovile con gli stessi modi, ovvero in punta di piedi. Niente muri infatti per il 46 alla sua seconda vita in Yamaha al fianco di Lorenzo: “Questa volta io e Jorge saremo vicini vicini” disse scherzando in conferenza stampa a Indianapolis il Dottore, niente maglia numero uno o fascia da capitano per l’estremo difensore.

Non c’era però da fidarsi più di tanto da uno come Rossi, o meglio da un campione che agisce secondo il suo killer instinct. Gli sono infatti bastati due anni per ristabilire le gerarchie all’interno del box e mettere Lorenzo all’angolo, a tal punto da obbligarlo al passaggio in Ducati, come a dire: “Caro Jorge, la Yamaha è il mio territorio. In quei due anni te l’ho solo prestato, ora me lo riprendo”. Sarà anche vero che Buffon non ha la stessa età di Rossi di quel tempo, ma se fossimo in Szczesny eviteremmo di dormire sonni tranquilli.

Già, perché quel killer instinct che ti porti dentro sembra essere praticamente impossibile da sopraffare, qualunque sia la tua età. E allora ecco Valentino che con la sua Yamaha e il proprio team continua a dare l’assalto a quel maledetto decimo titolo. Gli anni passano e forse il decimo mai arriverà, ma lui non vuole saperne di demordere, proprio come Gigi, che potrà fare affidamento su un gruppo di campioni come Ronaldo per salire sul tetto d’Europa alzando la Coppa dalle lunghe orecchie. E anche se sarà da panchinaro poco importa.

Entrambi hanno vinto tanto, ma allo stesso tempo scoperto il sapore della sconfitta, tanto da dover convivere con coloro che gli dicevano che era giunto il tempo di appendere guanti o casco al chiodo. Eppure loro sono ancora lì, sul campo di battaglia, con le proprie ambizioni, ma soprattutto con quello spirito che gli permette di andare oltre un semplice numero impresso sulla propria carta d’identità. E insieme a loro anche gli appassionati, che hanno accolto il ritorno di Buffon a Torino con un bagno di folla o sostenuto il Dottore al Mugello in oltre 100 mila, nonostante la sua partenza dalla 18^ casella sulla griglia.

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