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La doppia faccia di Yamaha: cresce in SBK, soffre in MotoGP

Il progetto SBK è cresciuto gara dopo gara fino alla vittoria di Jerez, quello MotoGP brancola nel buio. Che Rossi e Vinales possano imparare da Van Der Mark e Melandri?

SBK: La doppia faccia di Yamaha: cresce in SBK, soffre in MotoGP

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Il fine settimana di Jerez de la Frontera, unito al precedente del Mugello, ha regalato spunti e parallelismi interessanti tra Superbike e MotoGP, i due campionati più importanti per il motociclismo in pista e dove diverse case cercano di primeggiare. Vi sono costruttori impegnati solo in uno dei due, come Kawasaki o Suzuki, ed altri che hanno la forza di presentarsi (in forma ufficiale) ai nastri di partenza di entrambe le competizioni, come Yamaha.

Ecco, il caso di Yamaha è uno dei più spinosi al momento, per diverse ragioni. Non è un segreto infatti che per una casa come quella dei tre diapason la MotoGP sia la principale vetrina, seguita in seconda battuta dalla SBK, ma la situazione attuale regala qualche soddisfazione solo se si guarda alle derivate di serie, prendendo in considerazione l’interno contesto.

YAMAHA MOTOGP – La difficoltà di restare al passo

Il 2018 per la Yamaha in MotoGP è stato senza mezzi termini una via crucis. Una sola vittoria in tutta la stagione e le scuse ufficiali al Red Bull Ring dell’ex project leader Kouiji Tsuya sono solo la punta dell’iceberg, che rappresentano comunque al meglio l’andamento delle cose. Nello scorso inverno qualcosa si è mosso, con l’arrivo di un nuovo project leader (Takahiro Sumi) e soprattutto la nascita del tanto agognato test team capitanato da Jonas Folger. Segnali di rifondazione, un concetto che tra l’altro è stato tra i capisaldi della presentazione delle nuove M1, nel febbraio di quest’anno.

Poi però i primi semafori della nuova stagione si sono spenti, e le prime problematiche sono emerse. Dopo sole cinque gare infatti sia Valentino Rossi che Maverick Vinales sono (quasi) tagliati fuori dalla lotta per il titolo, con tre podi conquistati in totale, ed i problemi lamentati dai due piloti sono chiari: accelerazione e velocità massima latitano, ed il grande vantaggio in curva di una volta pare oramai sparito.

A tutto ciò si somma la variabile un po’ impazzita del team Petronas, che specie con Quartararo spesso è apparso più veloce del team ufficiale, segno che i progressi nel team ufficiale stiano andando pressochè a rilento. Insomma, una situazione difficile da risolvere, e che pare potrà sensibilmente migliorare solo nei test di agosto a Brno, quando il campionato sarà ormai al giro di boa.

YAMAHA SBK – Quando lavorare paga 

Premessa: lungi da chi sta scrivendo definire trionfale una stagione dove un’altra casa sta dominando il campionato, ma come in ogni situazione i risultati di ciascun costruttore vanno inseriti nel loro determinato contesto.

Il primo importante cambiamento nella sfera Yamaha SBK per il 2019 è stato l’arrivo di un nuovo team satellite, il team GRT, che dopo vinto il titolo 2017 della Supersport ha deciso di compiere il grande salto in Superbike insieme a Marco Melandri ed a Sandro Cortese (campione Supersport in carica). Il team ufficiale dal canto suo si è presentato ai nastri di partenza con gli stessi piloti dell’anno precede, Michael Van Der Mark e Alex Lowes, ma con una nuova consapevolezza.

Le ultime stagioni hanno infatti consegnato maggiore esperienza al gruppo di lavoro guidato da Andrea Dosoli, arrivato Phillip Island con una R1 rivista in termini di ciclistica e pronta a ridurre il gap da Kawasaki e Ducati. Il primo podio per la casa di Iwata è arrivato già in Gara1 grazie al più esperto tra i quattro piloti in blu ossia Marco Melandri, che ha regalato al suo team rookie un esordio da sogno.

La Thailandia e le successive gare hanno parlato di una Yamaha veloce, ma non ancora in grado di battere né Kawasaki né Ducati, un risultato non in linea con le aspettative. Ma ecco delinearsi, gara dopo gara, una sostanziale differenza con l’operato del gruppo Yamaha impegnato in MotoGP.

Lo sviluppo della R1 infatti è proceduto in maniera lineare, gara dopo gara, tanto che la casa dei tre diapason si è presentata ai test di Misano in grande forma, con diverse novità da sottoporre ai suoi piloti, ed i risultati del lavoro svolto non hanno tardato ad arrivare. Il Marco Melandri visto nell’ultimo weekend di Jerez è apparso infatti un altro pilota, forte di un nuovo serbatoio che gli ha regalato una migliore posizione in sella e grande confidenza, armi con le quali ha conquistato due podi, che sarebbero (forse) potuti essere tre senza la caduta di Gara2.

Ma il più rivitalizzato dal lavoro di Yamaha è stato Michael Van Der Mark.Sin dai primi giri delle FP1 mi sono sentito molto più a mio agio rispetto al passato, e durante il weekend non ho dovuto fare grandi modiche”, queste le parole dell’olandese al termine di Gara2, che ha sottolineato gli ottimi sviluppi portati da Yamaha a Misano e come la moto sia notevolmente migliorata rispetto alle prime manche stagionali.

Il buon operato di Yamaha in Superbike inoltre ha portato un team storico come Ten Kate a scegliere la casa di Iwata per il proprio ritorno tra le derivate di serie, e le parole di Roland hanno lasciato presagire la nascita di una collaborazione dal potenziale notevole. Insomma, si può davvero parlare di una Yamaha a doppia faccia: da una parte i piloti seguono strade diverse e dei reali progressi non si intravedono, dall’altra piloti meno titolati hanno collaborato con la casa facendola diventare (forse) seconda forza del campionato, accorciando certamente il divario dalla vetta.  

Dicevamo in apertura che Yamaha punta in primis alla MotoGP. Ecco, forse prendere spunto dall’operato in Superbike potrebbe essere una medicina per il futuro.

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