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Suzuki Katana - TEST

Se il design si ispira alla celebre antenata del 1981, la ciclistica evoluta ed il motore generoso e potente regalano tanto feeling e prestazioni da super-naked. Sfruttabile in città, si esalta fuoriporta.

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Appena sali in sella capisci di che pasta e fatta. Seduta sostenuta, sospensioni dal set-up sportiveggiante, manubrione largo e rialzato quasi in stile motard.

Con il 4 cilindri che borbotta roco tra le gambe. Parabrezza inesistente e pedane arretrate quanto basta. Se prima di cavalcarla se ne apprezzano le linee tese e lo stile heritage, una volta a cavallo non vedi l’ora di inserire la prima e scoprirne il potenziale.

Come è fatta

La felice matita di Rodolfo Frascoli ha saputo reinterpretare le linee della prima, mitica Katana degli anni ‘80. I volumi rimangono piuttosto fedeli all’originale, con la parte posteriore snella e l’anteriore caratterizzato da linee nette, tese, che ne accentuano il dinamismo. Immancabile il faro quadro, oggi full-led, alla cui sommità ritroviamo un plexiglass minimal fumè di chiara connotazione stilistica.

La semicarenatura si integra con i volumi importanti del serbatoio connotando in maniera univoca la vista laterale di questa Suzuki. Ciclistica e motore totalmente neri, si completano perfettamente con le sovrastrutture catalizzando l’attenzione anche dei piloti più sportivi.

Suzuki Katana Test

Il cuore pulsante è il quadricilindrico frontemarcia bialbero 16 valvole di derivazione GSXR K5. Ha una cilindrata di 999 cc, ed è alimentato da corpi farfallati da 44 mm con doppia valvola a farfalla (la secondaria comandata da servomotore per migliorare l’efficienza e rendere l’erogazione più progressiva). La potenza raggiunge i 150 CV a 10.000 giri/min mentre la coppia massima è di 108 Nm a quota 9,500.

La frizione è multidisco in bagno d’olio con comando a cavo e sistema antisaltellamento mentre il cambio è a 6 rapporti.

La ciclistica si fonda su un bel telaio a doppio trave in alluminio completato all’anteriore da una forcella USD completamente regolabile con steli da 43 mm e 120 mm di escursione mentre al posteriore troviamo un forcellone con capriata di rinforzo sul lato sinistro (lo stesso della GSXR 2016) su cui agisce attraverso leveraggio progressivo un mono regolabile nel precarico e nell’idraulica in estensione.

Entrambi gli elementi sono forniti da Kayaba. Interasse 1.450 mm, cannotto di sterzo inclinato di 25°, avancorsa 100 mm, peso a secco 215 Kg.

La triade di dischi si compone all’avantreno di due unità flottanti da 310 mm morse da pinze Brembo ad attacco radiale e 4 pistoncini, mentre al posteriore la pinza Nissin ad un pistoncino agisce sul disco fisso da 250 mm. L’ABS a due canali è fornito da Bosch.

Come va

Saliti in sella si rimane soddisfatti dalla buon inserimento e dall’ergonomia davvero soddisfacente. Il manubrio è appena più largo delle nostre spalle, rialzato quanto basta e sufficientemente vicino al busto da essere impugnato con naturalezza, lasciando braccia e polsi morbidi, infondendo una sensazione di controllo elevata già a moto ferma.

La sella è ben sagomata, larga nel posteriore e snella nella parte di congiunzione col serbatoio, permette di cingere adeguatamente con le ginocchia le sovrastrutture. L’imbottitura è sostenuta ma a ben vedere non causa precoci indolenzimenti delle terga. Le pedane sono arretrate, senza eccessi, discretamente distanziate dal piano di seduta permettendo un buon comfort delle gambe.

La prima parte della prova si è svolta a Milano. La pioggia ci ha accompagnato durante tutta la giornata, richiedendo un’attenzione extra nella guida sul lastricato e tra le rotaie del tram. Abbiamo comunque immediatamente familiarizzato con la Katana, che si è lasciata apprezzare per la buona qualità delle sospensioni Kayaba, dal setting sostenuto ma anche capaci di una buona progressività e sufficientemente scorrevoli per filtrare le indecisioni più lievi dell’asfalto. Il manubrio alle andature pedonali si dimostra un valido timone, mentre il corretto posizionamento delle masse aiuta a dissimulare una parte degli oltre due quintali di peso a vuoto della moto.

La frizione va interpretata, discretamente modulabile ma con una fase d’attacco decisa, bastano un paio di ripartenze al semaforo per instaurare un rapporto di complicità.

Il 4 cilindri si mette in luce per la volontà di riprendere in sesta già dai 1.500 giri senza rifiuti né vibrazioni, ma soprattutto esalta per la capacità di spingere in modo costante dai regimi inferiori.

Unico neo una risposta a nostro giudizio un po’ troppo diretta ai primi gradi di rotazione dell’acceleratore, accompagnata da un leggero effetto on/off, che limita solo in parte il piacere di guida alle basse velocità. Sui fondi sdrucciolevoli impressiona il grip dei Dunlop Sportmax Roadsport 2 (120/70 e 190/50) con carcassa appositamente realizzata per questa Katana e piace il controllo di trazione (disponibile su 3 livelli ed escludibile) che mai troppo invasivo ed oltremodo progressivo nell’intervento.

Le quote ciclistiche agili ed il largo manubrio aiutano a districarsi con una certa disinvoltura anche nel traffico permettendo di scivolare abbastanza agevolmente tra le auto incolonnate. Peccato che l’angolo di sterzo non sia altrettanto generoso limitando qualche manovra sullo stretto.

La frenata convince per modulbilità e morbidezza all’attacco, quanto mai preziose in una giornata così umida.

Abbandonata Milano abbiamo diretto verso Pavia. La prima parte del trasferimento è stata svolta in autostrada dove questa Suzuki ha davvero convinto per stabilità e spinta del motore.

Ai 130 di codice il quadricilindrico riposa a 5.500 giri e permette di effettuare qualsiasi sorpasso in sesta con la massima disinvoltura. La protezione aerodinamica è inesistente ma a conti fatti l’assenza di vortici permette di viaggiare con un certo confort (rispetto all’estrazione del veicolo) anche per diversi chilometri.

Il brutto tempo purtroppo non ha permesso di saggiare adeguatamente le doti della ciclistica tra le curve, ma l’esperienza tra statali e provinciali è servita comunque a chiarire una volta di più l’esuberanza del motore capace letteralmente di impressionare con una spinta veemente oltre gli 8.000, dimostrando da questo punto di vista un legame diretto con l’unità di derivazione della sportivissima GSXR.

Le vibrazioni (di alta frequenza, medio-bassa intensità) sono avvertibili a cavallo dei 7.000 giri, un regime comunque transitorio che limiterà, quindi solo in modo marginale, il feeling. L’avantreno anche in condizioni di bassa aderenza aiuta ad infondere fiducia, risultando ben caricato e capace di restituire il feedback necessario per svoltare con una certa naturalezza, magari aiutando a minimizzare l’angolo di piega adottando una guida di corpo.

Il posteriore lascia presagire un potenziale alto nella guida dinamica, riuscendo a copiare le indecisioni dell’asfalto, assicurando tanta trazione, e comunque capace di limitare il beccheggio nelle ripartenze col coltello tra i denti.

Una moto dalle emozioni forti, consigliata a motociclisti esperti che oltre allo stile siano interessati alla sostanza. Per inciso, se stuzzicato nelle marce basse, inutile raccontarvi quanto questo millone faccia di tutto per puntare la ruota anteriore verso il cielo, nonostante il bilanciamento corretto della ciclistica e la nostra voglia di caricare quando più possibile l’avantreno.

Siamo scesi di sella felici della giornata insieme a questa empatica Suzuki, ma anche con un po’ con l’amaro in bocca per non averne potuto saggiare adeguatamente tutto l’altissimo potenziale. Ma a questo proposito ci riserviamo riprovarla approfonditamente al più presto.

Quanto costa

La Katana è già disponibile presso le concessionarie nella classica livrea argento o in nero ad un prezzo di 13.690 euro. Chi deciderà di acquistarla entro il 30 aprile avrà accesso all’esclusiva Launch Edition con terminale Akrapovic in titanio omaggio, del valore di circa 900 euro.

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