Tu sei qui

MotoGP, Rivola: "Vorrei meno elettronica sulle moto, castra il pilota"

Il numero 1 di Aprilia Racing: "dovremo essere bravi a mantere lo spirito libero del motociclismo, ma la Formula 1 può insegnarci tanto"

MotoGP: Rivola:

I test di Sepang non hanno solo segnato il debutto in pista delle nuove moto, ma anche di Massimo Rivola, numero 1 di Aprilia Racing. Un passato importante in Formula 1 (partendo dalla Minardi, per poi passare a Toro Rosso e Ferrari) e soprattutto una grande passione per le due ruote. Automobilismo e motociclismo sono due mondi per certi versi molto simili, ma per altri molto diversi.

In Malesia Rivola ne ha avuto la conferma: “questo è un ambiente certamente diverso da quello a cui ero abituato, è meno freddo e più coinvolgente, forse anche perché le MotoGP fanno molto più rumore delle attuali F1” ha scherzato.

Battute a parte, sono molte le differenze tra le due serie e il manager di Aprilia è preoccupato che le due ruote possano prendere la deriva delle quattro, in cui gli ingegneri contano più dei piloti.

La F1 è sempre stata, e penso debba continuare a essere, un faro tecnologico - ha spiegato - ed è vero che nel mondo della moto rimpiangiamo tutti i 2 tempi e i primi anni della MotoGP i cui i piloti facevano dei traversi incredibili. Io, da appassionato, tornerei lì, dove il pilota fa la differenza”.

In poche parole: più polso e meno computer, per fare una provocazione.

Per me c’è troppa elettronica nella MotoGP - ha sottolineato - andrebbe riconsiderato come tema dal punto di vista regolamentare altrimenti si rischia di arrivare a un punto già toccato dalla F1 in passato, quando al pilota bastava tenere premuto il piede sull’acceleratore. Ora il pilota vale tanto sulla bilancia e più lo castri meno conta, con troppa elettronica si rischia un appiattimento del talento”.

L’automobilismo, però, ha anche tanto da insegnare se si fanno le dovute proporzioni. Perché, è bene ricordarlo, i budget delle scuderie della F1 sono incredibilmente più grandi di quelle dei team di MotoGP.

Nei test, la Ferrari arriva con 150 persone, ci sono dei gruppi di tecnici soprannominati ‘pipistrelli’ perché lavorano la notte, dalle 8 di sera alle 8 di mattina, per continuare sempre il lavoro . Se noi volessimo fare la stessa cosa, svuoteremmo l’azienda” ha scherzato.

Questo non toglie che ci si possa ispirare a quelle strutture.

Ma senza fare ‘copia e incolla’ - ha avvertito - Nelle moto il pilota è molto più importante, anche per una questione di rischio e dei movimenti, il modo in cui sta in moto e la sua corporatura hanno un’influenza sull’aerodinamica e tanti altri aspetti. Ci sono differenze anche nell’approccio del pilota al lavoro nei confronti del team. Qui il pilota scende dalla moto e racconta tutto quello che il suo corpo, con tutti i sensi, ha raccolto. In F1, invece, c’è una telemetria in tempo reale che ti consente di sapere cosa sta facendo il pilota, a cui si aggiunge il riscontro diretto attraverso la comunicazione radio: ciò velocizza tutti i processi.

Qualche esperimento sulle comunicazioni radio era stato fatto in passato e anche Rivola si è dimostrato diffidente.

Potrebbe essere pericolosa perché è una distrazione per il cervello - ha spiegato - In F1 abbiamo fatto studi approfonditi, il pilota deve allenarsi nel modo specifico per riuscire a raccogliere queste informazioni senza distrarsi dalla guida e perdere prestazioni. Lo stesso vale quando è il pilota a parlare, chi è più bravo riesce a tornare alle sue consuete prestazioni dopo appena una curva, ad altri serve un giro”.

Però il metodo di lavoro può essere cambiato e le nuove tecnologie cambieranno il volto del motociclismo più di quanto non l’abbiamo già fatto. Per esempio, Aprilia, come i principali rivali, sta sperimentando un sistema per sovrapporre le immagini video dei vari piloti, anche delle altre marche, per fare delle comparazioni.

Credo che ci sia ancora un mondo da scoprire e quando capiremo di essere di fronte a un pozzo senza fondo, come la F1, il rischio è quello che esploda - ha avvertito Rivola - Dovremo stare attenti a mantenere lo spirito libero del motociclismo. Il pilota non deve diventare un ingegnere ma deve sapere che ci sono tantissimi strumenti a sua disposizione. Credo che oggi il pilota riceva ancora troppe poche informazioni. Mi spiego: non dico che in F1 il pilota sia diventato un mero esecutore di quello che dice la squadra ma in un certo senso è così, mentre nelle moto è la squadra che segue il pilota. L’approccio dev’essere più ingegneristico, basato maggiormente sui dati e i numeri, il rischio di andare sempre dietro al pilota è essere portati nella direzione sbagliata. Noi lo sappiamo bene, nel 2018 avevamo preso una strada che non era evidentemente corretta”.

Articoli che potrebbero interessarti