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MotoGP, Dovizioso: "Essere prima o seconda guida non mi ha mai fatto effetto"

Andrea è convinto: "Le sensazioni che provo sono migliori, perché avverto di essere più vicino all'obiettivo che voglio raggiungere" 

MotoGP: Dovizioso: "Essere prima o seconda guida non mi ha mai fatto effetto"

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La fiducia è grande e lui non lo nasconde. Andrea Dovizioso è senza dubbio il cavallo su cui puntare in casa Ducati, ancora di più dopo le ultime due stagioni che l’hanno visto in lotta per il titolo. Il forlivese è quindi carico per un 2019 dove sogna di essere protagonista.

“È tutta una questione di sensazioni, perché avverto di essere più vicino all’obiettivo che voglio raggiungere – ha esordito Andrea – questo è ciò che intendo quando dico di sentirmi più comodo. So di essere nel posto giusto, in cui ho lavorato per sei anni, all’interno di un ambiente che mi ha consentito di ottenere risultati produttivi, nonostante magari le litigate. Ovviamente bisogna lottare con tanti aspetti e tutto ciò diventa più complicato”

Andrea riparte dal secondo posto dell’ultima stagione.

Come ho già detto, quanto accaduto nel 2018 è stato importante, non solo per la seconda parte di stagione, ma per averla vissuta in modo diversa rispetto a quelle precedenti. Siamo riusciti a essere tranquilli e competitivi nonostante le difficoltà e tutti ciò ha creato convinzione. Non so se basterà o meno per il 2019, ma tutto ciò mi ha consentito di trascorrere un buon inverno. È vero che ogni anno ha la sua storia, però ci portiamo dietro qualcosa di buono”.

Dovi torna poi sul termine comodo, utilizzato più volte in conferenza.

Comodo è più che altro riferito al fatto di avere delle sensazioni positive. È come quando pensi a una cosa che devi fare, magari puoi essere eccitato o preoccupato, io invece so cosa mi aspetta. Dentro di me posso dire di essere eccitato, perché ho la consapevolezza di quella che è la base del progetto. In questo momento ci stiamo infatti preparando alla storia che dobbiamo scrivere”.

A differenza delle precedenti stagione, Andrea sarà a tutti gli effetti il numero uno in squadra.

“Essere il numero uno o due non mi ha mai fatto effetto, un esempio sono state le ultime stagioni con Jorge, dove si puntava al titolo con lui. A volte la gente si dimentica di come un pilota vive la sua vita, di cosa gli succede. Negli ultimi due anni ho continuato a lavorare e rimanere concentrato. A volte il passato descrive bene un pilota, ma non sempre basta, questo per dire che essere prima o seconda guida conta poco.  Per quello che posso dire,  essere in Ducati significa avere la massima fiducia da parte dell’azienda”.

Al suo fianco il forlivese avrà Danilo Petrucci. Un pilota con cui non dovrebbero esserci problemi di convivenza.

“Al momento non possiamo saperlo, il nostro rapporto è migliore di quello che avevo con Jorge. Tutto ciò consente infatti di allenarci insieme e scambiare opinioni. Può essere quindi un valore aggiunto che ci offre dei vantaggi. Di sicuro durante una stagione ci sono tanti fattori che potranno emergere, anche se lui ha importanti strumenti vista l’esperienza alle spalle. Tra l’altro Danilo è molto aperto e penso sia un bene, credo che lui abbia molto più potenziale di quanto la gente pensi”.

L’attenzione torna poi sulla convivenza con Lorenzo, dove non sono mancati i problemi.

Quello è palese. Come detto, quando ci sono due piloti forti sono cose normali che capitano. Anzi, secondo me potevano succedere cose peggiori, come magari accaduto in passato. Adesso credo ci sia un’armonia diversa in confronto al passato e magari potrebbe essere anche un’anomalia”.

Pressione?

“Se sei un pilota ufficiale non puoi soffrire queste cose, se patisci la pressione saresti immaturo. È normale che ci sia quando ambisci a qualcosa di grande come un Mondiale. Come ho sottolineato, mi sento più comodo perché  vivo di più la mia situazione, piuttosto che il contesto generale”.

Di sicuro Andrea si presenta ai blocchi di partenza con tanta consapevolezza rispetto al passato.

 “Nel 2017 non eravamo così forti, c’erano tante speranze e molti dubbi. Lo scorso anno arrivavamo da un grande 2018, ma sul lungo periodo abbiamo capito che non eravamo così completi. Di sicuro adesso mi sento in una situazione migliore rispetto a un anno fa, ma c’è ancora tutto da scrivere”.

Il 2018 ha comunque lasciato tanti insegnamenti al forlivese.

Più che imparare ho capito diverse cose, come ad esempio l’assetto della moto. Penso alle cadute di Jerez e Le Mans, dato in quelle situazione eravamo in lotta per il mondiale, ma accusavamo in termine di assetto, visto che non avvertivo la giusta fiducia. Abbiamo capito che dovevamo lavorare in modo diverso, nonostante ci fosse poco tempo da una gara all’altra. In questi casi l’esperienza è fondamentale per migliorare, anche perché in passato non avevo commesso così tanti errori. Da Brno è stato però compiuto un importante passo avanti, anche perché la moto è cresciuta”.

Piste che mi preoccupano?

Quella della Malesia è stata una gara terribile – ha ricordato – lo stesso vale per America, Argentina e Sachsenring. Ogni anno però la storia è diversa”.

La mente è ora proiettata a Sepang.

 “Non abbiamo cambiato molto rispetto allo scorso anno e in Malesia saremo allineati col lavoro. Ci sono diverse cose interessanti da provare, concentrandoci magari su diversi dettagli. Personalmente sono felice, anche perché avere la moto nuova già a Valencia non è mai stato scontato. Sullo schieramento vedremo diverse Ducati e questo sarà utile per capire il livello, anche perché è difficile che un pilota riesca ad essere al top per tutte le ore col caldo”.  

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