Dopo un legame decennale ed indissolubile con lo schema dei 2 cilindri a V ( o a L) per le sue supersportive, il 2018 segna il definitivo passaggio di Ducati alla nuova era del 4 cilindri. Se su strada la svolta si ebbe già lo scorso anno con la presentazione della Panigale V4 1100 e motore Desmosedici Stradale con la recente V4R il passaggio di consegne, storico per la casa bolognese, arriva anche sulle corse.
Prima con l'abbandono del telaio a traliccio, altro simbolo della tradizione Ducati, con il debutto della prima Panigale - nel 2011 - e poi con il nuovo motore, arrivato lo scorso anno in versione "Stradale", e ad EICMA 2018 il debutto ufficiale dello "Stradale R", le sportive di Borgo Panigale hanno definitivamente rotto i ponti con la tradizione.
Marco Sairu, Responsabile dei motori in Ducati, compreso l'ultimo della Panigale V4R, spiega il perché di questa svolta tecnica, non solo al cuore ma anche per quel che riguarda la ciclistica che, dopo il traliccio in tubi di acciaio, ha visto l'introduzione del monoscocca scatolato per poi arrivare al "front frame" della V4 1100 e che, con la nuova V4R, viene ulteriormente affinato nelle rigidezze per competere in pista.
Una storia a 2 cilindri che si chiude per Ducati, si volta pagina.
"Ed un po' mi dispiace perché ero affezionato a quel motore", ci confessa l'ing. Sairu che poi spiega: "Il V2 ha vissuto diverse evoluzioni, almeno per come è configurato all'interno. Nasce come Testastretta poi evoluto in Superquadro che è l'unità che ha corso fino alla scorsa stagione anche in SBK. Adesso arriva la versione Desmosedici Stradale R con la V4, 1000 di cilindrata".
La Panigale nel 2011 segnò una svolta radicale anche per la ciclistica: si passò dal traliccio ad una nuova struttura scatolata. Da cosa fu dettata la scelta?
"In quel periodo avevamo un obiettivo molto preciso: incrementare la potenza del motore di 10-15 CV ma puntando anche a ridurre, più o meno dello stesso valore in chili, il peso della moto. L'evoluzione ci portò a sviluppare un bicilindrico ma dall'alesaggio maggiorato (da lì il nome Superquadro) per poter girare più in alto ed avere più cavalli. Allo stesso tempo c'era però la necessità di una diversa integrazione motore/veicolo e il disegno del monoscocca ci consentiva di raggiungere l'obiettivo della leggerezza abbinata alle maggiori prestazioni del motore."
A questo pacchetto però è mancata la consacrazione della vittoria in un mondiale. C'erano dei limiti? Quali?
"Definire una causa precisa è sempre un po' difficile. Bisogna correlare la situazione agli avversari in pista. Alcuni hanno criticato l'eccessiva rigidezza del telaio, ma anche a detta dei piloti, questo non era un punto così critico da gestire in gara. "
Il progetto V2 era al limite?
"Si poteva forse fare qualcosa, ma per avere più potenza avremmo estremizzato troppo il rapporto alesaggio/corsa. Per quello che era il nostro obiettivo in termini di coppia e potenza. Avremmo sbilanciato certi equilibri, con conseguenti difficoltà nella messa a punto. Poteva ancora dire la sua su strada, ma per cercare più cavalli avremmo avuto un motore un po' più ingombrante e una struttura del monoscocca ancora più rigida, perché più tozza. È stato quindi più conveniente ripartire da "zero" forte anche della esperienza in MotoGP con il 4 cilindri a V."
Con il "front frame" si è cercata minor rigidezza, perché?
"Serviva una struttura che lavorasse meglio ai massimi angoli di piega, quindi più rigido a moto verticale (frenata, accelerazione) e meno rigido in condizione di piega . Il telaio della V4 e poi della V4R ha rigidezze diverse per avere una moto ancora più comunicativa. Una situazione che si avvicina a quanto visto con la MotoGP."
Perché il 4 cilindri a V? Dove ha la meglio rispetto ad uno schema 4 in linea?
"Si parte innanzitutto da un discorso legato agli ingombri trasversali, che con lo schema a V sono minori, inoltre, da considerare, che con il V4 e la configurazione Twin Pulse abbiamo raggiunto un risultato un po' più "Ducati" con gli scoppi più vicini ad un bicilindrico, oltre ad avere maggiore potenza."
Un risultato "Ducati" che si vede anche nella conferma delle bancate a 90°.
"Rimaniamo fedeli all'angolo di 90°, che resta una soluzione che bilancia automaticamente le forze di inerzia di primo ordine (e quindi le vibrazioni, nda), evitando l'adozione di un albero di bilanciamento con relativo aggravio di peso."
Però con l'adozione poi dell'albero controrotante, caratteristica del V4, serve un rinvio (ingranaggio in più)...
"Sì, ma siamo così certi dei benefici in termini giroscopici, quindi agilità della moto, che abbiamo optato per un aggravio, compensato però da maggiori vantaggi in termini di guida".
Di che potenza si parla per questo motore 1000 in configurazione gara?
"Per la V4R SBK ci aspettiamo un incremento dai 10 CV in su. Già la moto stradale con scarico racing ne eroga 234. Facile immaginare che saremo ben oltre."
Perché le due cilindrate?
"Abbiamo optato per due indirizzi. Il 1100 unisce il mondo delle V2 a quello del V4 con una erogazione di coppia comunque corposa, da bicilindrica, ma al tempo stesso consente di arrivare più in alto di giri ed avere più potenza. Il 1000 nasce come macchina da gara molto più estrema. Studiata per agevolare il lavoro del reparto corse, ma resta un mezzo omologato Euro 4 quindi può essere usata su strada grazie anche ai controlli elettronici. Ma per filosofia, per erogazione (con limitatore di giri a quota 16.500) si capisce che è una moto pensata per le corse ed essere competitiva in gara."
Studiata per le gare e con un obiettivo preciso: il Mondiale SBK
"Sì, e non dobbiamo sbagliare."