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MotoGP, Simoncelli, Sepang: piloti litigate in pista, ma fuori abbracciatevi

Papà Paolo parla delle schermaglie tra compagni di squadra: "giusto sentirsi avversari e dimostrare di essere i più veloci del team, a motori spenti tutto deve essere risolto"

MotoGP: Simoncelli, Sepang: piloti litigate in pista, ma fuori abbracciatevi

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Con un solo Gran Premio da disputare, i giochi sono ormai fatti ed i bilanci sono possibili.

Il team SIC58 Squadra Corse ha in Paolo Simoncelli un conduttore analitico ed oggettivo, oltre che estremamente appassionato. Per i suoi corridori, Paolo è una sorta di genitore in pista: ”non abbiamo raccolto i risultati che meritavamo di ottenere - ammette - a volte a causa degli errori dei piloti, altre è stata la sfortuna a mettersi di mezzo. Quest’anno, però, si è rivelato essere un buon ‘provino’ in ottica 2019: Tatsuzki Suzuki ha dimostrato di essere veloce e, con una dose di maturità aggiunta, si troverà spesso tra i piloti protagonisti. Il discorso legato ad Antonelli è, invece, complicato, perché parte da lontano. Con l’aiuto del capotecnico del team stiamo cercando di mettere Niccolò a proprio agio, individuandone punti deboli e forti sui quali lavorare. Il buon risultato conseguito in Malesia ci infonde fiducia per l’ultimo appuntamento della stagione”.

Anche nel 2018 abbiamo assistito a tanti litigi, in pista e fuori, spesso tra compagni di team. Dovi e Lorenzo per esempio, si sono beccati più di una volta.

La storia dei litigi e delle piccole guerre esiste da sempre. Il compagno di squadra, spesso, rappresenta una rottura di coglioni esagerata per ogni pilota, perché si ha nello stesso box il termine di paragone più vicino ed attendibile. Il compagno di squadra te lo ritrovi in traiettoria e lo vuoi superare perché vuoi dimostrare di essere più veloce di lui. Avversari in pista? È giusto; la cosa importante è che, una volta scesi dalla moto, a motori spenti, una pacca sulle spalle, un sorriso od un abbraccio possano risolvere tutto”.

Pure in questa stagione i colori italiani hanno ottenuto grandi risultati, in tutte le classi.

“Se ricordiamo bene, sino a qualche anno fa si diceva che fossero gli spagnoli i padroni del Motomondiale. Io penso che gli italiani abbiano ‘copiato’ il metodo spagnolo, allevando i piloti in erba, guidandoli in ogni loro passo. Bisogna portare in pista i piloti maturi. Il nostro è un risultato dell’ottimo lavoro fatto nel passato, anche se io ritengo che ora ci sia un buco generazionale di ragazzini pronti per la Moto3; noi abbiamo due o tre giovani fortissimi nel CEV, abbiamo un vivaio che richiede un paio di anni per far sbocciare i nuovi talenti”.

Molti genitori appassionanti di moto, spingono i figli a correre. Lo trovi giusto?

Come ho detto tempo addietro, il problema più grande è l’educazione inculcata dai genitori ai figli che si cimentano in questo sport. Quasi ogni padre spinge il proprio figlio a praticare lo sport preferito dal... padre stesso! Il discorso vale anche per altre attività, come la musica, il ballo e la scelta della scuola. È il genitore (papà o mamma) che deve capire se il figlio si stia effettivamente divertendo a praticare l’attività o lo sport intrapreso, ecco perché non lo trovo giusto. A Marco - per esempio - non interessava suonare il pianoforte, lui voleva solo correre in moto, quindi, non ho avuto problemi di scelta, se non trovare i soldi per iniziare”.

Ritieni che questo sia uno sport eccessivamente pericoloso?

Dove c’è velocità c’è pericolo, ciò non vale esclusivamente per le gare di moto ma anche per la bicicletta, i rollerblade, la guida di un aereo e così via. Tutto è pericoloso, se un genitore impedisce al figlio di andare in moto perché ritiene che così facendo il pericolo sia evitato... bè, dovrebbe riflettere: il pericolo esiste ovunque. Se guardo la mia storia personale e quella legata a Marco, io, in primis, dovrei dire: ‘no, non fate correre i vostri figli, è troppo pericoloso’, Ma non lo faccio perché so che non è vero, tutto è pericoloso, io dico che esiste un destino, esiste una corsa che noi dobbiamo fare e la linea finale è già definita”.

Che consiglio daresti ai genitori?

“Io direi loro: non date ragione a vostri figli, se non ce l’hanno”.

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