Game over per tutti, ma non per Marquez. Che è come quello che, al bar, con una sola monetina, monopolizza il flipper per tutto il pomeriggio. Nel caso di Marc, poi, non si può neanche pagargli da bere sperando che si stacchi un attimo dal suo gioco preferito. La MotoGP è sua e chi prova a portargliela via ne paga le conseguenze.
A Motegi ha tirato fuori il repertorio migliore e i gran capi della Honda hanno capito che, a prescindere dal prezzo, averlo per altri due anni è stato il loro migliore affare. Avere lo spagnolo è come disporre dell’unico jolly del mazzo, la matta, e un po’ pazzo è, ma di quella follia vincente.
IL BELLO – Parlando di ‘goat’, le uniche capre sono quelle che pensano che Marquez non sia già fra i più grandi di tutti i tempi. Chi non ha dimestichezza con la matematica non si perda nei suoi numeri, si affidi semplicemente ai suoi occhi per capire chi è Marc. Un cannibale che fagocita record e avversari senza essere mai sazio, uno sperimentatore che inventa nuovi modi di guidare e vincere, un serial winner spietato che non lascia prigionieri. Marquez non è solo il presente della MotoGP ma anche il suo futuro, non è un complimento ma la semplice realtà.
IL BRUTTO – Ci sono le 6 vittorie e i complimenti di tutti gli avversari che riconoscono in lei la moto migliore, ma il 2018 di Ducati ha comunque l’aspetto di un’occasione sprecata. Con i ‘se’ non si vincono i titoli, tantomeno contro Marquez, ma rendere la vita (più) difficile al marziano era possibile. Gli errori di Dovi e il lungo periodo di adattamento di Lorenzo non hanno aiutato, ma nemmeno la discutibile gestione dei contratti di Andrea e Jorge ha contribuito a mantenere i piloti concentrati. Sbagliando si impara, ma quest’anno si è sbagliato troppo.
IL CATTIVO – È il migliore pilota Ducati al traguardo, nei primi cinque con la Desmosedici dello scorso anno, ha esperienza e ha dimostrato di essere veloce su moto diverse. Alvaro Bautista però nel 2019 non correrà in MotoGP, dove alla professionalità si preferiscono valige capienti o nomi nuovi dal curriculum scarno ma pieni di appoggi. Avrà la soddisfazione di guidare la Rossa ufficiale prima di lasciare un mondo ha cui ha dato molto e da cui non ha ricevuto in cambio abbastanza.
LA DELUSIONE – Qualcuno avrebbe dovuto segnalare a Petrucci e Miller che alla Ducati piace il giapponese, nel senso del circuito. Jack ha almeno azzeccato un giro buono in qualifica, Danilo neanche quello. L’australiano il prossimo anno avrà una moto ufficiale, l’italiano nella squadra dei sogni: non sarebbe ineducato dimostrare di meritarle.
LA CONFERMA – Valentino faticherà nei panni del pilota, ma è in lizza per vincere il premio di migliore maestro dell’anno. Bezzecchi e Bagnaia, suoi allievi, sono sulla buona strada per diplomarsi a pieni voti. Marco e Pecco si assomigliano, entrambi sanno fare andare veloce le rotelle del proprio cervello quanto le ruote della propria moto. Hanno tre gare per passare l’esame finale.
L’ERRORE – Non uno ma due, per Jorge Martin. Il primo in pista, quando ha buttato nella ghiaia tanti punti in un momento in cui calma e sangue freddo dovevano essere i migliori alleati. Il secondo ai microfoni dei giornalisti spagnoli, accusando i piloti KTM e quelli di VR46 di avere fatto la gara contro di lui. L’unico pilota dell’Academy nel gruppo di testa era Foggia e Binder, presunto alleato di Bezzecchi, ha dato filo da torcere a Marco fino all’ultimo centimetro. Se Martin vuole vincere questo Mondiale deve ritrovare tranquillità, la velocità non gli è mai mancata.
LA SORPRESA – Brutta, quella che ha ricevuto Fabio Quartararo e che lo ha costretto a passare a Bagnaia la coppa vinta a Motegi. Per 0,02 bar (questo lo scarto sulla pressione della gomme posteriore per cui ha meritato la squalifica) il francese ha visto sgonfiarsi i suoi sogni di gloria. Un peccato, ma rimane il ricordo di una bella gara. Almeno.
IL SORPASSO – Il più importante quello di Marco Bezzecchi su Darryn Binder in volata. Manciate di millesimi che valevano una montagna di punti.
LA CURIOSITA’ – Non è stata la Yamaha più veloce in pista, ma certamente era la più bella. La M1 di Katsuyuki Nakasuga aveva una livrea commemorativa per il 20 anni della R1, già usata dalla casa di Iwata nella 8 Ore di Suzuka.
IO L’AVEVO DETTO – “Il mio obiettivo è fare rimandare la festa a Marquez”. Andrea Dovizioso ci ha provato, solo per questo può andare via da Motegi a testa alta.