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SBK, Krummenacher e la rimonta pazzesca: nel team Evan Bros come a casa

Il team manager Fabio Evangelista racconta: "Siamo nati con la passione per il cross, poi la svolta. Randy ha visto in noi quello che cercava"

SBK: Krummenacher e la rimonta pazzesca: nel team Evan Bros come a casa

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Come si passa dal partecipare ad un trofeo nazionale a lottare per un titolo mondiale? Una persona adatta a spiegarlo può essere Fabio Evangelista: ravennate doc, sempre pronto a sorridere e, ovviamente, appassionato di due ruote. Fabio è il perno del team Evan Bros, che dopo aver lanciato in categoria un talento come Federico Caricasulo, ha deciso ed è riuscito a fare le cose in grande ingaggiando Randy Krummenacher, che soli quattro giorni fa si è portato ad un punto dalla vetta del mondiale con una rimonta pazzesca dall’ultima alla seconda piazza. Dietro tutto ciò però c’è tanto, tantissimo da raccontare, e Fabio non lesina in dettagli. “L’estrazione mia e di mio fratello è “fuoristradistica” – spiega – e la cosa non è cambiata nonostante mio padre mi portasse a vedere la 200 miglia di Imola. Il colpo di fulmine con l’asfalto è arrivato nel 2002 durante un Honda Day a Imola, dove in quattro turni è scaturito in me un qualcosa. Questo mi ha portato nel 2003 a fare per 3 anni il trofeo Honda CBR 600, dove ho conosciuto il mio attuale socio Mauro Pellegrini”.

Poi ecco la prima svolta, datata 2012.

"Abbiamo deciso di utilizzare il nucleo di lavoro creato a Ravenna per aiutare un giovane e promettente pilota di zona, Marco Faccani. L’anno dopo abbiamo iniziato di fare il CIV Supersport e ci giocammo il titolo all’ultima gara, finendo però quarti. Marco fu subito notato da squadre più attrezzate”.

Sul nome di Faccani urge una riflessione, visto il suo anticipato ritiro dalle corse per ragioni di varia natura.

“Io stimo molto Marco e sarei anche il suo manager, in virtù di un contratto di cinque anni che non credo verrà rispettato (ride). Mi dispiace abbia fatto questa scelta, anche se occorre dire che a 23 anni è una decisione da persona molto matura. E’ un grande peccato perché lo ritengo un talento al pari di Melandri e Caricasulo”.

E proprio da quest’ultimo riparte la storia agonistica del team Evan Bros.

"Dopo Marco decidemmo di ricominciare da un altro giovane di zona. Nel 2014 vincemmo il campionato italiano Supersport, così decidemmo di fare l’europeo Stock600 l’anno dopo e successivamente il mondiale Supersport. In quest’ultima stagione debuttammo al meglio con un secondo posto in Australia, ma poi l’inesperienza ci ha un po’ penalizzato portandoci via il sesto posto in campionato. Anche in questo caso non hanno tardato ad arrivare varie offerte per Fede, e ci sembrò giusto lasciarlo andare”. 

Dopo la fine dell’ultima stagione insieme a Federico i dubbi sul futuro non sono mancati

“Eravamo convinti di proseguire con Augusto Fernandez, già con noi nel 2015, ma poi la sua decisione di passare in Moto2 ci ha reso molto dubbiosi sul da farsi, visto anche il budget. Non sapevamo se continuare o tornare nella nostra precedente dimensione nazionale. La nostra strada si è intrecciata con quella di Cristian Gamarino ed il lavoro con lui, nonostante l’undicesima posizione finale, non è stato inutile”.

Già perché è qui che scoppia la scintilla con Randy Krummenacher.

“Ci disse che ci stava tenendo d’occhio da più di una stagione, che gli piacevano le nostre moto ed il nostro modo di lavorare. Così è nato un progetto che ha inglobato lui e Yamaha Svizzera, che da sempre ha cercato di aiutarlo in tanti modi. Siamo stati molto orgogliosi del fatto che un pilota come Randy ci avesse notato, quindi è stato naturale unire le nostre forze con un contratto dalla durata biennale”.

Una cosa da non sottovalutare, specie in questi tempi in cui non è scontato poter pensare a progetti a lungo termine.

“Questo è molto positivo, perché ci permette di lavorare senza la pressione di dover pensare a ciò che sarà il futuro. Siamo cresciuti come struttura sotto vari aspetti, ad esempio ora abbiamo un ingegnere, molto bravo tra l’altro; abbiamo ricevuto le moto a dicembre, quindi direi che stiamo facendo un buon lavoro. Per il prossimo anno potremmo anche pensare ad un secondo giovane pilota, ma per ora rimaniamo concentrati”.

La trasformazione è dunque completa. Da struttura dai tratti familiari a top team di un campionato mondiale come la Supersport.

“Cerchiamo sempre di mantenere intatte le nostre origini familiari, che probabilmente è stata tra i fattori più graditi a Randy e Federico. Riteniamo che, a parte l’aspetto tecnico, lo stato di forma del pilota sia in primis mentale, e quindi la squadra deve aiutarlo facendolo sentire in famiglia; credo che una parte dei risultati che stiamo ottenendo sia merito di tutto questo, unito alle infinite capacità di Randy”.

Sono passate solo quattro gare, ma è già difficile non lasciarsi scappare la parola titolo…

“Siamo partiti con il piede giusto nelle gare oltreoceano dove le difficoltà sono spesso tante. Ad Aragon Randy ha commesso un errore ma i cinque punti presi hanno limitato i danni, mentre ad Assen ha fatto una gara incredibile. Credo che questo inizio di campionato possa essere una grande spinta per lui, mentre noi dobbiamo farci trovare pronti per Imola, pensando anche al titolo. Randy ci credeva appena arrivato con noi… io ero più scettico visti i tanti nomi presenti in griglia”.

Una storia fatta di sacrifici, passione e voglia, una di quelle che fa bene allo spirito. Una storia da cui prendere esempio magari, per risollevare un campionato in difficoltà come quello della Superbike.

“Nel campionato inglese l’organizzazione, con l’ausilio dei proventi delle televisioni, paga i team per correre. Dona un supporto che qui non c’è, dato che Dorna aiuta ma in una misura che non permette di fare un campionato come questo; anche per questa ragione dopo l’avventura con Federico siamo stati indecisi sul da farsi, ma per fortuna abbiamo trovato dei validi partner”.

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