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SBK, Addio Alan Kempster, il "mezzo uomo" che guidava la moto

Si è spento a soli 56 nella sua casa in Australia. Un esempio per tutti, era una fonte di ispirazione che non conosceva alcuna rinuncia

SBK: Addio Alan Kempster, il "mezzo uomo" che guidava la moto

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Quando la passione è vera ed accesa, non sono previste mezze misure.

Nemmeno per uno come lui che, al suo ritorno in sella, decise di presentarsi in pista sfoggiando sulla sua moto la tabella porta numero 1/2, che lo descriveva perfettamente: sprovvisto di una gamba e di un braccio, coniò per sé il soprannome “Half Man”, mezzo uomo, che sconvolse tutti in un primo momento, esaltandoli poi.

È stato trovato senza vita nella sua casa in Australia da un amico che lo aiutava nelle normali faccende quotidiane, ma lui – Alan Kempsterla parola “normale” proprio non la accettava. Come, del resto, mal digeriva le rinunce ed i compromessi: il terribile incidente che lo vide vittima di un camionista ubriaco gli tolse due arti, è vero, ma non il sorriso e la voglia di provarci, di riuscirci.

Dopo una degenza durata circa un anno, durante la quale Alan attraversò il nero e profondo tunnel del dolore, tra interventi chirurgici e riabilitativi, questo roccioso australiano ritornò (anzi, come diceva lui, ‘imparò) a compiere i gesti più naturali, quali mangiare, parlare, camminare e… vincere competizioni di sci nautico.

Refrattario nei confronti delle protesi e della tecnologia troppo spinta ed invasiva, volle assolutamente tornare in sella, appunto, iscrivendosi ad una gara nazionale. I commissari impegnati nelle verifiche tecniche rimasero impietriti: “ehi, ma dove diavolo si trovano la manopola del gas, la leva del freno e la pedana destra su questa moto numero 1/2?!”

 

Tutto ciò che gli serviva era a sinistra. Alan controllava gas, frizione e freni anteriori con la mano del cuore e, con la gamba rimasta, cambiava le marce e frenava col posteriore, in una vera e propria tecnica punta-tacco.

Per uno come lui, grezzo, puro, onesto fino al midollo, barrare la casella NO, fu assolutamente naturale; del resto, la domanda non poteva che tirare fuori il suo vero desiderio ‘hai una disabilità che ti impedisce di guidare la moto?’: “non me lo impedisce e questi sono problemi miei, non di chi rilascia le licenze” sentenziò e nessuno osò contraddirlo.

I suoi avversari, i cosiddetti “normodotati”, in primis, avevano paura di Alan; in gara lo agevolavano a passare e, spesso, non si fidavano. Quando vedevano, invece, che Half Man non scherzava, i rivali ci mettevano ancora più impegno, con il desiderio di superarlo.

Il primo disabile a vincere in mezzo agli altri fu proprio Kempster. La prima gara internazionale dedicata a ragazzi come lui fu quella del Mugello 2014, dove erano presenti personaggi come Cecchinello, Marchetti, De Angelis.

Chiara Valentini di Di.Di. Diversamente disabili lo ha conosciuto bene e lo ricorda così:grazie ad una raccolta fondi – racconta Chiara – lo ospitammo in Italia. La casa dove Alan alloggiava era al primo piano e sprovvista di ascensore; quando gli chiesi se fosse un problema, lui mi rispose ‘no, a me basta che ci sia una cassa di birre’ sorridendo. Kempster era una vera e propria forza della natura, un esempio da seguire per tutti noi. Alan era uno spirito libero e folle, ma la sua follia era positiva e trascinante”.

Talmente trascinante da diventare un motivatore per ragazzi in Giappone. Nei vari paddock dove si presentava per correre – sempre grazie ad una raccolta fondi, poiché spiantato sino all’osso – Alan Kemspter infondeva coraggio e fiducia a tutti i disabili che volevano tornare in moto, con frasi di questo tipo: “d’altronde, quando gli organizzatori mi chiedono se io abbia paura di rompermi un braccio od una gamba, io preciso che ho il 50% di possibilità in meno degli altri di rompermi un arto”.

Sapere che non è più tra noi, volato via all’ancor giovane età di 56 anni, rappresenta una vera perdita, perché, come Chiara Marchetti svela di aver pensato la volta in cui lo vide sfrecciare al Mugello:allora sì, si può fare!”

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