Tu sei qui

MotoGP, Austin: Marquez e Honda, attenti a quei due

Il Texas è il regno di Marc e Crutchlow dimostra che la moto è cresciuta. Ducati non ha superato i suoi problemi, come Yamaha

MotoGP: Austin: Marquez e Honda, attenti a quei due

Capiamo che in Argentina è stato facile distrarsi, tra la condotta di Marquez e gli errori della Direzione Gara, quello che succedeva in pista è stato (giustamente o meno) messo in secondo piano. Il GP di Termas de Rio Hondo merita però di essere ricordato anche per altri motivi: innanzitutto la vittoria di Crutchlow. Un successo che ha portato un pilota britannico in cima alla classifica della classe regina dopo quasi 40 anni, mentre per vedere in quella posizione un pilota di un team satellite dobbiamo tirare indietro le lancette dell’orologio fino al 2004, trovando Sete Gibernau.

Bravi Cal e il team LCR e brava anche la Honda, che ha mostrato di avere una panchina lunga anche in una giornata in cui i due titolari, per motivi diversi, sono usciti fuori dal campo. Che la RC213V avesse fatto passi da gigante si era visto già in Qatar, pista alquanto indigesta alla moto giapponese, con sul traguardo  3 Honda nei primi 7 posti. In Argentina sarebbe potuta andare ancora meglio, perché Marquez nella sua rimonta ha mostrato un passo nettamente migliore di tutti gli altri (parliamo di un secondo mal contato) e il suo giro più veloce in gara è stato di quasi mezzo secondo più rapido di quello di Cal.

Si può ben capire come Marc possa arrivare ad Austin con il morale alto, nonostante lo ‘zero’ incassato a Termas. La pista texana è uno dei regni dello spagnolo che ha vinto tutte le 5 edizioni fin qui disputate del GP delle Americhe. Più che una pista è un jolly di 25 punti per Marquez. In Texas Marc vola, ma anche la Honda si trova particolarmente a suo agio e lo scorso anno erano 3 quelle nei primi 4 posti.

In altre parole, una bella bega per tutti gli altri, a iniziare da Ducati e Dovizioso. Andrea ha parato il colpo in Argentina, grazie agli errori di Marquez, ed è tornato a casa con i 10 punti di un 6° posto che non gli hanno consentito di mantenere la leadership in campionato, ma di allungare su Marquez.

Difficilmente però il forlivese potrà dirsi soddisfatto, perché non solo in Argentina non è mai stato ai livelli dei migliori rivali, ma ha visto la GP17 andare meglio della GP18. Calcolatrice alla mano, in gara il Dovi è arrivato 18 secondi dietro a Miller e per solo mezzo secondo ha preceduto Rabat (sulla GP16). Se Termas doveva essere un esame difficile, la Desmosedici non lo ha superato. Per averne la conferma c’è il 10° posto di Petrucci, mentre è meglio stendere un velo sul 15° di Lorenzo.

La Ducati resta una gran moto ma, come temeva Andrea, non ha ancora smussato completamente i suoi angoli più vivi e i problemi su determinate piste sono rimasti. Un limite importante quando devi scontrarti con Marquez su una Honda che continua a spostare più in altro l’asticella.

Se Bologna piange, Iwata non ride, perché ancora una volta sul podio è salita la Yamaha sbagliata. Zarco sembra ormai l’incubo designato per Vinales e Rossi, che dopo una buona partenza in Qatar sono rimasti impantanati a Termas.

In Argentina, lo scorso anno Yamaha aveva dominato con una doppietta, dieci giorni fa Maverick è stato più lento di quasi 14 secondi in gara rispetto a Johann e Valentino, prima dell’incidente, era alle sue spalle. C’è un altro dato su cui riflettere: un ‘debuttante per caso’ come Syahrin è arrivato a 9 secondi da Vinales e con la moto 2016, un ritardo contenuto.

Riassumendo: la M1 2018 fatica ancora e rischia di passare addirittura da terza a quarta forza del campionato. La Suzuki infatti ha messo la freccia per il sorpasso e con Rins ha ritrovato il podio e la competitività.

Sulla carta, ad Austin Marquez ha già il gradino più alto del podio prenotato ma per gli altri due la lotta sarà serrata.

Articoli che potrebbero interessarti