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SBK, Team Triple M: per Honda siamo come Barni con Ducati

Il team manager Manuel Cappelletti schiera l'americano Jacobsen sulla Fireblade SP2: "la nostra moto è uguale a quella Red Bull"

SBK: Team Triple M: per Honda siamo come Barni con Ducati

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Una delle (belle) novità di questa Superbike 2018 è il team Triple M, che schiera la Honda Fireblade numero 99 dell’americano Patrick Jacobsen, rookie di categoria, che ha già all’attivo diverse vittorie e podi in Supersport.

La squadra ha base logistica nei pressi di Torino ed il timoniere si chiama Manuel Cappelletti, in forza nel team da alcune stagioni. Dopo risultanti interessanti nella Superstock, ecco il salto nella massima categoria delle derivate, caldeggiato dalla stessa Honda:il nostro contratto è stato stipulato direttamente con Honda Europa – lo stesso Cappelletti ce lo spiega – e PJ Jacobsen è un pilota dell’ala dorata”.

La moto di PJ è colorata diversamente dalle due Red Bull di Camier e Gagne, tuttavia:la nostra moto è identica a quelle ufficiali – svela Manuel - di fatto noi portiamo in pista la terza CBR seguita da Honda. Da regolamento, il team principale deve venderci le parti deliberate e noi dobbiamo acquistarle; i motori sono uguali e godono dello stesso sviluppo, cambiano alcuni dettagli come il filtro aria, i cerchioni, lo scarico, le pedane. La grossa differenza è rappresentata dalla gestione elettronica: in Red Bull usano la Cosworth, noi la Marelli”.

Appunto, l’elettronica; avete aiutato il team Red Bull in questo lavoro?

 “Camier e Gagne hanno ricevuto la gestione Marelli molto tardi, appena prima dell’inizio del campionato. Ad Aragon dovranno utilizzarla, in Australia e Thailandia avevano ancora la Cosworth grazie ad una deroga temporanea. Sì, diciamo che in questa situazione ci siamo ritrovati a lavorare come un test team, infatti Honda ci ha mandati nel garage un proprio tecnico supervisore, a dimostrazione di quanto tengano al nostro progetto. C’è e ci sarà un travaso di informazioni tra Triple M e la struttura gestita da Ten Kate e, se trovassero valida e ben sviluppata la gestione Marelli, sarà grazie alla buona base improntata dal nostro lavoro”.

A che punto dello sviluppo vi trovate?

“La Marelli si è dimostrata subito molto affidabile, in due round – quattro gare – non ha accusato nemmeno un piccolo problema. Sono da migliorare, ovviamente, le prestazioni, ma è normale: tutto per noi è da migliorare, siamo un team rookie, la moto è una novità per noi e pure Jacobsen deve prendere confidenza in mezzo agli altri piloti”.

Che pilota è PJ?

Jacobsen è molto forte, testardo, concentrato sul lavoro da fare, sempre con in mente l’obiettivo da centrare. Magari non sarà un grande chiacchierone, ma è molto serio e sa fare autocritica, se occorre. Lui rappresenta un pilota di sicuro valore e dal futuro radioso”.

In Thailandia siete entrati in top ten.

Sì, ed è quello il nostro obiettivo, che è poi anche quello che Honda ci ha chiesto; considerando che non abbiamo svolto test preliminari e che ci trovassimo su una pista mai vista, abbiamo colto un bel risultato, tanto da meritarci una mail di congratulazioni proprio dallo staff Honda. Non sappiamo se è stato un fuoco di paglia, vedremo: ancora ci manca qualcosa nel giro secco, dovendo dedicare gran parte del tempo al passo gara, un’altra situazione in cui possiamo progredire”.

Come ti è sembrato il livello degli avversari?

Altissimo! Forse la gente non se ne rende conto, ma i tempi sul giro in molti tracciati parlano chiaro: questa Superbike è molto competitiva, e finire nei primi 10 non è affatto semplice. Noi ci siamo riusciti, mettendoci dietro piloti su moto e squadre più rodate: in Thailandia abbiamo tagliato il traguardo prima di Hernandez e Baz, entrambi ex piloti MotoGP su Kawasaki e BMW davvero evolute”.

Cosa vi manca per avvicinare i migliori?

“L’esperienza – che non viene regalata a nessuno – e la costanza; ogni giorno in pista per noi è una novità, abbiamo sempre qualcosa da sperimentare e da imparare. Questo 2018 sarà per noi molto duro ma anche utile e prezioso: nel 2019 vorremmo schierare un secondo pilota, così, oltre alla Honda di PJ avremo un’altra CBR nel garage. Honda si è svegliata: noi siamo per Honda quello che è il team Barni per Ducati. Essere legati ad una Casa madre che crede in noi senza metterci pressioni ci conferisce forza e fiducia nel progetto che sarà di medio/lungo termine”.

 

 

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