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MotoGP, Edwards: "Rossi? Deve pensare solo a vincere"

L'ex compagno di squadra texano è convinto: "Vinales? E' affamato e andrà forte. La SBK? Le gare sono ancora belle"

MotoGP: Edwards: "Rossi? Deve pensare solo a vincere"

Sulla bacheca del Texas Tornado Boot Camp uno dei tanti allievi partecipanti al corso indetto dal maestro Colin ha appeso un messaggio di gratitudine e soddisfazione, nel quale racconta di essere ancora vivo, dopo aver evitato una possibile caduta, sfruttando le tecniche di guida apprese in sella a moto da fuoristrada Yamaha.

Del resto, Colin è stato un pilota che ha maturato una grande esperienza sulle due ruote prima di vestirsi dei panni di insegnante: “arrivai in Europa nella SBK 1995 -racconta Edwards- e, l’anno dopo, mi feci conoscere meglio dal pubblico internazionale vincendo la mia prima 8 Ore di Suzuka con Noriyuki Haga: sulla Yamaha 750 eravamo veloci e ci divertivamo, fu una esperienza spettacolare”.

La prima vittoria nel Mondiale delle derivate di serie Colin la acciuffò nel 1998, in sella alla RC45 del team Castrol Honda: “quella moto era difficile da guidare, era dotata di una grande potenza ma peccava di grip, tentava spesso di ucciderti (ride); però era molto veloce e a Monza centrai la mia prima doppietta (Aaron Slight ancora se la ricorda).

Ma le stagioni migliori stavano arrivare per il giovane texano, partiamo dalla 2000: “vincere la prima gara a Kyalami sulla VTR SP-1 fu fondamentale perché nel team avevamo bisogno di alzare il nostro morale -rivela Texas Tornado- la moto era nuova, non avevamo riferimenti per gli assetti ed i nostri avversari erano forti. Vincere il titolo SBK fu un trionfo che ricordo come una impresa molto difficile (infatti Colin pianse di gioia sul podio di Brands Hatch, liberandosi dalla tensione accumulata).

Vuoi ricordarci l’anno 2002?

Quella fu una stagione eccezionale: la VTR SP-2 era meglio della SP1 e potevo guidare veloce e pulito. Quel campionato mi regalò un sacco di podi e vittorie, sino all’ultimo round di Imola, ‘la gara delle gare’ in SBK. Vinsi le manche ed il secondo titolo, aprendomi le porte del Motomondiale”.

Il mondo dei Gran Premi vide Colin correre nel 2003 con la Aprilia RS Cube, una moto tecnologicamente avanzata ma acerba di sviluppo; nel 2004 il texano passò nel team Honda di Fausto Gresini ed arrivarono i primi podi mondiali. Finchè…

“…arrivò la chiamata del team Yamaha ufficiale per la stagione 2005, al fianco di Valentino Rossi; avevamo già corso e vinto insieme nella 8 Ore di Suzuka 2001 e ci siamo ritrovati in squadra per tre stagioni consecutive”.

Come ricordi l’esperienza con Valentino?

“Ho vissuto tre stagioni bellissime al fianco di Rossi, lui vinceva molte gare e credo di aver fatto al meglio il mio lavoro, sfruttando le mie capacità. Ho corso molte stagioni in MotoGP e ho raccolto soddisfazioni e podi. La vittoria? Mi è mancata per un soffio e, pensando a quali fossero i miei rivali, Valentino, Biaggi, posso dire di non avere rimpianti”.

Valentino sta per compiere 38 anni, pensi che potrà ancora stare al top?

Guarda, io mi sono ritirato a 40 anni, ero in forma fisicamente, però era dura resistere mentalmente, ma per Rossi… bè, non ha una moglie, non ha figli… non so se mi spiego, meno guai per lui (ride)… insomma, Valentino penserà solo a correre e sono convinto che farà ancora molto bene, si giocherà le vittorie”.

Si giocherà le vittorie con ragazzi ben più giovani di lui, come Marquez e Vinales…

Maverick Vinales è un grande talento: nel primo test a Valencia ha dimostrato di essere subito veloce con la Yamaha M1 e si è ripetuto in Malesia. Vinales ha doti di guida notevoli, è forte ed affamato. Vedremo a che livello potrà esprimersi”.

Colin non appare affatto nostalgico quando pensa ai suoi anni d’oro nelle corse e, parlando della Superbike, il suo primo amore, il texano si dimostra ottimista e positivo: “le gare SBK sono ancora belle, io approvo i cambiamenti regolamentari e credo che lo spettacolo possa essere di alto livello anche in futuro”.

A proposito di livello, i corsisti del tuo boot camp hanno un bravissimo maestro…

Sì, ora sono un insegnante (ride). Il boot camp è una specie di campo d’allenamento di derapate su terra, c’è un hotel che sembra un saloon e ci possono dormire 28 persone, diamo da mangiare a tutti, guidiamo, costituiamo piccole squadre divise per livelli di abilità. È divertente, dopo pranzo spariamo con le pistole, e facciamo una gara di tiro. Dopo torniamo in sella fino a tarda serata, con le luci artificiali. Ad aiutare me ci sono altri istruttori, tutti qualificati”.

Non riesci a vivere senza guidare la moto?!

Ho iniziato da bambino, guidare moto è la mia vita; amo salire in sella e dare gas, anche adesso che mi sono ‘ritirato’. Magari in futuro potrei allestire un mio team e lanciare qualche giovane, intanto seguo mio figlio, se vuole guidare la moto, può farlo, se desidera giocare a baseball, sono al suo fianco… a proposito, se in futuro passi dalle mie parti, in Texas, sei ufficialmente invitato al boot camp qui da me”.

Un invito così, da un personaggio così, è impossibile da rifiutare.

 

 

 

 

 

 

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