Tu sei qui

SBK, Bostrom: "La Superbike deve tornare in prima pagina"

L'amatissimo californiano è convinto: "il successo dipende dalle star, i fan amano i conflitti. Le nuove regole? Pericolose per il vincitore"

Bostrom: "La Superbike deve tornare in prima pagina"

Share


Arrivò al gelido Motor Show di Bologna nel dicembre del 1999 direttamente da Los Angeles, affrontando uno sbalzo termico di circa 30 gradi (in meno) aprendo la pagina più importante della sua carriera: Benjamin Bostrom, californiano di 25 anni, nuova scelta Ducati per affiancare nel team ufficiale Infostrada Sua Maestà Carl Fogarty, con il suo biglietto da visita: impartire lezioni di guida nella gara di Super Motard a cui parteciparono lo stesso The King, Alex Barros, Loris Capirossi, Ruben Xaus ed altri scelti tra SBK e Motomondiale.

Sempre in forma e sorridente, onesto con la gente e simpatico con tutti, Ben era il tipico ragazzo “Made in USA”, cresciuto divertendosi con la BMX, gli skateboard e tutti i giochi provenienti da oltreoceano, prima di innamorarsi del dirt track: “facevo scivolare le gomme perché la moto stabile, con molto grip, non mi dava buone sensazioni. A me divertiva intraversare la moto e far scivolare le gomme”

Questo suo stile, Ben lo aveva già messo in mostra al pubblico mondiale nella gara disputata con la Honda in veste di wild card a Laguna Seca nel 1998 finendo sul podio. Il 1999 iniziò duramente per Ben che, per qualche attimo, perse il suo proverbiale sorriso: “era la prima uscita con la Ducati AMA in febbraio, avevo fatto venti giri con le Dunlop, quella è la loro vita disponibile a Daytona. Il team mi consigliò di modificare alcune cose sulla moto e di cambiare gomme, ma io volevo verificare sino a dove ci saremmo potuti spingere, un altro giro o due era il mio obbiettivo; non riuscii a finire nemmeno un passaggio, perché lo pneumatico posteriore esplose ed io venni sparato in aria da un violentissimo high side, a circa 270 orari sul banking. Vedendo il blu del cielo pensai che non era esattamente lì il punto ideale per avere un incidente; toccai il muro, perché il mio casco era danneggiato… Mat Mladin e mio fratello Eric si fermarono lungo la pista vicino a me e, senza visiera del casco, guardandoli, pensai di non essere morto; mi risvegliai in ospedale con una mano distrutta e ustioni dappertutto. Questo incidente capitò a Barry Sheene, a Ben Spies e a me; non lo auguro a nessuno”.

Ripresosi alla grande, nel ’99 Ben vinse da wild card a Laguna Seca SBK con la Ducati USA. Nel 2000, fu schierato inizialmente nel team ufficiale e finì la stagione nella squadra di Caracchi, portando in bacheca importantissimi trofei da podio.

L’annata migliore doveva ancora arrivare per Bostrom, ormai soprannominato “BB” con l’inconfondibile numero 155: “il 2001 fu eccellente perché avevo una Ducati ufficiale e le mie amate gomme Dunlop allo stesso livello delle Michelin. Eravamo in tanti a battagliare per la vittoria, e fu così fino alla fine della stagione.  Mi sentivo come se stessi giocando tra amici con cui bere birra la domenica. Con Edwards, prima e dopo le gare mangiavamo pizza, bevevamo birra e facevamo festa nei nostri motorhome. Andavo d’accordo con tutti, pure con quelli più forti ed agguerriti”.

Secondo te, chi è stato il tuo avversario più duro?

“(Ride)… Noriyuki Haga! Potevi sentire il rumore del suo motore dietro di te, lui provava a sorpassarti dove nessuno avrebbe immaginato, era totalmente pazzo. Un altro era Troy Bayliss che tentava di fregarti in ogni momento, fottendosene: la sua personalità era così, in pista. Se lui annusava il tuo odore, era come un cane che cercava l’osso. Ma fuori dalla pista era un signore, come Frankie Chili e Giò Bussei”.

Non corri da diversi anni, fai ancora sport e guardi le gare?

“Ora mi faccio il culo in bici e, credimi, è più dura delle moto. Sono un papà professionale e nel tempo libero seguo le corse, soprattutto Hayden, perché tornare in SBK dalla MotoGP non è facile. Lui e Jacobsen sono gli unici americani di spessore fuori dai confini USA: l’AMA è andata in crisi ma adesso, con il MotoAmerica voluto da Wayne Rainey le cose stanno migliorando ma ci vorrà tempo per raccogliere veri risultati ed esportare giovani nuovi piloti”.

Cosa suggeriresti per incrementare lo show nelle gare SBK?

Bisogna mettere i piloti sulle prime pagine delle riviste generaliste in modo tale che il pubblico sappia riconoscere i protagonisti: Valentino Rossi è un personaggio a tutto tondo e non solo un motociclista. Anche io ho avuto la mia popolarità, perché ero apparso su diverse riviste di spettacolo e musicali. Il successo di un campionato dipende da dove sono le super star, i fan vanno dove ci sono i conflitti. In MotoGP Rossi e Marquez non si piacciono e questo attira molto la gente. Un personaggio, però, per stare lontano dai guai, deve sempre essere te stesso, in ogni situazione. Chi mente o recita una parte, prima o poi viene smascherato, e questo è un vero peccato”.

Le ultime vicende rivelanti presunti odi e inimicizie create ad hoc per aumentare la tensione e la battaglia tra i piloti hanno disdegnato il bravo Ben: “io, nella mia lunga carriera, non ho mai avuto nemici e non ho odiato nessun pilota. Quando togli il casco devi congratularti con i rivali: grazie a loro hai spinto più in là il tuo limite”.

Lo schieramento di partenza SBK sarà stravolto in gara 2, che ne pensi?

Bè, tutto questo sarà piacevole per il pubblico in pista e per quello davanti alla tv. Trovo, tuttavia, che sarà pericoloso per il vincitore stesso, perché, essendo lui teoricamente il più veloce, dovrà rischiare per andare in testa. Le novità dovrebbero essere introdotte progressivamente, senza snaturare il format originale”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articoli che potrebbero interessarti