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MotoGP, Elias: Marquez è come Rossi, lo ha studiato e poi battuto

Toni si è confrontato con Marc e Valentino: "mi piacerebbe fare una wild card in MotoGP con la Suzuki. La SBK? Tornerei, se ci fosse più serietà"

MotoGP: Elias: Marquez è come Rossi, lo ha studiato e poi battuto

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Da buon spagnolo quale è, Antonio Elias Justicia -chiamato da tutti “Toni”- ha conquistato l’America, vincendo il campionato Superbike, piantando nel suolo statunitense la bandiera gialla e rossa numero 24.

La Suzuki ufficiale di Elias è gestita dal team Yoshimura, filiale diretta di Hamamatsu con sede a Chino, in California: “io ed il team Yoshimura ci siamo incontrati -attacca deciso Toni- loro avevano bisogno di me ed io cercavo una squadra competente ed ambiziosa che volesse ciò che desideravo io: vincere. Al secondo anno insieme con la GSX-R, il titolo MotoAmerica è arrivato”.

Andare forte e vincere, ecco come Toni sconfigge l’incedere del tempo che passa:all’età di 34 anni, e dopo tante stagioni agonistiche, so che il tempo sul giro secco è relativamente facile da ottenere; le situazioni già vissute, invece, non si possono cambiare e ciò che è stato, è stato. Io mi sento ancora molto giovane di spirito e nutro motivazioni tuttora intatte; la mia esperienza mi aiuta tanto, ho vinto in tutte le categorie del Motomondiale, dalla 125 alla MotoGP, conquistando un Mondiale Moto2 nel 2010. Vincere anche in America, mi rende un pilota completo”.

Tra i tuoi rivali, chi ti ha maggiormente impressionato nella tua carriera?

Sono stati tanti, ne dico due: Manuel Poggiali, un avversario davvero fortissimo, che ha vinto due Mondiali. Sia in 125 che in 250 Manuel ha dimostrato il suo talento, per poi spegnersi e ritirarsi; ora lui è fuori dal nostro ambiente, ma so che è felice ed è questo ciò che conta. Però il migliore di tutti resta, secondo me, Valentino Rossi, che ho battuto in Portogallo nel 2006 con la Honda MotoGP”.

In cosa è diverso lui?

“Secondo me Rossi è il più grande pilota di tutti i tempi, lui è ancora più forte di Agostini e Nieto. Valentino ha 38 anni, porta con sé una enorme determinazione ed ha due coglioni grossi così. In sella Valentino sa quali saranno le tue mosse, specialmente nell’ultimo giro di gara. Per battere Rossi devi attaccarlo dall’inizio alla fine, senza dargli il tempo di pensare. Appunto: io ce l’ho fatta in Portogallo ma mi costò una fatica immensa”.

Ti sei confrontato anche con Marquez: lui è il nuovo Rossi?

Marquez è uguale a Rossi; Marc ha studiato Valentino in ogni mossa della sua carriera, unendo al proprio DNA vincente ciò che ha imparato dal diretto predecessore, per poi batterlo più volte. La differenza tra Marquez e Rossi è l’età: il primo ha 24 anni, il secondo 38; tornando al concetto del tempo che passa e di come sia difficile rimanere sulla cresta dell’onda, questi 14 anni in più fanno capire quanto Rossi sia forte. C’è anche da dire che all’inizio Valentino si arrabbiava vedendo Marquez fare le sue stesse cose, perché era il giovane rampante che studiava ed apprendeva, prendendo il posto dell’esperto campione”.

Ora Toni è come Capitan America, ma pensa ancora spesso alle gare europee: “nonostante non mi piaccia la poca serietà che c’è in Europa -precisa convinto- basti vedere quanti piloti si sono avvicendati nei team minori Superbike in questa stagione. Negli USA la parola viene mantenuta, stesso discoro vale per i contratti firmati. In America il pilota mantiene l’impegno preso fino alla fine ed il team paga sempre ed in tempo i propri collaboratori. Questa correttezza in Europa si sta perdendo, ecco perché io sto bene in America".

Quindi, se ti arrivasse una proposta per tornare, che faresti?

“Ammetto che se la Suzuki mi dicesse di tornare in SBK con una moto ed un team ufficiale, ci penserei: sono felice negli USA ma mi manca la mia famiglia. Per concretizzare un progetto del genere ci vuole una squadra che abbia la voglia, la serietà ed i soldi per gestire le GSX-R ufficiali. La quattro cilindri di Hamamatsu è al livello di Ducati e Kawasaki ed anche in SBK può tornare alla vittoria”.

Cos’altro ti piace degli USA?

 “Negli USA è come una famiglia, il paddock è aperto e vige il contatto umano tra i tifosi ed i i piloti. Quando è successo l’incidente a Nicky Hayden, io sono stato molto vicino a suo fratello Roger Lee, offrendogli il mio supporto morale, chiedendogli di girare in pista insieme. Il nostro rapporto è migliorato molto ed ora siamo amici.  Dagli altri ragazzi in pista è meglio farsi rispettare: io e Beaubier siamo arrivati ai ferri corti più di una volta, buttandoci a terra in almeno un paio di occasioni; ma tutto è finito lì”.

Dopo tanti anni di corse, cosa desideri ancora?

Ho ancora un anno di contratto con Yoshimura, e voglio provare a vincere nuovamente il titolo MotoAmerica, poi non so che farò. Il mio desiderio più grande? Una wild card sulla Suzuki MotoGP ufficiale, ne sarei molto felice, perché nella Top Class non ho mai corso per un team Factory”.

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