Tu sei qui

I manager MotoGP: piloti dalla SBK? no, grazie

Fino a qualche anno fa i talenti delle derivate di serie passavano al motomondiale, ma ora questo movimento sembra essersi invertito

MotoGP: I manager MotoGP: piloti dalla SBK? no, grazie

La scorsa settimana si è parlato, giustamente, del super tempo fatto segnare da Jonathan Rea a Jerez, vicino a quello delle migliori MotoGP, quando non più veloce. Non vogliamo parlare di confronti fra i due mondi, di gomme, regolamenti e quant’altro, ma solo far notare come Johnny ci abbia messo molto del suo in quel crono e basta guardare i distacchi con i colleghi della SBK per accorgersene.

Fino qua stiamo navigando nel male del lapalissiano, ma la risposta alla prossima domanda non è così scontata: perché nessuna squadra di MotoGP si è fatta avanti con Rea negli ultimi anni? Il britannico ha vinto gli ultimi 3 campionati dominandoli e quando ebbe un’occasione nella classe regina nel 2012, come sostituto dell’infortunato Stoner, nonostante la quasi nulla esperienza coi prototipi non sfigurò affatto (8° a Misano e 7° ad Aragon, per la cronaca). Ha appena 30 anni, quindi non sarebbe neppure troppo 'vecchio' e quello che sta facendo Zarco, non certo un adolescente, lo dimostra.

Fino a qualche anno fa, i campioni della SBK passavano regolarmente in MotoGP. Pensiamo a Colin Edwards, Troy Bayliss, Ben Spies e per ultimo Cal Crutchlow, tutta gente che ha corso anche con squadre ufficiali, non semplici comparse. Questo movimento sembra essersi interrotto.

A Valencia, durante l’ultimo GP della stagione, durante la conferenza stampa con i responsabili delle squadre ufficiali della MotoGP è stato chiesto se vedessero la SBK come un serbatoio da cui attingere per quanto riguarda i piloti e la risposta è stata negativa.

Lin Jarvis, numero 1 di Yamaha, ha ammesso come “i talenti che arrivano dalla classe regina passano dalla Moto2 e dalla Moto3, la Superbike rimane un’eccezione”.

Questo nonostante la Casa giapponese sia impegnata direttamente nelle derivate di serie, come del resto anche Ducati. Paolo Ciabatti, direttore sportivo della Rossa, è sulla stessa linea: “è più facile seguire i giovani piloti in questo campionato”.

Infatti Yamaha ha stretto una collaborazione con la VR46 Riders Academy, attraverso i Master Camp, per fare crescere i piloti asiatici. Ducati invece pensa da tempo a una Moto3 per i proprio vivaio. La stessa Dorna, che organizza entrambe le serie, si muove su altre strade per portare i piloti nel motomondiale. Come il Cev, la Rookies Cup, l’Asian Talent Cup, la British Talent Cup e, notizia di pochi giorni fa, il campionato minimoto britannico.

Delle derivate di serie non c’è traccia e i piloti arrivati sono, come detto da Jarvis, un’eccezione. L’esempio migliore è quello di Franco Morbidelli, neo campione del mondo Moto2, che arrivò da una categoria promozionale come la Stock600, ma dopo averla vinta passò in Moto2 senza continuare in quel percorso. Poi c’è Loris Baz, 3 anni in MotoGP senza grossi risultati e ritornato in SBK per la prossima stagione.

In altre parole, i tempi degli Edwards e degli Spies, sembrano essere finiti. Come quelli degli americani che negli anni ’90 si facevano le ossa in casa con le derivate di serie, moto ben diverse dalle attuali SBK.

Il punto sembra essere che la SBK non sia più un campionato complementare alla MotoGP, ma alternativo. Il problema è che di alternativo ha ben poco. Stessa cubatura per le moto che assomigliano sempre più a dei prototipi e le une con le altre, senza strane alternative da intraprendere, e per questo basti pensare che Ducati ha deciso di pensionare lo storico biciclindrico per una copia della sua Desmosedici.

Il percorso ora è opposto, sono i piloti dal motomondiale a passare alla SBK quando non trovano più posto in squadre ufficiali. Una strada iniziata con Biaggi, per poi proseguire negli anni con tanti nomi, dal compianto Hayden, a Bradl, a Melandri e la lista si allunga a ogni stagione. Con il rischio che il campionato delle derivate di serie venga percepito come un cimitero per gli elefanti.

Bisogna cambiare rotta, lo dicono in tanti e sotto tanti aspetti, ma forse non c’è a volontà. In attesa di un’ecccezione che confermi la regola.

Articoli che potrebbero interessarti