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SBK, Marinelli: Ducati è stata la mia droga

Ernesto, dopo una lunga e vincente carriera spesa con la Rossa, sta per cambiare maglia: "lascerò a loro il mio cuore"

SBK: Marinelli: Ducati è stata la mia droga

Dopo la rottura in gara 1 di Melandri, il weekend del team Ducati Aruba iniziava ad essere sempre più duro, con le difficoltà che aumentavano e la Kawasaki di Rea che dominava, ancora una volta.

Il titolo ottenuto da Michael Rinaldi in Superstock è stato un toccasana per la Rossa ed Ernesto Marinelli, come sempre, guarda il bicchiere mezzo pieno: “sì, abbiamo avuto dei momenti difficili in Spagna -ammette- ma ne siamo venuti fuori bene; da Jerez portiamo a casa degli ottimi podi con Davies e Melandri, ed abbiamo anche vinto il campionato Stock1000. A Losail ci possiamo giocare il secondo posto della classifica piloti con Chaz, quindi, sono piuttosto soddisfatto”.

Ernesto è abituato a capovolgere ogni tipo di situazione, mantenendo il suo proverbiale ottimismo, accompagnato da un sangue freddo invidiabile: “io sono una persona ottimista per natura, non mollo mai, il mio motto è ‘never give up’; quando le cose non vanno bene, io cerco di capire cosa stia succedendo, senza perdere la calma, e lo faccio grazie al mio gruppo di lavoro”.

A Losail sarà la tua ultima con Ducati Superbike; come si prova cambiando bandiera?

La mia scelta ha avuto un processo lungo e doloroso; dopo tanti anni di viaggi e sacrifici, sentivo il bisogno di cambiare vita. Lavorare con Ducati è stata come una droga, ho dato la mia vita e sono grato e contento del mio percorso fino a qui. Porterò dentro di me ogni momento ed ogni persona, ma mi dedicherò ad una nuova sfida tecnica e professionale. Per chi? A breve comunicherò la scelta fatta”.

Il ricordo più bello per te con Ducati?

Il più bel ricordo è, sicuramente, la vittoria con Bayliss a Valencia MotoGP nel 2006. Troy era tornato in Superbike da vincente e, prima di partire per la Spagna mi disse: ‘Ernesto, correrò là se vieni anche tu con me’. Andammo e trionfammo, in un weekend carico di tensioni; quella di Valencia 2006 in MotoGP fu la gara più lunga della mia vita, alla fine mi sentivo stanco come se avessi corso una maratona”.

Ora, il ricordo più brutto…

“Brutto non è un mio aggettivo; l’esperienza meno bella e più difficile la ho avuta nel 2013, la stagione più dura di sempre, ma la ho vissuta costruttivamente, imparando dalle difficoltà. Sono riuscito a rafforzare il gruppo, ricompattandoci ed uscendo tutti più forti di prima”.

Ne hai visti di piloti, quale hai ammirato di più?

Tutti i piloti sono fantastici e di ‘normali’ non ne ho conosciuti (ride). Ognuno di loro mi ha lasciato una esperienza unica e molto importante, specialmente dal 2010 in poi, quando il mio ruolo, in primis da tecnico puro, è diventato organizzativo. Vorrei citare ogni pilota ma quello che mi ha stupito di più per le due doti di sensibilità tecnica era John Kocinski: lui è stato quello che mi ha insegnato le nozioni che nei libri non si trovano; l’americano era il collegamento perfetto tra la modifica apportata sulla moto ed il feeling che si provava alla guida. John era maniacale. Voglio citare anche Anthony Gobert, un talento fuori dal comune, oltre ad Hodgson, con cui ho vinto il primo titolo nel 2003, Laconi, il ‘solito’ Bayliss con il quale ho condiviso il maggior nunero di vittorie e Carlos Checa, l’ultimo campione Ducati in SBK. Cito anche Davies, che ha vinto la prima gara con la Panigale: nessuno stacca forte come Chaz!"

Da pilota, avresti voluto un direttore tecnico come Ernesto Marinelli?

Io sono di parte, quindi, sicuramente sì (sorride). Fino a che ho fatto l’ingegnere di pista, con il pilota sono riuscito ad instaurare un feeling totale, con gli stessi traguardi ed obiettivi. Sentendo i piloti coi quali ho lavorato, si dicono tutti contenti di avermi avuto nel loro garage, ed io voglio crederci”.

Quale ultimo regalo vuoi fare a Ducati prima di partire?

“Innanzitutto, abbiamo vinto il campionato inglese BSB con Shane Byrne; non è stato facile, ma ci siamo riusciti. Da Jerez siamo tornati vincenti con il titolo Superstock grazie a Rinaldi. In Qatar proveremo ad arrivare in prima posizione in entrambe le manche per assicurarci il secondo posto nella classica piloti. Come sempre, farò di tutto per aiutare i piloti ad andare forte, perché io a Ducati ho dato e lascio il mio cuore”.

Che consiglio daresti al tuo successore?

Io non sono un medico, ma… ho cercato di fare il meglio che potevo, in tutte le condizioni, nella mia onestà intellettuale, riconoscendo gli errori per tramutarli in insegnamenti, sino ad apprezzare ogni singolo successo. Chi arriva dopo di me deve solo dare il proprio meglio, tutto qui”.

Che caratteristica comune hanno Ducati ed Ernesto Marinelli?

“Sicuramente la passione”.

 

 


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