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MotoGP, IL RICORDO: Abe, il campione che ispirò il giovane Rossi

Il pilota giapponese è scomparso 10 anni fa, ma il suo stile è rimasto vivo ed indelebile 

MotoGP: IL RICORDO: Abe, il campione che ispirò il giovane Rossi

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Quel ruzzolone nella sabbia di Suzuka avrebbe potuto essere inglorioso, invece, non lasciò solo polvere sulla tuta marcata HRC di Norifumi Abe, esplosiva wild card locale nel Gran Premio del Giappone 1994; prima di cadere, il pilota Honda numero 56 dette un gran filo da torcere ai senatori della 500 Schwantz, Doohan, Barros e Cadalora, suscitando la curiosità di un esperto e di un giovane, che gli avevano puntato gli occhi addosso.

Non era facile, infatti, ricevere complimenti ed ingaggi dal lupo di mare Kenny Roberts, che volle fortemente Abe nel team Yamaha, affidandogli una YZR 500 ufficiale per altri due Gran Premi, mettendolo sotto contratto anche per le stagioni successive. Norifumi si dimostrò un pilota veloce e di talento, centrando il primo podio iridato in Brasile, nel 1995.

Ed eccolo, finalmente, l’incontro con il giovane, quello che sarebbe diventato il pilota più rivoluzionario e vincente dell’epoca moderna: a Shah Alam, in Malesia, il debuttante Valentino Rossi riesce a conoscere Norifumi, vera fonte di ispirazione per il numero 46 Aprilia, che aveva visto e rivisto centinaia di volte la gara di Suzuka del 1994, dove Abe superava gli avversari all’interno ed all’esterno, piegando così al limite da far strisciare sull’asfalto le pedane della moto e la tuta in pelle, fumante come una sigaretta. Valentino si presentò in gara con il soprannome “Rossifumi” -nickname che si rivelò originale e famosissimo- e sfoggiò un look simile a quello del giapponese, che portava i capelli lunghi, proprio come facevano le rock star.

Abe non aveva, tuttavia, il carattere da rock star: sempre tranquillo e mite, mai sopra le righe, il giapponese preferiva esprimersi in pista, dove guidava come un demonio: lo stile di “Norick” era a busto eretto, con il fondoschiena ben distante dal codone, l’inguine attaccato al serbatoio della moto; in questo modo Abe aveva un gran controllo dell’avantreno, lasciando via libera alla ruota posteriore, che scivolava spesso e volentieri, sollecitata dalla erogazione cattiva e violenta delle 500 due tempi, ben gestita dal suo polso destro.

Oltre a lasciare evidenti virgole nere sull’asfalto, Abe riuscì a vincere il suo primo Gran Premio, proprio a Suzuka, nel 1996… vicino alla caduta dal primo all’ultimo giro, il numero 9 del team Roberts Yamaha ebbe la meglio sulla NSR ufficiale di Alex Criville e sull’ispirato Scott Russell con la Suzuki RGV, i quali non poterono nulla di fronte ad un pilota desideroso di cancellare il volo del 1994, trasformandolo in vittoria: “vinco, oppure cado”, questa fu la sua filosofia in quel 21 di aprile di 11 anni fa.

Abe non era, in quanto a costanza, un pilota in grado di vincere un Campionato Mondiale ma, va detto, furono tante le volte che avversari quali Doohan, Kocinski, Beattie, Mc Coy, e lo stesso Valentino Rossi, rimasero alle spalle della sua Yamaha, costretti ad ammirare da dietro i lunghi capelli neri svolazzare fuori dal casco del giapponese, che firmava l’asfalto facendo scivolare la sua YZR 500 gommata Michelin, vittoriosa in 3 occasioni, sul podio ben 17 volte, tante, considerando i nomi degli avversari forti ed esperti presenti in pista.

Il secondo successo fu colto da Abe nel 1999 in Brasile, ed il terzo ancora a Suzuka, nel 2000, dopo una volata risolta al fotofinish con Roberts Junior. Prima del Gran Premio del Giappone, nelle agenzie di scommesse europee, Norifumi era quotato a 30, ovvero, non papabile di vittoria; chi ebbe l’occhio lungo e buoni ricordi, puntando una cifra su Norick, ebbe in cambio una discreta somma in denaro…

…il passaggio dalle due alle quattro tempi non piacque molto ad Abe, un vero “duetempista”; con la più pesante e tecnologica MotoGP, Norifumi non salì mai sul podio in tre stagioni complete e, nelle due disputate in Superbike, il giapponese ottenne come migliori risultati dei quarti posti, sempre con il suo stile a busto eretto ed incollato al serbatoio, davvero diverso da quello del suo acerrimo rivale Noriyuki Haga, più disteso ed allungato in sella ed esuberante nel paddock e nella vita privata.

L’ultima stagione completa per Abe fu la 2007, proprio in patria, dove corse con una Yamaha R1, finendo all’ottavo posto nella classifica generale. Norifumi diventò poi collaudatore Suzuki, lasciando il marchio di Iwata dopo una lunga e brillante carriera spesa con la Casa dei tre diapason.

Il destino, proprio nel 2007, ci portò via Norifumi, in un incidente dalla dinamica inaudita, perché in Giappone, tutti, ma proprio tutti, rispettano leggi e regole, tranne il camionista che fece l’inversione ad U risultata fatale ad Abe, che sopraggiungeva in sella ad uno scooter, in una strada dove quel tipo di manovra era proibita. A dimostrazione di quanto il destino sia un grandissimo scrittore di storie e miti, Abe, tra i piloti più corretti visti nel Motomondiale, perse la vita nella cittadina di Kawasaki, un nome che nel mondo delle moto non ha bisogno di presentazioni.

Sono passati dieci anni da quell’ottobre del 2007, e Norifumi verrà ricordato dal connazionale Nakasuga, che allestirà nella pista di Motegi un corner dedicato ad Abe, scomparso a soli 32 anni. Per capire quanto Valentino Rossi fosse ispirato dallo stile di Norifumi in qualità di personaggio e pilota, il pesarese dedicò il titolo MotoGP 2008 al rivale ed amico che non c’è più, ma che ha lasciato un ricordo positivo ed indelebile in tutto il mondo delle due ruote.

 

 

 

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