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La corsa ai 300 Km/h: Honda CBR 1100 XX

La maggiore delle CBR aveva dalla sua comfort e aerodinamica raffinata. Per tre anni fu la moto più veloce del mondo

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Era la metà degli anni '90 quando ebbe inizio un periodo caratterizzato dalla corsa delle maggiori Case giapponesi a raggiungere il primato dei 300 Km/h su una moto di serie. All'epoca le moto supersportive erano la punta di diamante della produzione. E ieri, così come oggi, rappresentavano il faro tecnologico di ogni Casa costruttrice. Ma questo non bastava evidentemente agli uomini del marketing. C'era bisogno di andare oltre, di un qualcosa di più immediato da presentare, che potesse lasciare un segno indelebile nella mente degli appassionati. Il "magico elemento", il dato che, ancora di più della cavalleria, potesse in qualche modo suscitare clamore immediato nonché la superiorità di un'azienda di moto, era la velocità. Ed il Graal fu presto individuato: raggiungere per primi i 300 Km/h su strada. Ad aprire le danze fu la Honda CBR 1100 XX, alla quale seguirono Suzuki GSX-R 1300 Hayabusa e Kawasaki ZX-12 R. Sono loro le tre regine della velocità che vi racconteremo in un appuntamento dedicato, quello della "Corsa ai 300 Km/h".


Honda CBR 1100 XX: il volo dell'Ala


Nacque nel 1996 e per tre anni si fregiò del titolo di "moto di serie più veloce del mondo". La maggiore della famiglia delle CBR era una maxi tourer che si distingueva per uno studio aerodinamico mai visto in precedenza su una moto di serie. Ogni elemento della sua estesa carenatura era funzionale alla stabilità ed al comfort, ed al contempo garantiva prestazioni velocistiche da record. La sport tourer di Tokyo si caratterizzava di un motore da 1137 cc ed una potenza all'epoca da primato: erano infatti 164 i cavalli dichiarati per il suo 4 cilindri in linea. Una potenza che serviva a spingere la CBR fino al fatidico muro dei 300 Km/h. Per fare ciò, ovviamente, grande cura venne rivolta allo studio delle forme: la parte frontale della "XX" si caratterizzava per un mascherino molto pronunciato in avanti, con la soluzione del doppio faro sovrapposto. Un accorgimento volto a mantenere più raccolta possibile la zona anteriore a tutto vantaggio del CX. Altro espediente per minimizzare le zone esposte ai flussi dell'aria, fu quello di inglobare le frecce anteriori negli specchietti. Lo studio aerodinamico applicato alla CBR 1100 XX si poteva notare in ogni particolare della moto: dal "taglio" delle fiancate laterali – per spezzare meglio l'aria ed evitare l'insorgere di turbolenze – alla linea dal codone che di fatto separava i flussi provenienti dalla zona superiore ed inferiore della moto. Sistema che riduce il mescolamento di aria a velocità differente evitando l'insorgere, anche in questo caso, delle temute turbolenze. In ultimo, la soluzione dei fori di sfogo sul parafango anteriore, con lo scopo di impedire che lo stesso rappresentasse un freno, migliorando efficacemente lo smaltimento dell'aria proveniente dalla ruota anteriore.


Record sfiorato


Nonostante l'estrema attenzione riposta nel disegno della protettiva carenatura, ed un motore dalla cavalleria notevole, la Honda non riuscì a compiere l'impresa. I dati del periodo parlavano di una velocità che si fermò "solamente" a 292 Km/h. Anche se, a onor del vero, sull'anello ad alta velocità di Nardò, in condizioni di test molto particolari (seppure in configurazione di serie), la Super Black Bird riuscì a sfondare la soglia volando a 301 Km/h. Per qualche anno, la CBR 1100 XX si fregiò comunque dello scettro di moto di serie più veloce del mondo.
Un primato che resistette fino al 1999 quando sul mercato piombò la Suzuki che mise in campo la strabordante GSX-R 1300 Hayabusa. Ma di questo parleremo nel prossimo articolo.

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