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Badovini e Russo, i privati: "In SBK c'è troppa elettronica"

Il piemontese del team Grillini è esperto, il campano di Guandalini è giovane, ma l'idea è la stessa: "serve introdurre il regolamento Superstock"

SBK: Badovini e Russo, i privati: "In SBK c'è troppa elettronica"

Per i due italiani Ayrton Badovini e Riccardo Russo il weekend SBK in Australia è stato difficile, perché i due bravi piloti portavano in gara per la prima volta le loro Kawasaki ZX10R e Yamaha R1, entrambe “private”, ovvero, non assistite direttamente dalle case madri.

Il biellese Badovini vanta una ottima esperienza con le derivate di serie, è stato campione Superstock1000 nel 2010 e ha guidato diverse SBK, sino ad approdare al team Grillini Kawasaki: “i giorni vissuti a Phillip Island sono stati molto difficili -spiega Ayrton- per noi del team Grillini era tutto nuovo: non avevamo mai provato la moto, dovevamo ancora trovarne gli assetti ideali e ancora non avevo il feeling necessario per potermi esprimere al meglio. Noi portiamo in gara la ZX10R 2016 ed abbiamo ancora tanto lavoro da fare. Le due gare australiane, però, sono state necessarie per me e per la squadra”.

Ayrton ha corso tante gare e si è scontrato con gente come Spies, Haga, Biaggi e Checa; la sua impressione riguardante il livello generale della categoria è piuttosto chiara, quindi, la prossima domanda è stata molto utile.

Come è il livello del Mondiale? Abbiamo visto in prova tempi da MotoGP…

Altissimo! Per entrare nei primi 15 bisogna andare molto forte e ciò mi piace. Per quanto riguarda i tempi registrati, le SBK hanno le gomme da qualifica, assenti in MotoGP, perciò i top rider nostri hanno siglato quei tempi con pneumatici dedicati al giro secco. Inoltre, alcune team in SBK sono davvero ufficiali e l’impegno profuso è simile a quello in MotoGP”.

Se ne parla ancora: per ridurre i costi e consentire a tutti di vincere, cosa faresti?

Il tentativo dell’organizzatore di introdurre una elettronica simile per tutti è stato efficace solo in parte: tra i piloti factory e quelli privati il divario ancora c’è, perché gli ufficiali possono scaricare a terra meglio la potenza, quantomeno. Inoltre, alcune moto presenti sembrano dei veri prototipi, sia nei dettagli che nella elaborazione. Sai che farei io? Tornerei indietro proponendo moto con il regolamento Superstock o come nel BSB, dove le gestioni elettroniche sono quelle di serie, economiche e semplici”.

Cosa hai notato nella seconda gara? La griglia invertita ti ha convinto?

“Non è cambiato nulla, perlomeno in Australia. Magari potranno esserci delle sorprese in caso di gara bagnata, vedremo. A Phillip Island i valori livellati tra la Kawasaki, la Ducati e la Yamaha sono stati determinati dal rendimento delle gomme, io penso che il campionato inizierà veramente in Europa, con il round di Aragon credo che già lì potrei risalire la china”.

Anche Riccardo Russo, nonostante sia un rookie, rimarca le parole del più esperto Badovini: “a Phillip Island il livello dei piloti e delle moto era altissimo -esclama il pilota del team Guandalini- noi e la R1 eravamo ancora ‘acerbi’, perché ci servono tanti chilometri in pista e dati da raccogliere. Con il tempo e con le gare, potremo arrivare alle posizioni che contano”.

In particolare, cosa ti ha colpito nelle due manche?

Il livello dei piloti è alto, già lo sapevamo. Io ho notato che le moto ufficiali hanno un livello prestazionale incredibile, dovuto alla preparazione dei motori e, soprattutto, derivante dallo sviluppo apportato nelle sezioni elettroniche: questo particolare fa la reale differenza tra ufficiali e privati”.

Anche tu proporresti un passo indietro nella elaborazione delle moto?

“Sarebbe bello farlo: il campionato risulterebbe più livellato e avremmo tanti i piloti a giocarsi le vittorie. In questo momento, con il regolamento attuale, le SBK sono davvero vicine alle MotoGP e i tempi sul giro parlano chiaro”.

 

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