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SBK, Badovini: in Superbike grazie a... Babbo Natale

Il piccolo e forte pilota di Biella da bambino iniziò per gioco sulle minimoto e nel 2017 tornerà in SBK con la Kawasaki Grillini 

Badovini: in Superbike grazie a... Babbo Natale

Ayrton Badovini è di Biella, una città situata nel nord del Piemonte, dove le specialità motoristiche ed una eventuale carriera nel settore non sono propriamente in cima alla lista delle possibilità.

Eppure, questo ragazzo di 30 anni ce l’ha fatta, e tutto nacque quasi casualmente: “vidi una minimoto nel centro fieristico di Biella e me ne innamorai a prima vista. Quella piccola ‘motina’ mi piacque così tanto che, nel periodo natalizio, la chiesi direttamente a Babbo Natale che, fortunatamente, me la porto; ero davvero felice tanto da diventare contagioso: pure mio papà e mio zio presero una minimoto e, tutti insieme, andavamo a girare nei parcheggi liberi in città”.

Vedendo dove sei arrivato, quel Natale fu profetico. Credi nei sogni anche ora da adulto?

Sicuramente sì, ci mancherebbe. Se si smette di sognare e senza desideri da realizzare, meglio smettere di vivere…

Da quella minuscola moto a questa SBK che guidi oggi ne hai fatta di strada…

Sì, dopo il gioco delle minimoto, io e la mia famiglia ci siamo avvicinati al mondo delle gare, siamo andati bene all’inizio ed è cominciata una salita sempre più ripida ma soddisfacente”.

Ayrton sfoggia, da sempre, la tabella numero 86, sarà un caso, ma corrisponde al suo anno di nascita: “pensa, questo numero mi fu assegnato nel trofeo Aprilia Challenge: era uno dei pochi rimasti liberi e, in fondo, mi piacque tanto, anche perché io sono nato nel 1986 e quindi, questo ennesimo segno del destino lo vidi come un episodio simbolico e sono affezionato al mio numero di gara. Sento mio l’86”.

La domanda non è originale, ci rendiamo conto, ma è indispensabile: “mi chiedi perché io abbia il nome Ayrton? Presto detto: ovviamente il mio nome è stato preso dal grande Senna ma, se ci pensi bene, nel 1986 Ayrton era un pilota di Formula Uno molto forte ma non aveva ancora ottenuto i grandi risultati degli anni a venire. Però ai miei genitori colpì subito il suo stile e soprattutto il nome. Ed eccomi qui”.

Era piccolo Badovini negli anni ’80 e '90 ma ricorda il grande Senna: “sai, io della tecnica di guida di Senna ricordo molto poco e, purtroppo, Ayrton se ne andò quando io ero ancora troppo piccolo per capire bene come guidasse. Ma una cosa mi è rimasta impressa, subito, ed ancora ci penso: Ayrton Senna era davvero metodico nel lavoro che faceva e trasmetteva passione alla gente che lo guardava. Inoltre, mi piaceva vederlo dedito al lavoro anche nell’hobby che abbiamo in comune, il modellismo sportivo”.

Quindi, tu sei dedito al lavoro?

Decisamente”.

Una bilancia con due piatti tra talento ed impegno, dove dovrebbe pendere per avere ottimi risultati?

Dipende, tutto è relativo. Il lavoro aiuta a fare bene e l’impegno nel lavoro alimenta un buon risultato. Ma, specialmente nel mondo delle corse a motore di livello internazionale, l’ingrediente ‘talento’ è indispensabile. Trovare una pozione magica con le percentuali precise della ricetta è molto difficile”.

Ayrton è piccolo e tosto, non gode della altezza di Ben Spies o Loris Baz, tanto per citarne due: “quando mi impegno, arrivo al metro e settanta” ma questa caratteristica fisica per Badovini non rappresenta un limite, anzi: “tra tutti gli stili di guida e tecniche possibili e presenti, io mi reputo uno di quei piloti che ‘fa poca strada’, mettiamola così. Ovvero, quando instauro il feeling giusto con la moto che guido percorro le traiettorie con ingressi stretti ed uscite strette, senza sprecare spazio e tempo. Mi sento un ottimizzatore, se si può dire”.

Il carattere di Ayrton è molto mite, misurato e pacato e le sue risposte sono sempre condite da un certo garbo ed educazione, anche se…io sono un calcolatore, ovvero, preferisco prevenire che curare. Ma mi incazzo pure io, eccome! Chi mi conosce bene sa che è meglio non farmi arrabbiare. Nel lavoro che faccio questo mio aspetto non traspare, perché provo sempre a non avere nemici. Però, a volte, arrivano lo stesso”.

E tu che fai?

Ah, non temere: sono pronto a farmi rispettare”.

Preferisci essere il più veloce di tutti o sconfiggere un avversario?

Si torna alla domanda di prima: prediligo battere un avversario, specialmente se questo mi ha fatto incazzare in qualsiasi modo. Che me ne faccio del record sul giro a… Sepang, per esempio?! La soddisfazione la sento quando ribadisco e rispondo agli attacchi degli avversari, ovviamente, tutto questo a livello agonistico e sportivo, dentro la pista. Tutto inizia e finisce tra i cordoli. Fuori dal nastro di asfalto non ha senso avere nemici o qualcuno con il quale vendicarsi”.

È giusto che sia così, no?

“Sì. In pista si va per fare meglio di sé stessi e degli altri. Ti anticipo una domanda?

Vai!

In molti anni di carriera in gara ho battuto tanti avversari che avevano, come dire, ‘rotto i maroni’ durante le qualifiche o in situazioni del genere. Quindi, se vuoi sapere qualche nome, io non lo faccio, perché, tutt’ora, io penso che loro siano amici e il duello è solo sportivo”.

Avrei dovuto chiedertelo prima. O, forse, dopo: chi sono stati i tuoi idoli da ragazzino?

Erano due, entrambi fantastici e spesso rivali: Michael Doohan e Max Biaggi”.

Due tipi agli antipodi…

Sì. Di Doohan apprezzavo il suo stile e ne ero molto affascinato. Di Biaggi, bè… Max era un grande, io ero un suo grandissimo tifoso. In certi aspetti provo ad emularlo, ma non potrei mai paragonarmi a Max. Diciamo che, però, nella costruzione del risultato finale io mi sento più vicino a Biaggi che a Doohan. L’essere puntiglioso e metodico, quasi calcolatore, nel lavoro sulla moto è una caratteristica che condivido con Biaggi”.

Torni in SBK e, per ora, con Melandri, Savadori e Russo siete i soli italiani in questa categoria. Come mai?

Io penso che sia la stessa Dorna a volere un campionato SBK internazionale. Ecco perché vediamo piloti provenienti da tante diverse nazioni. Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare: nonostante molte strutture siano italiane e ben 3 moto tricolori (Ducati, MV Agusta ed Aprilia) a scarseggiare sono le sponsorizzazioni a favore di noi italiani. Questo secondo fattore determina la presenza finale nella lista degli iscritti al prossimo campionato”.

Il test a Jerez con la ZX10R del team Grillini come è andato?

Innanzitutto, abbiamo definito la posizione in sella per me; la moto era una novità e la squadra mi ha trovato una seduta eccellente e la posizione di pedane e semimanubri ideale per la mia statura e per il mio stile di guida; tutto ciò ci darà un ottimo punto di partenza utile per il prossimo test di gennaio”.

Sei soddisfatto della tua velocità?

“Sì. Considerando i riferimenti degli altri piloti, anche se si tratta di tempi ufficiosi e poco attendibili, sono stato veloce. Certo, è un risultato poco indicativo perché abbiamo girato su pista bagnata e non omogenea, ma noi non abbiamo arrancato, tutt’altro”.

Questa SBK moderna è differente da quelle che hai guidato qualche anno fa?

Faccio fatica a risponderti perché oggi ho solo compiuto 30 passaggi sull’acqua; per un raffronto significativo dovrò girare in condizioni di asciutto. La cosa importante, guardando al presente, è che sia io che il team Grillini sappiamo dove dovremo migliorare”.

Quale è la nota migliore di questo test?

Due note: Il feeling con la moto e l’intesa con la squadra. Io ho guidato sentendomi a mio agio e loro sanno in che aree della Kawasaki dovranno lavorare durante l’inverno e, ne sono convinto, lo faranno molto bene. Mi aspetto grandi cose dalla nostra prossima stagione in SBK”.

La felicità di Ayrton trasuda da ogni poro e si avverte la gioia di un pilota che è stato anche disoccupato: “lo scorso anno, in soli 3 mesi, sono passato dallo stare a casa disperato senza una moto con cui correre e, improvvisamente, trovarmi in Malesia vincitore alla mia prima gara con la Honda CBR Supersport. E sai perché è successo tutto questo?”

Bè, sì. Cioè, no. Dimmelo tu…

Il pensiero positivo. Questo non è un segreto, né marketing, ma la realtà: chi pensa positivo ottiene, quantomeno, delle possibilità. Io alimento questa caratteristica con un po' di training autogeno, di cui sono molto affascinato. E non demordo. Mai”.

Cosa pensi di tutti i giovani che vogliono fuggire dall’Italia in cerca della cosiddetta “Terra Promessa”?

“L’erba del vicino è sempre più verde, no?! Sicuramente, per quanto riguarda l’Italia, il periodo attuale è difficile; chi anni fa si faceva il culo per arricchirsi, ora, a parità di impegno, sopravvive o poco più. Magari, in qualche Paese estero, vigono regimi fiscali meno severi e restano margini più grandi coi quali vivere e realizzare i propri progetti. Ma io penso ci siano ottime strade che portano al successo anche in Italia, bisogna solo darsi da fare”.

Anche di fronte alla domanda più difficile, Ayrton ha le idee chiare: “se non avessi corso in moto, che avrei fatto? Lo so: sarei comunque rimasto a lavorare nell’ambiente sportivo; la mia più grande passione è la preparazione atletica. Vado da molti anni in palestra e con l’aiuto del mio preparatore Mauro di Biella ho un programma diversificato in base alle esigenze: resistenza, recupero fisico, prove di adattamento ai diversi climi internazionali… insomma, mi faccio un culo così”.

Sei piccolo ma tosto…

Vado anche in bici ma… lascia perdere. Io amo il bodybuilding”.

Ah. Ma non è uno sport controproducente per i piloti? Lo stesso Doohan esagerò coi pesi e si infortunò una gamba.

Sì, mi ricordo di Doohan. Anche a me è capitato di esagerare coi pesi sino a rimediare uno strappo ai muscoli lombari. Ma, con gli anni, ho imparato le tecniche e le esecuzioni dei movimenti adatte e…

E…?

Prima della gara in Olanda mi stavo preparando per gareggiare in una prova di panca piana: spinte coi muscoli pettorali ed una media tra numero di ripetizioni e peso massimale. Io ero arrivato a sollevare oltre il quintale di peso, se pensi che sono 66 chili…

Ayrton ha citato Biella ed il piacere che prova quando torna nel luogo delle sue radici si avverte, ma la riviera romagnola è il suo luogo ideale: “mare, io voglio vedere il mare. Ho deciso di trasferirmi qui per vari motivi: collegamenti utili per il mio lavoro, mentalità e passione motoristica della gente e la possibilità di fare pesca in altura dalla barca e farlo mi rendere libero dai pensieri”.

Pensieri. Hai mai paura?

Sempre. Io ho paura di cadere ogni volta che salgo in sella, perché negarlo? Non sono mai stato capace di non sentire la paura però, in anni di esperienza, ho imparato a gestire questa emozione sino al limite più alto. Chi non prova paura non può essere coraggioso. Sono due facce della stessa moneta che continua a girare su sé stessa. Comunque, una scivolatina innocua può essere, come dire…”

Liberatoria?

Precisamente!”

In gara preferisci inseguire o essere inseguito negli ultimi giri decisivi?

Io prediligo studiare l’avversario alle sue spalle, specialmente se so di avere un passo più veloce del suo. Io faccio le manovre una volta sola e preferisco che il mio sorpasso sia netto, definitivo. L’avversario non deve poter ribadire”.

E con le donne usi la stessa tattica?

“(Ride)… naaa, io sono un tipo da storie longeve e tanta serenità: convivo felicemente e mi piace questa situazione di stabilità. Non ho ancora figli”.

A proposito, cosa suggeriresti ai giovani che iniziano con le moto?

Mi piacerebbe molto avere qualcosa di buono da dire ai ragazzini di oggi. Ci provo: io ho avuto delle piccole fortune, ai miei esordi, ma non provengo da una famiglia economicamente ricca. I miei genitori erano operai, io ho avuto il merito di farmi trovare nel luogo giusto nel momento giusto; tutto ciò che è arrivato lo ho vissuto come un grande guadagno e non ho mai speso per correre, anche perché, non ho soldi da spendere. Mi piacerebbe, a carriera finita, dare una mano a chi ne ha bisogno ma, attualmente, non saprei da dove iniziare. La federazione italiana ci sta provando, ma non è il momento più propizio”.

I tuoi genitori ti seguono ancora alle corse?

“Certo, mia mamma è sempre un po' più apprensiva, mentre il mio papà è, oggi, esattamente come era ai miei esordi: sincero, obbiettivo e spontaneo; se ho fatto una gara di merda, lui dice ‘Sai, Ayrton, oggi hai corso di merda’ ed io apprezzo molto questa trasparenza. Ma lui non è mai invadente, e questo è il segreto di un buon genitore: restare super partes senza infliggere sentenze ai figli quando fanno male, tantomeno montare loro la testa quando fanno bene. Non solo nelle gare di moto, bensì, in generale. I giovani devono godersi la loro età e le loro tappe, passo dopo passo”.

Essere uomo con i sogni del fanciullo: Ayrton Badovini da Biella che porta ancora l’orecchino messo ai tempi della scuola insieme ai suoi amici di infanzia, che ricorda i tempi in cui suonava il violino, uno strumento deciso ma soave; colui che dalla minimoto regalata da Babbo Natale ritorna in SBK con una Kawasaki ZX10R del team Grillini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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