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SBK, LA STORIA, Alex & Sam Lowes: uno per tutti

One to one - I gemelli si raccontano. Vi sveliamo il trucco per distinguerli fra Superbike e Moto2

LA STORIA, Alex & Sam Lowes: uno per tutti

Alex Lowes poggia l'indice sulla tempia sinistra, in un punto poco sopra lo zigomo: “per saperlo devi guardare qui, accanto all'occhio. Se vedi una cicatrice, sono io. Se non la vedi, è Sam”.

Alex e Sam Lowes sono gemelli. Due gocce d'acqua. Sam è il maggiore: “più vecchio di due minuti” bofonchia Alex “ed è una vita che me lo ricorda, un giorno sì e l'altro anche...”. Sam: “beh, è un particolare che riveste una certa importanza. Legalmente”.

Alex e Sam sono di Lincoln, contea inglese tre ore d'auto a nord-est di Londra. Il padre, Stewart, è un piccolo imprenditore; la madre, Donna, lavora con lui. Poi ci sarebbe Wilfred: Wilf, per gli amici. Il nonno. Molto, molto importante nella vita dei ragazzi. Ha insegnato loro  il  golf; poi, ben prima che Alex diventasse campione inglese di Superbike (oggi gareggia nel Mondiale SBK) e che Sam conquistasse il titolo di campione del mondo SuperSport (oggi scende in pista in Moto2, l'anno prossimo sarà in MotoGP con Aprilia), Wilf aveva catechizzato i ragazzi: “non inseguite il denaro. Seguite la passione; aver passione è il primo passo per essere bravi; essere bravi è il primo passo per fare soldi”.

Alex LowesBisogna dire che, con due gemelli che s'erano messi in testa di correre, soldi ce ne volevano davvero. Sam Lowes: “Serviva sempre due di tutto: due moto, due tute, due paia di guanti...”. Alex Lowes “… ed anche le preoccupazioni arrivavano a coppie: due ginocchia sbucciate, due gomiti gonfi...il momento critico, economicamente, è arrivato quando avevamo quindici anni: papà e mamma hanno ipotecato la casa, per farci correre”.

Sam: “Non riesco proprio a ricordare chi tra noi due abbia avuto per primo l'idea che correre in moto poteva essere bello. So che a tre anni era per entrambi un fatto acquisito”. Alex: “Dormivamo su due letti a castello; la sera, era tutto un chiacchierare di moto e di piloti. E di giorno, tutto era una sfida: chi faceva il salto più lungo, chi era il più veloce, chi era più bravo a scuola”.

Sam: “…. e a scuola, bisogna dirlo, andavamo bene”. Stewart era stato chiarissimo: volete correre? D'accordo: mi impegno la camicia ma da voi, a scuola, pretendo il massimo. Sam: “l'ha ottenuto. All'esame finale – da noi si fa a sedici anni – su dieci test ho ottenuto otto A. Che è il massimo. Negli altri due, A+ in entrambi: matematica e ginnastica… Per quasi tutta la carriera scolastica” continua Sam “siamo stati compagni di banco. Negli ultimi anni ci hanno divisi, sistemandoci in classi diverse. Un po' perché assieme facevamo casino, un po' perché nei test ottenevamo sempre le stesse identiche valutazioni. Una cosa sospetta; così, io di qua, Alex di là. Risultato: all'esame finale, quello di cui sopra, abbiamo ottenuto di nuovo le stesse, identiche valutazioni. Io in una stanza, lui nell'altra...”.

Sam LowesDa questo momento, però, qualcosa è cambiato: proprio nel momento della massima identità, nei giorni nei quali Alex e Sam si potevano sovrapporre fin quasi a combaciare, le differenze hanno iniziato poco a poco a farsi. Non che prima non ci fossero, delle piccole luci tra una sagoma e l'altra, ma erano inezia. Alex preferisce il blu, Sam il rosso. Alex ha una idea più precisa del valore del denaro; per Sam, il mondo è gioia. Sam è più chiacchierone; Alex è più silenzioso. Sam: “ho sempre parlato io per tutti e due”; Alex: “mi sono sempre fatto carico di altro, per tutti e due”.

Pochi elementi, rapportati a quelli che invece marcano l'identità di vedute e di desideri. Ad entrambi piacciono le Ferrari; entrambi adorano il film Top Gun; entrambi preferiscono le more ed entrambi hanno consensualmente giocato sull'equivoco della identità, quando è stato conveniente.

Sam: “se finivamo nei guai, io dicevo che era stato lui, lui diceva che ero stato io: nessuno sapeva sbrogliare la matassa, e tutto finiva in cavalleria”. Soprattutto, condividevano lo stesso intenso sogno.  Per afferrarlo, però, si sono resi conto che era necessario percorrere strade diverse. E' iniziato quando Stewart ha capito che anche ipotecando la casa non ce la si poteva fare. Bisognava approfittare delle occasioni che si presentavano. Anche se non realizzavano in pieno il desiderio del momento.
 
Alex: giravo di circuito in circuito portando come me la tuta. La mia speranza era la defezione di qualche pilota all'ultimo momento, e che mi chiedessero di sostituirlo. Qualche volta è successo. Per esempio, quando il vulcano (Eyjafjöll, anno 2010, ndr) ha provocato il blocco dei voli in tutto il nord Europa, un pilota norvegese non si è presentato. Era una gara di SuperSport; io ero lì; erano mesi che non correvo, ma in qualifica mi sono piazzato in prima fila. In gara la moto si è rotta. Ma ho pensato: se dopo mesi di inattività ancora ce la faccio, non devo essere male”.

Sam LowesE l'autostima ha raggiunto il livello successivo.
“E conosci la storia di Sam?” continua Alex. “Dunque: si è presentato al Motor Show di Birmingham; non aveva uno straccio di sponsor  ma, tranquillo tranquillo, ha spiegato al direttore sportivo di un team i che invece no, lo sponsor l'aveva, e che avrebbe pagato. Ho obiettato: ma dai di testa? E lui: tranquillo; faccio la gara, la vinco de poi vediamo: starà a lui decidere se mandarmi a casa oppure no. E' andato, ha vinto, lo hanno tenuto e, a fine stagione, è arrivato anche ha vinto il titolo. A Brands Hatch, in pit-lane, ci siamo detti: son o cose da raccontare ai nipoti”.

I due hanno preso, quindi, strade diverse. Cambiando le strade, anche lo stile di guida un po' si è differenziato. Per necessità: “Moto2 e Superbike pretendono di essere guidate in maniera differente”  sottolinea Sam. “Così, Alex adesso pare più fluido di me. Ma solo perché così vuole la moto. Altrimenti sarebbe aggressivo tanto quanto lo sono io...”.

C'è da chiedersi se il fatto di essere così  competitivi non dipenda proprio dall'essere gemelli: perché se è vero che il proprio “identico” è il più grande amico, è anche il primo avversario che si incontra nella vita.
 
Alex: “probabilmente è vero. Noi non giochiamo mai; noi competiamo sempre. Pochi giorni fa siamo usciti assieme per qualche buca, su un campo da golf. Le prime otto sono state giochicchiate chiacchierando; man mano che si approssimava quella finale, che chiacchiere sono diminuite. E' calato il silenzio. E' iniziata la partita...”.

Alex LowesAlex contro Sam. Sam contro Alex. “Eppure, non abbiamo mai litigato in vita nostra”. Il rapporto è così buono che a volte (come al round del WSBK di Misano, recentemente) Sam ha lavorato come tecnico per Alex. Altre volte è successo il contrario.
 
E Wilfred: aveva ragione? La passione porta al successo, ed il successo porta al denaro? Stewart e Donna, hanno riscattato la casa?
Sam: “Qualche soldino adesso arriva. Ho cominciato ad avere idea che forse il vento avrebbe potuto cambiare nel 2011, l'anno dopo la conquista del titolo. Ma non ero mica tanto sicuro: per diverso tempo ancora mi sono mosso in un contesto molto, molto modesto...”. Alex: “Papà e mamma hanno fatto davvero tanto. E' bello, adesso, riuscire a ripagarli. Vengono a tutte le gare; la prossima sarà a Laguna Seca. Sarà la prima volta che vedranno la California, e sarà anche il compleanno di papà. Verrà anche Sam; faremo festa. Dobbiamo loro davvero molto. E non solo in termini economici. Ci hanno insegnato una cosa molto importante: distinguere tra il bene ed il male. Dobbiamo molto a loro ed a nonno Wilfred".

Aveva ragione, Wilf: i soldi sono strani; hanno il potere di renderti infelice, quando mancano, ma averli non è garanzia di essere felice. Se mi alzo dal letto ogni mattina, non è per guadagnare: è per salire in moto”.


Photo: Costantino Di Domenico e PhotoMilagro

 

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