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MotoGP, Segnali di fumo: perché si è rotto il motore di Rossi

Ha ceduto una valvola per un (involontario) fuorigiri in frenata? Errore o rischio non calcolato? Tutte le ipotesi

Segnali di fumo: perché si è rotto il motore di Rossi

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In Formula 1 è un evento abbastanza normale, in MotoGP un po' meno, ma la possibilità di rompere un motore in un Gran Premio va sempre messa in preventivo.

Del resto stiamo parlando di propulsori che raggiungono i 18.000 giri, 1.000 cc di cilindrata, che erogano attorno ai 280 cv e la cui vita comunque è segnata dalla nascita. Devono, infatti, resistere per almeno 1.500 Km. Un chilometraggio dato dal fatto che dal venerdì alla domenica un pilota percorre mediamente 600 Km, che moltiplicati per 18 GP fa 10.800 Km. Dividendo questo numero per i 7 motori concessi dal regolamento ecco che viene fuori la 'vita' prevista di un propulsore.

In realtà i motori motociclistici sono…'fortunati' perché il massimo regime di rotazione viene raggiunto e mantenuto per meno del 30% del tempo di gara, che diventa il 70% in F.1. Il motivo è semplice: le curve.

In F.1 grazie all'enorme deportanza ottenuta grazie al carico aerodinamico i piloti possono tenere il piede giù, cosa impossibile per i loro colleghi motociclisti. Per non parlare del tempo in più concesso loro da staccate molto più corte.

Comunque sia la Yamaha domenica ha rotto due motori: quello di Lorenzo al termine del warm up e quello di Rossi dopo otto giri di gara.
La domanda, anzi le domande sono due: è stato un errore di calcolo? E poi: cosa è successo?

Alla prima oggi ha provato a rispondere sul Corriere dello Sport a firma del collega Fulvio Solms Claudio Lombardi, 74 anni, progettista in Fiat, Lancia, Alfa, Ferrari e Aprilia.

"La F.1 è una tecnologia acerba - spiega Lombardi - perché i regolamenti dal 2014 sono puntati più sull'efficienza che sulle prestazioni. Il numero di motori è limitato, alcune parti sono standardizzate, insomma ci sono diversi vincoli e quindi bisogna evolvere, sperimentare. Tra l'altro con queste power unit l'asticella è stata posta molto in alto e tutto risulta complicato.

Nelle moto al contrario parliamo di una tecnologia matura, anche se il vincolo della centralina standard può aver spinto alcuni ad esasperare la ricerca per ottenere maggiori prestazioni. Ma secondo me la ragione delle due rotture della Yamaha è un'altra: ho l'impressione che abbiano puntato tutto sul lunghissimo rettilineo (1.141metri N.d.R.) dove la potenza si sviluppa in pieno ed a lungo. Forse hanno lavorato sull'anticipo dell'accensione.

Hanno corso dei rischi, ciò che casualmente ha procurato la rottura a Valentino ma anche la vittoria in Volata a Lorenzo per soli 19 millesimi. Un rischio lecito? Secondo me sì, perché poteva, come è stato, essere decisivo anche se il prezzo pagato è stato alto. Se non lo avessero corso avrebbe vinto la Honda".

Dov'è stato dunque l'errore della Yamaha? Forse nel non ritirare il motore di Rossi dopo aver visto esplodere in una nuovola di fumo quello di Lorenzo?
Sembrerebbe di no.

Con il terzo motore punzonato, Lorenzo aveva infatti effettuato FP3, FP4, Q2, WUP e gara a Jerez; FP3, FP4, Q2, WUP e gara a Le Mans; FP3, FP4, Q2 e WUP al Mugello. Quello di Rossi, invece aveva girato nella FP3,FP4,Q2,WUP e gara a Jerez; WUP e gara a Le Mans; WUP e gara al Mugello.

Era dunque più fresco. E secondo gli ingegneri giapponesi non a rischio di cedimento in base al chilometraggio.
C'è però ancora da rispondere al secondo quesito: cosa è successo?

La lunga, pesante, fumata bianca parla chiaramente di una rottura. Rossi ha parlato di una incertezza nel giro precedente che gli avrebbe causato uno dei dritti alla staccata della San Donato.

Quella 'incertezza' può essere stata causata da un involontario fuorigiri per trascinamento. Un errore del pilota dunque? Una cosa possibile ancorché improbabile per uno dell'esperienza di Rossi.

Va ricordato infatti che i fuorigiri in accelerazione sono impossibili perché interviene l'elettronica ed il limitatore ad impedirli. Quando invece il motore è trascinato, come nel caso di una violenta frenata con le marce sparate dentro in rapida successione può accadere che si superi il massimo di giri consentito.

A risentirne in questo caso sono le valvole, che possono cedere. In alcuni casi di rotture clamorose abbiamo visto addirittura lo stelo rompersi e piantarsi nel cielo del pistone. Ma anche questo organo può essere rimasto danneggiato fino a bucarsi.

Possiamo solo azzardare ipotesi, comunque. Solo se la Yamaha deciderà di farlo sapremo con certezza cosa è accaduto. Per il momento l'unica cosa certa è che fino al momento della rottura le temperature erano sotto controllo. Quindi si è trattato di un cedimento improvviso e non causato dal surriscaldamento causato da 8 giri percorsi nella scia di Lorenzo.

Rimane il dubbio del perché a nessuno è venuto in mente di cambiare il motore a Rossi in via precauzionale.

Ha risposto Silvano Galbusera  Radio24: "Tutto ci saremmo immaginati tranne di rompere un motore. Quello di Vale, poi, aveva meno chilometri di quello di Jorge. Sarebbe stato rischioso cambiarlo e fare il GP senza che avesse mai fatto un giro".

Insomma, come dicono gli anglosassoni: "shit happens!".
Rimane in piedi l'ipotesi di una partita di pezzi difettosi, nati cioè male ed incapaci di resistere al chilometraggio previsto.

La Yamaha proverà a scoprirlo nella settimana che ci divide dal Gran Premio di Barcellona. E c'è da sperare che sia così perché il regolamento prevede che anche i motori non punzonati restino 'congelati' nello sviluppo.

Si possono cioè cambiare componenti interni, magari con altri prodotti da altro fornitore, ma i disegni e le quote originali non possono essere modificate.
Per i motoristi di Iwata c'è di che tremare, anche il rettilineo di Barcellona non scherza.

 

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