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Quando Yamaha provò a stravolgere l'aerodinamica della MotoGP

I test segreti condotti a Valencia nel 2002 avrebbero potuto stravolgere lo stile del design motociclistico

Moto - News: Quando Yamaha provò a stravolgere l'aerodinamica della MotoGP

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Correva l'anno 2002 ed era appena nata la nuova categoria MotoGP, con le moto 1000 a 4 tempi in sostituzione delle 500 a 2 tempi. La prima stagione fu di transizione, così si decise di far correre le due tipologie assieme in un'unica classifica, con risultati ovviamente sbilanciati verso le migliori prestazioni delle nuove arrivate. 


Lo sviluppo della MotoGP e dell'aerodinamica


Già dai test invernali sulle nuove moto, si notò la supremazia del progetto Honda, che mise sotto il vestito della RC211V un motore a V5, qualcosa di mai visto nel mondo delle competizioni. Yamaha - rivale che avrebbe dovuto tenere il passo - faceva fatica a mettere a punto la propria M1 a 4 cilindri in linea e fin dalle prime fasi di sviluppo ci furono grosse difficoltà.
A pochi giorni dall'inizio del primo campionato a 4 tempi della nuova era, però, Iwata organizzò un test segreto nel circuito di Valencia in collaborazione con il team Red Bull, che avrebbe dovuto correre con le vecchie YZR 500 guidate dal veterano Garry McCoy e dal giovanissimo John Hopkins.
La giornata fu dedicata ai test di una rivoluzionaria carena anteriore, già ampiamente testata in galleria del vento con risultati molto soddisfacenti. Nella simulazione statica, il nuovo elemento aerodinamico ha dato circa 10 km/h in più alla velocità massima, mancava quindi soltanto un test pratico per capire se questa soluzione poteva essere utilizzata da subito in gara.


Il test segreto


Con McCoy infortunato, la responsabilità del test passò al giovane ma promettente John, che avrebbe dovuto dare le prime sensazioni di guida con la rivoluzionaria e bizzarra carenatura anteriore. Si trattava di qualcosa molto simile alle carene "a campana" di fine anni '50, ma la ruota anteriore non era completamente coperta e due enormi bocche garantivano un grosso afflusso d'aria nelle prese che raffreddavano il motore, generando anche grosse pressioni in airbox.
Anche la larghezza era notevole, maggiore rispetto a quella dei cupolini tradizionali e che si allargava anche nella parte inferiore, aumentando non poco la sezione laterale della moto e rendendo del tutto inutile l'utilizzo di un parafango anteriore. Era qualcosa in netto contrasto rispetto a quello che Honda stava facendo con la sua RC211V, dotata di un cupolino molto stretto e dimensioni generali più compatte della vecchia NSR 500.
La scelta di percorrere strade diametralmente opposte è la dimostrazione di come, in quegli anni, lo sviluppo di queste nuove moto fosse ancora in fase embrionale. Inoltre, il fatto che Yamaha stesse testando la sua soluzione su una 500 e non su una MotoGP non era poi tanto importante, lo scopo era di verificare se davvero quella nuova soluzione aerodinamica avrebbe regalato più velocità, necessaria al 4 cilindri di Iwata contro il mostruoso 5 cilindri Honda.


Le cose non andarono come previsto


Con il senno di poi, è facile capire come andarono le cose. Quel 21 marzo 2002 e quel test a porte chiuse a Valencia fu deludente. John Hopkins ebbe modo di girare parecchio con quella moto, dando le sue sensazioni ai meccanici. La moto, secondo lui, era più o meno simile nel comportamento generale ma più veloce nei cambi di direzione. Nella telemetria, tutto sommato, non vennero riscontrati grossi miglioramenti nella velocità di punta in rettilineo e i tempi sul giro non migliorarono rispetto a quelli fatti con la moto in configurazione standard.
Poi ci fu la caduta, con John che andò largo in uscita di curva in piena accelerazione, distruggendo l'unico prototipo di carena a campana disponibile per quel test. In pratica fu un nulla di fatto e il progetto venne messo direttamente in archivio, continuando a sviluppare soluzioni più tradizionali per il futuro.


Un test che avrebbe deciso il futuro del design motociclistico


E se quel test fosse andato bene? Probabilmente non avremmo avuto le MotoGP che abbiamo ora, ma moto profondamente diverse, esteticamente più bizzarre e quasi completamente carenate nella parte anteriore. Chissà, poi, se questa tendenza avrebbe influenzato anche le moto stradali e le derivate di serie avrebbero corso in SBK con carene super avvolgenti e abbondanti. Facili congetture.
In sostanza, si sarebbe potuta avverare la visione di alcuni designer degli anni '80 e '90, con moto dalla enorme sezione anteriore come il concept Suzuki Nuda, la Gilera CX 125 o l'ancora più fantasiosa moto dell'anime Akira. Immagine di un futuro che non è mai arrivato, anche se in Yamaha hanno provato a renderlo reale. 
L'unico documento che si ha di questa vicenda è nel docu-film sul motomondiale Faster del 2003, dal quale sono riprese le immagini della gallery.

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