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Suzuki SV 650: non chiamatela "entry level"

Moto - Test: Suzuki SV 650: non chiamatela "entry level"

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Si può descrivere una moto partendo solo dai numeri? Proviamoci. Quelli che abbiamo davanti parlano di 197 kg di peso, di 76 CV di potenza, di 26 km con un litro di benzina e di 6.490 (f.c.) euro per portarsela a casa. In mente viene la parola ‘entry level’, che fa figo perché è inglese ma dall’altra parte sa tanto di ‘voglio ma non posso’.

Però, a vederla ferma sul cavalletto, la nuova SV650 di Suzuki non ha esattamente l’immagine del prodotto economico di cui vergognarsi al bar. La linea non è stravolgente, classica anzi col suo occhio tondo, ma quel codone affusolato la slancia e gli dà un tocco di sportività. Poi ci sono il telaio a traliccio (in acciaio come il forcellone) e il bicilindrico a 90°.

Ci si accorge che sia una moto ‘per tutti’ e che non fa paura quando si monta e i piedi sono ben piantati a terra, grazie una sella ‘bassa’ solo 785 mm. Allora accendiamola e il cruscotto (tutto digitale) prende vita, svelando tante informazioni utili e a portata di occhiata.

Prima dentro, la frizione è un burro, e c’è anche un sistema (si chiama Low RPM Assist) che rende pressoché impossibile imballarla in partenza. Già, la SV 650 è facile, in tutto, fin dai primi metri. Il bicilindrico di 645 cc borbotta tranquillo e non vibra (poco anche quando gli si tira il collo o ad andature autostradali), le marce entrano bene e la posizione di guida è naturale. Braccia leggermente distese e gambe piegate ma non troppo.

In città va quasi meglio di uno scooter, sguscia fra le auto e il comando della frizione morbido (ma la leva non è regolabile, a differenza di quella del freno) non affatica. Il propulsore non scalda neppure molto e alla fine ci si diverte anche nel traffico.

Dove la SV dà il suo meglio, però, sono le strade tutte curve. Non importa come le interpretate, se passeggiando con dentro la marcia lunga o cercando il Vinales (è pur sempre una Suzuki…) che è in voi. La SV è sincera, si lascia guidare dando fiducia e non facendo scherzi.

Che poi significa che ci si può godere la strada, trovare il proprio passo senza patemi, sapendo che la propria compagna meccanica ti seguirà fedele.

Si può entrare in curva forte e accelerare senza patemi, anche se non ci sono aiuti elettronici, perché i CV ci sono ma sono a misura d’uomo.

In soldoni, il neofita di diverte senza timori e l’esperto… si diverte anche lui, perché di sostanza ce n’è. Il motore è quasi elettrico ai bassi regimi, ma sa tirare fuori la grinta quando serve e se serve lo spunto per un sorpasso, non c’è che da chiedere all’acceleratore.

I chilometri passano e la testa cerca qualche difetto. Ecco, i freni (con ABS) forse non sono troppo incisivi, a meno di strizzare la leva, ma chi ha meno esperienza ringrazierà. Poi, il passeggero, ha come unico appiglio sulla moto il vetusto laccetto di cui nessuno ha mai capito l’utilità. Anche la sua porzione di sella non è un trono, cosa che però ci sta per una moto come questa.

Peccatucci veniali, su una moto che ha il pregio di costare poco e che non rinuncia a (quasi) niente. Una due ruote per tutti i giorni, che sa districarsi nelle diverse condizioni e che riesce ad attirare non solo il neofita. Non chiamatela entry level.

Per questo test ci siamo vestiti con:

Casco: LS2 VECTOR 

Giacca: DAINESE STRIPES EVO C2

Guanti: DAINESE DOUBLE DOWN

Scarpe: DAINESE STREET BIKER D-WP

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