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Le Super-Tourer: 20 anni a cavallo dei 300 km/h

Dalla Kawasaki ZZ-R 1100 alla Suzuki Hayabusa. Nascita, ascesa e declino delle moto più veloci del mondo

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Il mondo del motociclismo moderno si può dividere in due grosse parti: una fetta è quella delle macrocategorie classiche (touring, sportive, fuoristrada, ecc.) che rimangono solide nel tempo e difficili da eliminare del tutto, anche con la peggiore delle crisi. L'altra parte è quella dei fenomeni di nicchia e subcategorie (vintage, crossover, bobber, ecc.) che hanno un'incidenza minore sulle vendite e possono rappresentare una moda passeggera, che si estingue e si rigenera ciclicamente negli anni. Oggi vi parliamo della storia di una di queste, quando in diverse parti del mondo si è sentita la necessità di superare i 300 all'ora con una moto stradale!


Kawasaki inventò una nuova categoria


È iniziato tutto per caso, quando una reale domanda non c'era ed è stata l'offerta a creare l'esigenza di questo tipo di moto. Per essere più precisi, fu Kawasaki la prima Casa a realizzare una moto della categoria "over 300", o quasi. Si chiamava ZZR 1100 in Europa e ZX-11 Tomcat (come l'F-18 dell'USAF) negli Stati Uniti, ma non era una novità assoluta del mercato.
Era l'evoluzione tecnica della ZX-10 di fine anni '80, una grossa tourer dalla carena aerodinamica con 135 CV di potenza e una velocità massima dichiarata di 269 km/h. Per l'epoca era già tanto, ma fu la moto seguente a diventare la moto di serie più veloce del mondo. La nuova Kawa 1100 era capace di 150 CV per 223 kg di peso e una velocità segnata di ben 312 km/h! In realtà lo scarto tachimetro era un po' esagerato, e quella velocità massima corrispondeva a circa 280 km/h.
Poco importa, il marketing di Kawa ha puntato molto sulle sue incredibili doti velocistiche e gli appassionati hanno risposto a gran voce. Nel giro di qualche anno arrivò un restyling tecnico ed estetico che ammorbidì le linee e la rese ancora più abbondante e aerodinamica. In USA scoppiò la moda e la ZZR 1100/ZX-11 fu un clamoroso successo.


L'attacco di Honda


Gli anni '90 scorrevano veloci. Erano anni di eccessi e importanti evoluzioni tecnologiche. Si sviluppò l'elettronica nell'automotive e le ciclistiche diventavano sempre più robuste e facili. Honda, già marchio moto più potente del mondo, si sentì in dovere di realizzare una concorrente per la ZZR 1100, ma che fosse più veloce ed esagerata. Nel 1996 presentò la CBR 1100 XX Super Blackbird. L'altisonante suffisso è un chiaro riferimento al Lockheed SR-71 Blackbird, l'aereo più veloce della storia.
Il "cibierrone" aveva forme non troppo abbondanti, ma il cupolino molto a punta e liscio fu un chiaro riferimento all'aerodinamica pura degli aerei e dei missili. Honda decise di percorrere la stessa strada di Kawasaki e di realizzare una moto con buone doti turistiche, senza calcare troppo sulla sportività assoluta, questa moto doveva volare sulle autostrade e non fra i cordoli di una pista. 
Il lavoro riuscì particolarmente bene ai tecnici dell'ala dorata e la XX riuscì a strappare 287 km/h di velocità massima effettiva, nonostante i "soli" 132 CV del suo motore 4 cilindri in linea, decisamente meno di quelli della Kawa. Era un progetto più giovane e al passo con i tempi, la Blackbird si guidava benissimo ed era ben fatta. Nel giro di poco la ZZR 1100 fu detronizzata.


Hayabusa, l'imperatrice


Honda si crogiolava nel suo record, ma sapeva che prima o poi qualcuno avrebbe sparato una moto più nuova, più bella e più veloce. Non si dovette aspettare molto, perchè nel 1999 Suzuki presentò la GSX-R 1300 Hayabusa, la moto che spaccò in due la storia delle touring estreme. 
Le sue forme erano qualcosa di mai visto, sembrava un toro anabolizzato. Il coefficiente di penetrazione aerodinamica era il più basso mai realizzato per una moto e le prime rilevazioni tecniche lasciarono tutti a bocca aperta: 156 CV su 250 kg e una velocità massima incredibile (rilevata all'epoca da Cycle World) di 312 km/h... veri!
Fu l'umiliazione della concorrenza e la nascita di un fenomeno mondiale. Gli americani impazzirono e l'Hayabusa (il falco pellegrino, in giapponese) diventò un cult in USA, soprattutto fra gli appassionati di gare di accelerazione e nei motoclub della comunità afroamericana, che sviluppò un vero culto e un fenomeno di tuning ancora oggi molto sentito. In Europa fu la Germania ad adottare al meglio la GSX-R 1300, una moto adrenalinica per le sparate sulle autobahn senza limite di velocità. In Italia non se ne videro tante, qui la cultura delle supersportive è diversa, ma fu l'unica delle super-tourer ad avere quell'aura dai "mito" che resiste ancora oggi.


L'accordo che uccise le Super-Tourer


La situazione stava sfuggendo di mano un po' a tutti. L'Hayabusa aveva esagerato, spostando troppo in alto l'asticella e spingendo sempre più motociclisti a cercare il limite di una moto che su strada non poteva raggiungerlo. Non furono pochi i morti a causa delle alte velocità, così nel 2000 le "Big-4" giapponesi Suzuki, Kawasaki, Yamaha e Honda fecero un accordo comune per limitare la velocità massima delle loro moto a 299 km/h.
Suzuki smise di pubblicizzare gli oltre 300 km/h del suo bolide, e le altre Case non presentarono upgrade delle proprie super-tourer. Il focus degli uffici marketing si spostò dalle megavelocità alle megapotenze, per questo la stessa natura di queste moto venne un po' a mancare, benchè il successo dell'Hayabusa continuasse indiscusso su certi mercati.
Non si vide nessun vero sfidante fino al 2006, quando Kawasaki si affacciò al mercato rispolverando quella sigla che diede vita al fenomeno delle "over 300": ZZR 1400. Come ci si aspettava, la nuova 4-in-linea da 1400cc era un mostro di potenza e coppia, con 197 CV (con air box in pressione), 136 Nm di coppia e un'accelerazione bruciante, ma la velocità massima dichiarata era di 295 km/h
La 1400 fu un successo immediato in quei mercati dove l'Hayabusa ha dominato, ma più che spodestare radicalmente la Suzuki la affiancò e le due si spartirono l'utenza. Suzuki rispose con un restyling e una nuova iniezione di potenza raggiungendo i 197 CV e i 155 Nm di coppia. La velocità massima, però, era di "soli" 296 km/h.


La fine di un'epoca


In attesa di una nuova Hayabusa, le vendite di questo genere di moto sono calate drasticamente. Per molti non ha più senso puntare sulla potenza assoluta di moto enormi fatte per essere stabili a oltre 300 all'ora, quando questo muro non si può più superare e quando le supersportive moderne riescono ad essere anche più potenti, agili e veloci sul quarto di miglio. Anche i tamarri americani ora preferiscono le Panigale e le S1000RR, ma il fascino e quella sensazione di estremo rimangono intatte quando si guardano le linee sfuggenti e ciccione di queste moto leggendarie. "E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia", dicevano in quel famoso film.


 

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