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Cosa cambia con la sospensione di Schengen per chi viaggia in moto?

Scopriamo a cosa si va incontro in caso di stop momentaneo agli accordi sul controllo delle persone

Moto - News: Cosa cambia con la sospensione di Schengen per chi viaggia in moto?

Gli accordi di Schengen, come noto, riguardano l’abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere all'interno dell'area occupata dagli stati che hanno firmato il Trattato. Parliamo di 25 nazioni e 400 milioni di abitanti coinvolti. A ogni stato, però, nel caso necessitasse di rafforzare le proprie misure di sicurezza, è consentito di derogare al trattato, sospendendolo per un limitato periodo di tempo. Proprio come paventato in queste settimane: il problema migranti (con persone che desiderano entrare in Europa per scappare da zone pericolose) e i recenti fatti di terrorismo hanno spinto qualche politico a ipotizzare tale misura. Ma come potrebbe influire tutto ciò sulla circolazione tra stati? Cerchiamo di capirlo insieme.


I rischi non mancano...


Ed è per questo che i 28 ministri dell’Interno dell'Unione Europea sono riuniti ad Amsterdam, in questi giorni, per studiare la proposta della Commissione di formare un corpo europeo di guardie di frontiera con cui gestire i flussi migratori in arrivo dal Mediterraneo. Ecco però come interviene sulla questione Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo: “A me sembra che molti di quelli che in questi giorni invocano la chiusura dei confini, portando così Schengen nella tomba, non possono o non vogliono vedere che gli effetti sarebbero catastrofici”. Schulz parla dunque di “danni economici massicci” e di una “minaccia per la crescita e per i posti di lavoro”.


Ma non tutti sono d'accordo


Danimarca, Austria e Svezia hanno già chiuso i confini con un provvedimento unilaterale provvisorio e, con l’appoggio di Polonia e Ungheria, insisteranno per una sospensione di Schengen per almeno due anni. A maggio 2016, i controlli alle loro frontiere dovranno infatti essere interrotti ma forse la loro è solo una forma di pressione nei confronti di paesi "in prima linea", come Italia e Grecia, affinché rendano operativi i centri di identificazione. Al momento, comunque, Berlino e Roma sono contrari alla sospensione.


Le conseguenze per chi viaggia


Cerchiamo di capire ora cosa effettivamente succederebbe nel caso di sospensione degli accordi per tutti coloro che si muovono tra i vari stati dell'area Schengen.
Innanzitutto, diverrebbe necessario avere sempre con sé i documenti necessari al momento del passaggio di frontiera. Quindi, una carta d’identità valida, da esibire al momento del ripristinato controllo. Lo stop momentaneo non impedirebbe di entrare nei vari Stati UE, né ai cittadini europei, né ai cittadini extracomunitari in possesso di un permesso di soggiorno valido. Questi ultimi possono viaggiare per turismo per un massimo tre mesi in tutta l’area Schengen senza chiedere visti d’ingresso. Inoltre, mentre i cittadini europei dovranno esibire solo le carte di identità, agli extra-Ue sarà chiesto di mostrare il passaporto e il permesso di soggiorno. Discorso diverso per gli irregolari e per i profughi. Inevitabili, poi, le code al confine a cui da tempo non siamo più abituati. Tra le conseguenze di ciò, facile ipotizzare un innalzamento dei prezzi al consumo: l’incolonnamento dei TIR al confine si ripercuoterebbe negativamente sui nostri portafogli. Si rischia di pagare di più in termini di tempo, stress, carburante. Infatti, il poliziotto al confine ferma tutte le auto, che vanno più piano: si consuma di più, stando in coda col motore acceso. Si perde tempo. Basti pensare a quanto tempo occorre per capire se dentro un Tir ci sono migranti. Per non parlare delle emissioni inquinanti, che salirebbero.
Internazionale.it riporta, a tal proposito, il monito di Bernard Guetta (“France Inter”): “se l’Europa dirà addio alla libera circolazione bisognerà ristabilire un numero enorme di posti di controllo frontalieri e procedere a un’assunzione massiccia di doganieri e poliziotti. I collegamenti aerei diventerebbero più difficili, le file di camion provocherebbero ingorghi ovunque e i lavoratori transfrontalieri rischierebbero di perdere il posto perché il passaggio da un paese all’altro diventerebbe troppo complesso”.

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