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Rea: MotoGP? Perso il treno, la mia casa è in SBK

“Ho capito di poter vincere dalla prima uscita con Kawasaki. La conferma sarà più difficile”

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Nel weekend – dal punto di vista dei piazzamenti – peggiore della sua stagione, Jonathan Rea si è laureato campione mondiale. Un finale dolce di un copione ricco di pagine amare, che racchiudono la vita di un ragazzo di umili origini, dimesso quanto volitivo, che ha prima scavato nel fango del motocross per poi trovare l’oro nella velocità. Una favola già udita nelle corse, che si ripete come una traiettoria. Sempre simile, mai identica.

“È stato un lungo viaggio, pieno di alti e bassi, e sono proprio questi ultimi che lo rendono più dolce – ha commentato l’asso di Kawasaki – Mi ricordo che nel 2002 ho seguito tutte le battaglie tra Edwards e Bayliss per il titolo, e mi hanno ispirato. Spero che la mia storia ispiri a sua volta qualche giovane pilota. Non bisogna mai smettere di sognare”.

Come ti senti al raggiungimento di un traguardo così importante?

“È un momento fantastico, che ho sognato fin da quando ero piccolo e pedalavo intorno a casa facendo finta di essere un pilota e commentando da solo la mia gara. Devo ancora elaborare tutte le emozioni. Per arrivare qui è servito tanto duro lavoro, sacrifici e dedizione, sia da parte mia che della mia famiglia”.

Dopo anni in Honda, hai centrato il bersaglio al primo colpo con Kawasaki…

“Ho sempre avuto con me un gruppo di lavoro fantastico, ma sicuramente il titolo non sarebbe stato possibile senza Kawasaki. Tra l’altro abbiamo firmato il contratto qui un anno fa, quindi è particolarmente significativo aver chiuso il campionato Piloti e Costruttori qui”.

Come ti immagini il tuo futuro in questo campionato?

“Vincere il titolo è stata la cosa più difficile che io abbia fatto in carriera. Confermarlo sarà ancora più arduo. L’8 ottobre presenteremo la nuova ZX-10R a Barcellona e sarò molto motivato durante tutto l’inverno per renderla ancora migliore della moto che ho oggi. La chiave è stata la nostra costanza, sono salito sul podio ad ogni manche, e questo fine settimana è stato il peggiore con due quarti posti. Abbiamo la moto più completa, e vogliamo mantenere questa caratteristica”.

A questo punto continui a non pensare alla MotoGP?

“Non guardo troppo avanti, ma penso di aver perso il mio treno per passare al motomondiale in modo competitivo. Ho solo 28 anni ma… è come quando cerchi un tipo di ragazza da quando sei giovane, ne hai alcune con le quali non ti trovi, poi ti metti con un’altra, diversa, che ti sposi. Lei per me è la Kawasaki”.

Quando hai capito di poter vincere il mondiale?

“Dopo i primi cinque giri con la Kawasaki (ride). Ero ad Aragon, e continuavo a sorridere dentro al casco. Non avevo mai guidato una moto così stabile. E mi hanno subito trattato alla pari con Sykes”.

Nel giro d’onore hai indossato due caschi che celebrano due grandi eroi delle corse su strada. Hai mai pensato di partecipare al TT?

“Vengo da un’isoletta e dalle mie parti le corse su strada sono molto seguite. Mio nonno è stato nell’entourage di Dunlop, ma la mia carriera è in SBK e non ho la volontà di correre il TT. Ma mi piace guardarlo, ed ho il massimo rispetto per chi lo fa”.

Quanto è importante per te la famiglia?

“Molto. I miei genitori hanno fatto tantissimi sacrifici, in termini di tempo e denaro, per farmi correre. Ho due fratelli ed una sorella, e tutti loro si sono lanciati nel sogno insieme a me. Sono molto legato a loro. Ora ho anche una moglie ed un figlio. Mi sembra di aver finalmente raggiunto un equilibrio”.

È quello che cerca ogni pilota. Mantenerlo è difficile, ma intanto Rea lo ha trovato.

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