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SBK, WSS in scia alla Moto2, meno elettronica nel 2016

L’ultima bozza regolamentare include un kit stock per abbassare i costi, ma il vivaio non decolla

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Il round di Jerez (in programma il fine settimana del 20 settembre) non coinciderà soltanto con la ripresa del campionato SBK dopo una lunga pausa, ma anche con la data di divulgazione del nuovo regolamento. Poche le modifiche attese per quanto riguarda la top class, alla luce dei cambi già entrati in vigore questa stagione, mentre la Supersport si prepara ad affrontare una svolta tutt’altro che marginale, tornando sostanzialmente ad un’elettronica “stock”.

In altre parole, addio alle complesse strategie di controllo dell’erogazione che vanno a intervenire su trazione, impennamento, freno motore, etc., con ogni Casa chiamata ad omologare una sola centralina già nella Stock. Il motivo? Come sempre, ridurre i costi e rimpolpare la griglia (al momento sono 17 i piloti permanenti). L’ultima bozza è stata sottoposta ai partecipanti a Sepang e, come prevedibile, non è stata accolta all’unanimità.

In particolare c’è chi ha fatto notare che, nonostante l’impegno di Costruttori diversi, le modifiche regolamentari in programma farebbero diventare la WSS un clone della Moto2, dove l’elettronica è ridotta al minimo, riducendone il valore propedeutico. D’altro canto, i favorevoli sostengono che, oltre a ridurre i costi, i cambiamenti tecnici siano in linea con una sostanziale riduzione della sofisticazione dell’elettronica, un processo già avviato in MotoGP e che tocca in misura diversa anche la SBK (prezzo calmierato per il kit hardware, software e, dal 2017, ride-by-wire disponibile solo se presente di serie nelle varie moto).

A prescindere dai pro e contro, il problema più spinoso di entrambe le classi intermedie sembra un altro. Sia Moto2 che WSS non rappresentano più una palestra o trampolino di lancio validi come una volta. Dal 2010 ad oggi, Marc Marquez è stato l’unico pilota in grado di vincere in MotoGP dopo averlo fatto in Moto2. Una statistica eloquente, che migliora di poco per quanto riguarda la WSS: nell’ultimo lustro, solo Cal Crutchlow, Eugene Laverty e Chaz Davies sono riusciti ad aggiudicarsi gare in SBK dopo aver portato a casa primi posti nella categoria intermedia, ed anche tornando più indietro nel tempo la lista dei promossi di successo (Vermeulen e Rea su tutti) resta sottile, a testimonianza del fatto che non bastano griglie piene per formare piloti.

In passato, le classi minori erano più propedeutiche sulla scorta di una graduale progressione in termini di prestazioni. Per fare un esempio, il salto dalla Moto2 alla MotoGP richiede ad un pilota di abituarsi a gestire da 130 a circa 260 cavalli senza familiarità con la messa a punto dell’elettronica, divenuta ormai imprescindibile con rapporti peso potenza ben superiori al cavallo per chilo. Tra le derivate di serie, il passaggio è più graduale ma resta ostico. Eppure, se si vuole ricreare un vivaio – e, con esso, dei personaggi che diano nuova linfa ai campionati – bisogna passare proprio dalle classe minori. Non solo aumentando i partecipanti, ma anche ritrovando un filo conduttore a livello tecnico tra queste e le massime categorie.

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