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SBK, L'INTERVISTA, Rea: sfiderei Dovizioso. Nel cross

L'asso Kawasaki: "Mi hanno detto che è forte. Io ho iniziato lì ed è più dura che in SBK"

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Jonathan Rea è, senza dubbio, l’uomo del momento in Superbike. Dopo sette anni di apprendistato con Honda, prima in WSS poi in SBK, il nordirlandese ha deciso di cambiare casacca – la leggenda narra, dopo vedersi negata la possibilità di passare in MotoGP con un supporto diretto da Tokyo – per dimostrare tutto il suo potenziale. Il numero 65, da vero gentleman come la maggior parte dei suoi connazionali, non ha mai alzato la voce. Preferisce, anzi, lasciare che siano i risultati a parlare per lui e, fin qui, il messaggio è stato molto chiaro: in sei manche, Rea ha ottenuto 4 vittorie e due secondi posti, imponendosi come favorito numero uno per il titolo in virtù della fuga in classifica.

Il pilota di Larne sta vivendo obiettivamente il miglior momento della sua carriera, ed abbiamo voluto ripercorrerne con lui le tappe fondamentali. In questa prima parte di una lunga chiacchierata, Rea ha tracciato le sue origini da pilota, portandoci lontano dalle piste asfaltate, tra terra e fango. Un allenamento a base di sudore ed umiltà, che ha cesellato un corpo robusto – provare una sua stretta di mano per credere – ed una mente umile, dotata di grande senso pratico. In borghese, Rea ha l'aspetto di un vicino di casa cordiale, nessun abito ostentato, volto rasato, sguardo cristallino e bonario puntato sugli occhi dell'interlocutore. Con tuta e casco, invece, è un marziano che ha fatto venire gli incubi agli avversari in questo inizio stagione. E pensare che l'amore con la velocità è sbocciato quasi per caso...

“In realtà non mi sento come un crossista mancato, perché penso che il mio livello fosse molto alto – ha commentato Rea, parlando delle sui primi passi agonistici – Adoro il cross, ma ero arrivato al punto, venendo da una famiglia normale, che non c’erano opportunità per fare il salto di qualità definitivo”.

Cosa ti ha fatto pensare alla velocità?

“Ero seduto a fianco del mio meccanico, e ho visto un annuncio sulla rivista MCN. Cercavano un giovane pilota per guidare una 125 nella Red Bull Cup. Lui mi ha detto ‘devi provarci’ ma all’inizio ero dubbioso. Volevo continuare con il cross nel campionato inglese, e stava cominciando anche il Supercross… Lui ha insistito, dicendomi ‘no, saresti davvero forte nella velocità, quindi ho detto OK”.

E poi?

“Sembrava X-Factor. Ho inviato un mini-curriculum con qualche parola sul perché dovessero scegliere me, e hanno selezionato 20 piloti, tra cui me, alla prima scrematura. Abbiamo girato per un giorno a Rockingham, e siamo rimasti in cinque”.

Quanti posti c’erano in tutto?

“Uno. Ci hanno portato a Cartagena ed hanno scelto me. Allora però si correva in team privati, non era un trofeo controllato direttamente dallo sponsor. Non ho ricevuto uno stipendio ma almeno la mia famiglia non ha dovuto sborsare un centesimo per la moto, benzina, o gomme”.

Quanti anni avevi?

“Era il 2003, quindi avevo 16 anni. È abbastanza tardi per fare un salto del genere nella carriera di un pilota. Di solito si inizia con le mini-moto, ma non sono l’unico ad essere arrivato dal cross. Anche Michael Laverty era un crossista di alto livello, e mi ha detto: ‘correre in pista è piuttosto veloce, saresti molto competitivo’”.

E tu?

“Io inizialmente gli ho risposto che mi sembrava noioso. A me piaceva fare i salti. Prima delle audizioni sono andato alla scuola degli Haslam (a Donington, nda), per fare pratica, con una CB500. All’inizio non pensavo fosse il mio sport, ma dopo un po’ di tempo ho cominciato a raggiungere buoni risultati, abbassare i tempi…”

Che cosa ti ha affascinato alla fine?

“Sei sempre alla ricerca del giro perfetto. Ripeti le stesse traiettorie, curva dopo curva, cercando di spingere sempre più forte. È da lì che ho preso gli stimoli. Ci è voluto del tempo, ma ora amo la velocità”.

Come ha influenzato il tuo stile da pilota il fatto di venire dal cross?

“Primo, da quando ho sei o sette anni, sono abituato ad usare le marce e la frizione, a giocare con la moto in aria… Molti possono guidare una moto, ma quando lo fai ad alto livello impari a capire come fare correzioni al volo, anche solo cambiando la posizione del corpo”.

E poi?

“Nel cross puoi giocare con le traiettorie. Se perdi quella interna, puoi sempre passare all’esterno. E poi ci sono le gobbe. Fin da piccolo ti abitua a pensare a come girare il più veloce possibile su una pista con così tante opzioni di traiettorie a disposizione. Non c’è una scuola migliore”.

Lo raccomanderesti ad aspiranti piloti?

“Assolutamente. Nel nostro sport si guarda più spesso alle classi cadette, ma secondo me si possono trovare grandi talenti nel cross. Sono veloci di sicuro, hanno molta esperienza e dal punto di vista fisico non c’è miglior allenamento”.

Per non parlare della gestione della gara

“Sei abituato a lottare con 40 piloti, ed arrivi alla prima curva circondato, ma devi trovare un modo di uscirne primo. Devi sviluppare questa mentalità da quando hai 6 anni e guidi una 50cc”.

credits facebook.com/JonathanReaOfficialQuando hai iniziato il tuo percorso?

“Poco prima di compiere tre anni. Avevamo un giardino piuttosto grande, ed il mio miglior amico delle elementari viveva in una fattoria, quindi avevamo molto spazio per fare pratica. Pochi anni dopo ho addirittura iniziato a costruire le piste con una ruspa”.

Cosa pensi ti contraddistingua rispetto ai tuoi rivali?

“Cerco sempre di trovare un modo di migliorare come pilota. Molti piloti di punta, anche a questo livello, sembrano avere ciascuno un metodo di allenamento preferito. Ma nel 90% dei casi significa allenarsi per essere forte in palestra, o sulla bici. Questo non ti insegna alcune abilità utili per essere più veloce in pista. Con il cross, il trial, o il dirt-track, impari tecniche che puoi riutilizzare in questo lavoro”.

Di recente infatti sembra esserci una sorta di moda “off-road”, anche se la scuola americana è nata proprio così tra gli anni ’70 e ’80…

“Già. Il mio regime è questo: vado tre volte a settimana ad allenarmi con gli amici su piste molto sabbiose. Faccio tre sessioni da 30 minuti consecutivi. Serve molta concentrazione per essere veloci e costanti”.

Usate anche il cronometro?

“Sì, è una cosa molto organizzata. Facciamo anche le qualifiche. Di recente mi sono allenato in Spagna con alcuni piloti che fanno il campionato britannico di cross, e mi ha dato molta soddisfazione perché mi hanno detto che avrei sicuramente fatto dei punti se avessi corso contro di loro”.

Hai mai pensato di sfidare alcuni colleghi?

“Non so esattamente chi sia competitivo sul cross. Ho sentito dire che Dovizioso va molto forte, e anche Julian Simon. Anche Leon Haslam era abbastanza veloce, ma poi ha virato sugli scooter prima di provare la 125 GP. Sarebbe bello fare una gara vera e propria”.


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