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SBK, Guintoli: il ritiro di Biaggi mi ha lanciato

"Quando Dall'Igna ha chiamato ho pensato 'ora o mai più'. La mia famiglia poi mi ha motivato"


Nonostante la sua vita non sia afflitta da problemi economici di sorta – anzi, ha una certa dimestichezza con l’aristocrazia avendo sposato la rampolla di una delle 50 famiglie più ricche del Regno Unito – si può dire che Sylvain Guintoli, quel 2 novembre 2014 in Qatar, abbia portato in paradiso la classe operaia. Il mite francese dai modi educati, pur avendo mostrato una continuità sempre crescente, non era dato per favorito dai pronostici a inizio stagione. Intelligenza e umiltà (oltre che, ovviamente, parecchie manciate di gas) lo hanno però portato sul tetto del mondo a 32 anni compiuti. Ma come è iniziata la sua favola?

“Mio padre mi ha passato originariamente il virus, quello buono, dal quale non ti curi mai (ride). Ho cominciato quando avevo quattro o cinque anni, su una piccola moto da off-road. Abbiamo tagliato il telaio perché ero troppo piccolo, e giravo nei fine settimana nel cortile della scuola dove insegnava mia madre”.

Fuori strada, giusto?

“Sì, era come un piccolo ‘ranch’ di Valentino tutto per me (ride). Allora vivevo nei pressi della scuola con tutta la famiglia (Guintoli ha una sorella minore). Facevo un gran casino nel cortile di ghiaia, poi passavo due ore la domenica notte a sistemare tutto prima che ricominciassero le lezioni”.

Nel motomondiale hai faticato, mentre in SBK sembri aver trovato una casa su misura…

“Ho cominciato con la 250 nel 2001, avevo 19 anni. Lì ho sempre corso su moto private, non ho mai avuto un pacchetto che mi potesse consentire di vincere. Forse non ero nemmeno pronto. Ero meno professionale, un po’ matto. Ora le cose sono cambiate tanto”.

In che senso?

“Si dice che le cose arrivano alle persone quando se le meritano. Credo che a me sia capitato proprio questo. Lo spartiacque, per me, è stato ricevere l’offerta di Aprilia. È più difficile fare sacrifici quando sai che comunque non puoi vincere. Correre su una moto satellite è come avere una carota davanti sapendo che non la potrai mai addentare”.

In altre parole, hai pensato che finalmente stesse passando il proverbiale treno?

“L’ho vissuta così, sì. Volevo questa opportunità, e ho aspettato mesi per sapere che cosa volesse fare Biaggi, perché non era sicuro di ritirarsi. Quando mi ha chiamato Gigi (Dall’Igna), ho pensato ‘ora o mai più’. Da allora la mia vita è cambiata, ho dedicato me stesso alle corse al 100%, con più motivazione e concentrazione”.

Hai cambiato il tuo metodo di allenamento o l’approccio alle corse?

“Mi sono sempre allenato, ma sono diventato molto più professionale”.

Hai una moglie e quattro figli piccoli (tre femmine ed un maschio). Come hai gestito gli impegni agonistici con la tua famiglia numerosa?

“Mi è sempre piaciuto godermi la vita, non mi sono mai posto tanti limiti. Ho sempre fatto le cose all’estremo, tutto o niente, ed avere una famiglia al mio fianco mi è stato di grande supporto quando mi è stata offerta l’opportunità della vita. Ho iniziato a pensare soltanto a due cose: alla famiglia ed al diventare più competitivo e vincere”.

Non hai dovuto togliere tempo a moglie e figli?

“In verità no, perché non ti puoi allenare 10 ore al giorno. Fare il pilota ti concede il lusso di avere tempo, senza dover sacrificare la famiglia. Stai lontano da casa per alcuni periodi, ma se ci pensi è peggio per un impiegato che deve assentarsi tutti i giorni dalle 9 alle 6. Quando sei a casa, hai molto tempo per gestire la tua vita, è un privilegio”.

Come e quando hai conosciuto tua moglie Caroline?

“Nel 2003. La sua famiglia vive a mezz’ora da Donington, viviamo tuttora in quell’area. Per farla breve: stavo andando in pista ed i suoi genitori, con i quali ho un amico in comune, ci hanno invitato per un barbecue…”

E vi siete sposati nel?

“2003, sono quasi nove anni”.

Torniamo al presente. Come stai vivendo questo momento di difficoltà?

“È difficile. Sembra di stare su un ottovolante. Nel 2014 ho vissuto una stagione molto tesa, intensa, con emozioni enormi. È stato incredibile vincere in quel modo, all’ultima gara”.

Come si reagisce da pilota?

“La cosa più difficile adesso è riadattarsi, perché quando vai ad ogni gara sapendo di poter vincere è come essere viziati. Lo scorso anno ho vissuto un finale da sogno. Pensa anche al fatto che ognuno ha disobbedito agli ordini di scuderia. Alla fine è stato meglio così, è stato come gettare benzina sul fuoco (ride). È stato un bel duello: chi vince la gara vince il titolo. Ora devo ricominciare da zero, ho chiuso nella Top 5 una volta sola, ma stiamo lavorando duro con tutta la squadra”.

Diresti che il Qatar è stato il momento più bello della tua vita?

“Da pilota, sicuramente. Ma non puoi compararlo con la vita privata. Nelle corse dividi tutto con una squadra, e nel mio caso anche con la famiglia”.

Qual è il problema principale con la Honda?

“Non ne sono sicuro, ma pensavamo che le nuove regole equilibrassero i valori in campo, mentre molti dei nostri rivali hanno omologato modelli speciali. Con bielle e pistoni di serie, il peso e le inerzie del nostro motore sono cambiati, abbiamo difficoltà a frenare e far curvare la moto”.

Per quanto pensi di continuare a correre, visto che sarai parecchio occupato come papà con i figli che crescono…

“Non ci ho mai pensato. È positivo, significa che sono ancora un pilota”.

Solitamente di poche parole, ma tanta sostanza, ci viene da aggiungere...


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