Troy, la Rossa e quella lunga storia d'amore

LA STORIA Da carrozziere a tre volte campione del Mondo, passando per quell'impresa a Valencia

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I grandi amori non finiscono mai. Fanno dei voli pindarici, si allontanano, si separano, ma alla fine tenderanno sempre a incontrarsi di nuovo. E la storia tra Troy Bayliss e la Rossa da Superbike è di quelle che hanno il sapore romantico misto a quello di benzina che solo il motociclismo riesce a raccontare. Il pilota è una razza particolare, più di tanto non riesce a stare lontano da determinate sensazioni, da quel furore controllato dionisiaco e apollineo - per prendere in prestito le parole del Dottor Claudio Costa - che fa brillare gli occhi.

E quegli occhi, evidentemente, in Bayliss devono essersi illuminati di nuovo. Si narra che nella notte di Phillip Island, all'indomani dello sventurato infortunio di Davide Giugliano, l'australiano abbia fatto veramente il diavolo a quattro per poter tornare in sella. D'altro canto, tieni una tigre in gabbia per troppo tempo, e non appena avrà l'occasione, lei cercherà la libertà.

GLI INIZI IN AUSTRALIA - Quella tra Bayliss e le due ruote è una storia d'amore difficile, impervia, cominciata nello sterrato all'età di dieci anni e interrotta praticamente subito. Troppe spese, pochi risultati. E una vita da carrozziere improntata nella natia Taree. Un sogno mai dimenticato, coltivato, e che all'età di ventitre anni riprende forma.

I soldi da carrozziere vengono investiti per comprare una Kawasaki KR-1 ed un furgone. La 'duemezzo' come classe d'esordio, poi la 600. Arrivano i primi risultati nonostante qualche caduta. Sesto nel campionato australiano, poi secondo nel 1994. Una fortuna, visto che la sera bisognava sempre fare i conti con il portafogli.

Poi l'ingaggio di Kawasaki Australia, il passaggio in Suzuki e la prima occasione nel 1997: una wild card mondiale tra le Derivate. Proprio a Phillip Island. Quinto in entrambe le manche. Il nome inizia a riecheggiare e a fine anno, Bayliss si guadagna un'occasione tra i grandi del motomondiale, nella classe di mezzo, con il team Molenaar Suzuki. L'anfiteatro è sempre quello, sempre sull'Isola di San Filippo. Vince Waldmann davanti a Biaggi che diventa campione del Mondo. Troy chiude sesto, ma ad un soffio dal podio di Jacque.

LO SBARCO IN EUROPA E IL MONDIALE - Comincia così la storia d'amore tra Borgo Panigale e l'australiano. E' uno che sa cogliere le occasioni Troy. Viene mandato in terra d'Albione, in seno allo storico team GSE. Un anno di apprendistato, uno dominato. Bayliss l'australiano conquista l'Inghilterra e si prepara allo sbarco nel Nuovo Mondo. La scalata continua e passa necessariamente dalla stregata 200 Miglia di Daytona, con il team Vince&Hines. Pole Position conquistata, ritiro in gara.

Dall'altra parte del mondo intanto, Carl Fogarty si infortuna gravemente ad un polso, mettendo praticamente fine alla sua carriera. Sempre in Australia. Sempre a Phillip Island.

Arriva la chiamata per la trasferta di Sugo. Un disastro: 500 metri in due manche e via, a casa. Tutto svanito, se non fosse che nel round successivo, a Donington, Cadalora non riesca a fare meglio del diciassettesimo posto. Eccola l'occasione da cogliere, e Troy la prende alla sua maniera a Monza.

Quarto si in entrambe le manche, ma il 'nuovo arrivato' si permette di sorpassare Edwards, Chili, Haga e Yanagawa in una staccata. Il pubblico impazzisce per quell'australiano tutto cuore, in grado di cavalcare il Pompone come un toro imbizzarrito.

Ad Hockenheim - la vera Hockenheim - conquista la prima vittoria. Si ripete a Brands Hatch. L'anno seguente è la coronazione della storia d'amore tra il Carrozziere e la Rossa: titolo mondiale alla prima vera occasione. Nel 2002, con il numero Uno sulla carena, il titolo non lo vince, battuto da Edwards in quella doppia sfida di Imola che entra di diritto nella storia per coraggio, bravura e sorpassi.

Un duello puro, che travalica il significato dato dai punteggi, dai piazzamenti o dai risultati. Era evidente. Due manche di sorpassi tra Tosa, Piratella, Rivazza e Variante bassa. L'essenza di Bayliss si rivela sul traguardo, quando allargando le braccia al termine di gara 2 si rivolge ai 120.000 tifosi comunque in estasi, come a voler dire "Ho dato tutto, scusate".

EROE DEI DUE MONDI - L'anno seguente arriva lo sbarco nel Nuovo Mondo della MotoGP con la prima Desmosedici. Quinto all'esordio nella maledetta domenica di Suzuka, poi quarto, poi terzo a Jerez, così come al Sachsenring e a Brno . Guida sempre alla sua maniera, generosa, al limite. Non sarà però capito fino in fondo: il 2004 è un anno difficile ed ecco la prima 'crisi' nella storia d'amore con la rossa ed il passaggio al team Pons. Un'annata disastrosa, con tanto di infortunio al polso. Meglio tornare nel proprio habitat naturale. Torna in Superbike, vince il titolo, il suo secondo alloro con la 999.

I conti in sospeso però, prima o poi si saldano. Troy torna sul 'luogo del delitto', in quella Motogp che lo aveva messo alla porta. A Valencia, in sostituzione di Gibernau. E' l'ultimo round e Rossi e Hayden si giocano l'alloro.

Non conosce le Bridgestone, ne la nuova GP6. Secondo in griglia dietro al suo compagno e amico Capirossi. Al via prende il volo, scappa e nessuno lo riprende più. Così mentre Rossi cade alla seconda curva perdendo il titolo, mentre Hayden piange lacrime di gioia per un Mondiale conquistato, Bayliss è lì, sul gradino più alto del podio. Diviene l'eroe dei due mondi.

IL RITORNO A CASA - Casa sua rimane però la Superbike. Nel 2007 non vincerà il titolo, ma rimarrà scolpito il coraggio di farsi amputare una falange all'indomani dell'incidente di Donington per correre a Valencia poco dopo.

L'anno seguente, con la nuova 1098 arriva il terzo iride. Tre generazioni di moto di Borgo Panigale, tre titoli iridati: 996, 999 e 1098, ben impressi nel casco celebrativo sfoggiato a Magny Cours.

La passerella di Portimao, con una Ducati vestita dei colori della natia Australia, è una lezione di guida a tutti: il giusto tributo finale.

A distanza di sette anni dal suo ritiro, a 45 primavere, Troy ha continuato ad allenarsi costantemente, mantenendo la forma sopratutto con il Flat Track, tanto da aver partecipato quest'inverno al Superprestigio spagnolo.

Doveva correre anche questo week-end in una competizione organizzata da lui stesso. L'occasione però si è presentata e quella luce negli occhi, nella notte, deve essersi riaccesa in Bayliss.

Proprio con Ducati, proprio a Phillip Island. Perchè i grandi amori - evidentemente - non finiscono mai.

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