L’uomo dei record non ha sbagliato, ha lottato contro se stesso e gli avversari in una gara che gli ha consegnato il titolo solo sul traguardo, con Rossi che fino all’ultimo ha cercato di rovinargli la festa. Motegi l'ha incoronato e per la prima volta nella storia la Honda può festeggiare un suo campione in casa. L’unione fra Giappone e Spagna è stata completata dal Samurai che ha consegnato a Marquez una katana e il casco celebrativo, nero e oro.
Marc, non è stata una gara semplice.
“Dall’esterno sembrava tutto facile, forse perché appaio sempre sorridente e felice ma non è così. Arrivavo da due errori nelle ultime gare e sentivo la pressione. Il gran capo di Honda, Ito, mi aveva detto che sarebbe venuto qui solo per vedermi vincere. Al parco chiuso l’ho abbracciato come fosse un meccanico, ma sembrava felice (ride)”.
Nei primi giri sei sembrato meno incisivo del solito.
“Non ero il Marquez di sempre, alla prima curva mi hanno superato in tanti, ero un po’ spaventato. Poi non riuscivo a essere incisivo in staccata, non guidavo senza pensieri come nel warm up, temevo di sbagliare. Dopo metà gara le cose sono migliorate, ho passato Valentino e sono riuscito a prendere vantaggio. Ho fatto la gara su di lui e Pedrosa, mi sono disinteressato completamente di Lorenzo”.
Cosa hai pensato quando hai tagliato il traguardo?
“Ho fatto fatica a realizzare quanto è successo, lo scorso anno avevo avuto qualche giro per pensare mentre oggi sono dovuto stare attento a Valentino fino all’ultimo”.
“Lo scorso anno è stato fantastico, ma questa stagione è stata più difficile. Nel 2013 non avevo pressione, ero un debuttante, ho dovuto imparare a gestirla. Ho fatto una prima parte della stagione perfetta e nella seconda ho avuto la possibilità di prendere dei rischi. Ho anche sbagliato, ma ho imparato la lezione. Però non sono mai stato sicuro di questo titolo fino alla fine, so che può sempre succedere qualcosa”.
Qual è il segreto?
“Non ce n’è solo uno, certi risultati arrivano da una combinazione di elementi. Devo ringraziare la squadra, la Honda e la mia famiglia. Avevo di fianco gli uomini che ho scelto che mi hanno aiutato a mantenere la motivazione”.
Nell’inverno ti eri anche rotto il perone.
“Molti mi hanno dato dello stupido, ma per essere al top bisogna allenarsi. La vittoria in Qatar mi ha dato fiducia e ho approfittato di quel momento”.
Sei già al quarto titolo, cosa provi?
“Non sto capendo completamente quello che sto facendo, è complicato. So solo che voglio vincere sempre di più, non è mai abbastanza”.
In quali punti sei migliorato dalla scorsa stagione?
“La cosa fondamentale è avere maggiore esperienza, mi ha permesso di commettere meno errori e di sapere gestire meglio le varie situazioni. Poi Honda mi ha dato una moto che si adatta meglio alle mie caratteristiche di guida e che mi permette di recuperare alcuni errori, come in frenata. È stato anche utile avere già i riferimenti nei vari circuiti, conoscerne i segreti”.
Non ti spiace il fatto di non avere vinto tutte i GP?
“Gli errori servono a imparare, per questo bisogna analizzarli con attenzione. In 18 gare è normale che prima o poi qualcosa sarebbe andato storto. A Misano mi ha tradito un eccesso di confidenza, ad Aragon era una situazione inedita per me”.
Si parla già delle tue possibilità di eguagliare i titoli di Valentino.
“Non so, in una stagione può succedere di tutto. Nel corso di una carriera la cosa più difficile è mantenersi sempre a un livello alto, non avere degli alti e bassi. I numeri non sono importanti per me, il mio sogno in fondo lo ho già realizzato”.
Pochi anni fa, con il problema di diplopia, hai corso il rischio di smettere con le corse. Cosa hai imparato?
“Sono stati cinque mesi lunghissimi, mi hanno visitato 6 o 7 dottori e nessuno mi offriva certezze. È stato importante il sostegno della mia famiglia, a un certo punto ho provato a guidare una moto da cross ma era impossibile. Poi, dopo l’operazione, c’è stato un miglioramento. È stata una lezione, ho capito che devi goderti il presente perché non si può conoscere il futuro”.
A proposito della tua famiglia, anche Alex potrebbe vincere il titolo, in Moto3.
“Non voglio assolutamente mettergli pressione, ha solo 18 anni e sono molto orgoglioso di lui. Il mio sogno l’ho realizzato, ora ho tre gare per aiutarlo a realizzare il suo”.
C’entra anche lui qualcosa con i festeggiamenti?
“Sì, a me i samurai piacciono e lui ed Hector (Martin, il suo assistente personale ndr) ad Aragon hanno avuto l’idea. Non ho voluto sapere nulla fino a oggi. Mi affascina molto la loro filosofia, sono precisi, io un po’ meno ma posso imparare (ride)”.
Una curiosità: hai mai pensato di correre veramente in due classi a Valencia?
“Sì, ci ho pensato ma non lo farò. Ci sono dei limiti che non si possono superare, anche perché non avrei corso in Moto2 per fare brutta figura. Magari potrei farlo in Moto3 (ride)”.