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Moto3, Asia Cup: Marquez ha gli occhi a mandorla

Alberto Puig racconta il campionato asiatico: "costi contenuti e alta professionalità, così troviamo talenti"

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In un certo senso è una Rookies Cup in salsa orientale, un progetto per trovare talenti in Asia, mercato esplosivo per le due ruote. È l’Asia Talent Cup, il campionato voluto da Dorna che ha messo a capo un manager di esperienza come Alberto Puig.

L’impresa non è facile perché – Giappone a parte – si tratta di formare piloti in zone relativamente vergini per cultura motociclistica, dove le gare si corrono con delle specie di scooter con le marce, modelli utilitari modificati. Ed è proprio da queste moto che si parte per scremare i giovani che vogliono fare delle corse una professione.

Infatti le selezioni, che si tengono ogni anno a Sepang, nel circuito di kart, le facciamo proprio con quelle moto – spiega Puig – E’ anche una questione di sicurezza, perché quei ragazzi non hanno esperienza con una moto convenzionale e per la voglia di mettersi in mostra potrebbero farsi male”.

La trasferta per le selezioni è praticamente l’unica spesa che i talenti in erba devono sostenere, se le passano poi ci pensa l’organizzazione. Moto, abbigliamento tecnico, assistenza e trasporti sono gratuiti mentre gli hotel sono a carico dei piloti.

Livio Suppo e Alberto PuigLa moto è la ‘vecchia’ Honda Moto3 standard, a cui viene cambiato lo scarico e aggiunto un radiatore dell’olio, un modello economico e affidabile. Un mezzo dalle prestazioni più che sufficienti per farsi le ossa. Si corrono otto gare su sei circuiti, in Qatar, Giappone e Malesia in concomitanza con la MotoGP, più gli appuntamenti di Cina e Indonesia, per un totale di 4000 km fra prove e gare.

In teoria i motori potrebbero percorrerli senza problemi, ma preferiamo fare una revisione a metà stagione – dice il manager spagnolo – La base durante il campionato è all’interno del circuito di Sepang, mentre in inverno la preparazione dei mezzi la facciamo in Spagna. Le prestazioni sono buone, queste moto girano solo 3 o 4 secondi più lente di quelle del Mondiale”.

Il box collettivo allestito a Motegi è molto professionale, con schierate in ordine le 22 Honda, una per pilota (sorteggiata a inizio campionato), schierate in fila, più altre 5 di riserva. La nazione più rappresentata è il Giappone, con otto piloti, poi ci sono la Malesia (7), la Tailandia (3) e Singapore, Filippine, Cina e Indonesia.

Il box dell'Asia Talent CupUna palestra molto interessante, che viene guardata con un occhio di riguardo perché il Sud-Est Asiatico è un suolo dove la MotoGP vuole approdare presto. Il pubblico è già molto appassionato ma per attirarlo ulteriormente servono piloti di casa in pianta stabile nel Mondiale, come successe a Sepang con Khairrudin quando si giocò il GP contro Cortese.

Una formula del genere, dai costi quasi nulli per i partecipanti e con moto tutte uguali, è uno dei miglior metodi per scovare talenti. “Se si facesse anche nelle varie nazioni europee sarebbe fantastico”, ipotizza Puig. L’idea piace molto anche a Livio Suppo: “parliamo di moto che costano meno di 30mila euro, secondo me la Moto3 avrebbe dovuto essere così. I costi si sono alzati troppo”.

Chissà se il prossimo Marquez avrà gli occhi a mandorla.

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